Timor Est, sbarco italiano tra i ruderi di Giuseppe Zaccaria

Timor Est, sbarco italiano tra i ruderi I PRIMI 250 PARA' TRA I DISPERATI DELLA CAPITALE Timor Est, sbarco italiano tra i ruderi Coste sotto controllo, le milizie arroccate nel cuore dell'isola reportage Giuseppe Zaccaria inviato a DILI EZZ1 da sbarco che arrivano sollevando spruzzi, blindati che s'arrampicano sulla spiaggia noi ringhio dei motori, una folla di timoresi che applaude dietro barriere di l'ilo spinato. Comincia come una missione vera questa spedizione italiana a Timor Est. Nel senso che non arriviamo a cose l'atte, come si malignava, o neppure in un territorio dove la presenza di un contingenti; italiano rischia di apparire priva di senso, Al contrario: la «pax australiana» sembra regnan- sull'isola solo perché a Dili e nelle principali città (non tutte) non si vedono piu armati per le strade. Rispetto al panorama di appena un mese fa il successo è innegabile, ina altrettanto vero e che l'isola si può dire «sotto controllo» solo lungo le coste. Le mappe della missione, che adesso si chiama «Untamet» (Animinisi razione Temporanea delle Nazioni Unite per Timor Est.) disegnano il territorio corno un grande corpo svuotato delle arterie. Sulle carte, le tracce verdi indicano le strade sicure, ((nelle rosse i percorsi che richiedono scorte militari, il bianco annulla le direttrici «vietate)). Man mano che ci si allontana dalle coste i colori sbiadiscono lino a segnare un bianco costante, un grande nulla eh.: circonda il cuore dell'isola. Quello in cui sono le montagne, dove la giungla si fa più lilla. Ciò chi! resta degli «Aitarak», i blinditi filoindonesiani, si è nascosto iti alto annunciando guerrìglia, e nelle stesse zone ulcuni reparti nazionalisti del «Prclilin» stazionano senzu aver ceduto le anni agli «amici» , dell'Onu. Guerriglia per adesso non ci sarà. La stagione delle piogge s'è appena iniziata, fra pochi giorni sull'isola si rovesceranno tempeste. 11 problema piu drammatico e piuttosto quello di dare un tetto alle decine di migliaia di profughi che hanno appena l'atto ritorno alle loro case, o a ciò che ne resta. l..i Dili che ieri si è mostrala agli uomini del nostro contingente (sbarcati dalla nave «San Giusto», che oggi concluderà lo operazioni) è una fogna a cielo aperto dove la gente vive per strada, mangia per strada e per le strade dorme, costretta com'è ad addossarsi ai muri di case bruciate, scoperchiate, devastate. Pensale: a un mese dal famo¬ so «intervento d'emergenza» di un'emergenza a lungo sottovalutata - l'attuale fase critica dell'Onu prevede l'invio urgente a Timor di diecimila martelli. Dovrebbero servire alla ricostruzione, diciamo così, autonoma, delle case, o quantomeno dei tetti. E' chiaro che non ce la si farà, e per i prossimi-due mesi alla gente toccherà ripararsi sotto teli di plastica. La zona in cui il nucleo del contingento italiano si è accampato ieri Bekosi Aias, nella .zona Est di Uili - è una fra le più povero e disperate. A testimoniarlo c'è anche una piccola, povera storia di guerra di cui ieri il Gruppo Tattico della « Folgore» ha scoperto le tracce. «Vede quella piccola croce? Lì sotto è sepolto un bambino...», sta raccontando il colonnello Maurizio Mazza, comandante del Gruppo che con 250 uomini ha appena preso posizione in un complesso scolastico abbandonato. Pochi giorni fa, l'avanguardia che preparava lo sbarco aveva notalo uno strano rilievo nel terreno, proprio al bordo della strada che attraversa il campo. Era un tumulo, una Nella foto grande, lo sbarco degli italiani ieri a Dili capoluogo di Timor Est Qui sopra, il ritorno dei profughi fuggiti per le violenze prima dell'arrivo della forza di pace

Persone citate: Maurizio Mazza

Luoghi citati: Dili, Timor Est