Il governo messo a rischio dai fantasmi del passato di Augusto Minzolini

Il governo messo a rischio dai fantasmi del passato EX DC E PSI ALLA RISCOSSA Il governo messo a rischio dai fantasmi del passato Augusto Minzolini Pi OLITICAMENTE parlando siamo alle campane a morto». Sarà forse anche un po' cruda questa battuta usata da uno dei leader della maggioranza per descrivere la condizione di Massimo D'Alema, ma sicuramente non è molto lontana dalla realtà. Da una parte c'è un Presidente del Consiglio che, confidando nei meccanismi della politica, ancora spera di uscire rafforzato dalla «crisi virtuale» del suo governo. Dall'altra c'è una situazione sempre più ingarbugliata, in cui i problemi, invece, di risolversi si sommano: prima c'era solo una maggioranza in crisi d'identità, che aveva bisogno di rilanciare la propria immagine; adesso, fatti di un passato remoto o più recente, riaprono vecchie ferite e fanno nascere nuovi rancori. Dagli elenchi del K^b al caso Andreotti, al caso Craxi. E proprio questi argomenti alla fine rischiano nelle prossime settimane di prevalere sui primi. Andreotti, e con lui tutti gli ex De (da Cossiga a Castagnetti, a Mastella), chiede un risarcimento e mette sul banco degli imputati i suoi accusatori di ieri: da Caselli allo stesso Violante. Il socialista Boselli, invece, introduce nel chiarimento politico anche il tema del rientro di Craxi in Italia. Cosa fa D'Alema di fronte a questi nuovi ostacoli? Cerca di sopravvivere come può. Ne scansa uno, su un altro dice unti parolina, su un altro risponde «no». Della sentenza del Tribunale di Palermo sul divo Giulio ha parlato poco niente. Sul ritorno di Bokassa in Italia ha detto: «Non ho nulla in contrario, ma la questione è di competenza dei giudici». Una dichiarazione che aldilà delle prudenze del «caso» può essere considerata un «sì». Solo che questi temi per l'attuale maggioranza possono rivelarsi più scabrosi della riforma delle pensioni. Eh sì, perché è difficile tenere unito su questioni del genere uno schieramento che mette insieme gente come Antonio Di Pietro (che su Tangentopoli ci ha costruito un movimento) e Giuseppe Arlacchi con gli eredi di Bettino e lo stesso Andreotti. Nel contempo, però, si tratta di argomenti che non possono essere evitati dal premier perché sono eminentemente politici: mettono in ballo la dignità e la storia di partiti indispensabili per una maggioranza che in Parlamento supera l'opposizione di appena dieci voti. Così D'Alema è il classico cane che si mangia la coda. E' obbligato ad affrontare questi temi spinosi malgrado sia consapevole dei guai e delle tensioni che possono far nascere nello schieramento di governo. Il suo è un compito improbo se non disperato. Il presidente del Consiglio, però, non è immune da colpo per la situazione in cui si trova. Nessuno meglio di lui conosce la natura della maggioranza che sostiene il suo governo: dentro c'è Cossutta e Cossiga, gli ex De e gli ex socialisti insieme ai loro accusatori, la Cia e il Kgb. Eppure il nostro in questi mesi non si è mai fatto promotore di un'iniziativa che sanasse le feriti! del passato (ad esempio, la Commissione d'inchiesta su Tangentopoli) anche se come si è visto in queste settimane - i tempi erano maturi. Deve farlo ora, nel modo peggiore: sull'onda dei problemi che attanagliano il suo governo, di sentenze che scuotono l'opinioni! pubblica o della malattia che trasforma Craxi in un martire. Ora fa quello che può per sopravvivere. Si lascia andare a un'apertura su Bettino, ma rinvia il chiarimento nella maggioranza a tempi migliori: si farà tra due musi, dopo l'approvazione della legge finanziaria. A quel purito il solito D'Alema pensa di porre i partiti della maggioranza di fronte ad un aut-aut: o dar vita ad un nuovo governo sempre guidato da lui, o le elezioni anticipate. Ma, di questi tempi, due mesi sono tanti. Nel frattempo Andreotti potrebbe essere diventato un eroe e come lui Craxi. E anche la prova di forza che ha in mente il premier, potrebbe risolverei con la nascita sì di un nuovo esecutivo ma non più capitanato da lui. Al suo posto potrebbe esserci un Giuliano Amato o un Nicola Mancino, uomini della prima Repubblica piò in linea con i nuovi tempi di un post-comunista che lui avuto paura di dare una lettura imparziale del passato di questo Paese. E già alla fine di questo percorso Massimo D'Aloma - come già dicono nei palazzi che contano i vari Prodi, Castagnetti e Cossiga potrebbe essere costretto a gettare la spugna. E il Duemila potrebbe cominciare con i fantasmi della Prima Repubblica che seppelliscono l'ultimo governo prodotto della Seconda.

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