Blocher: non sono l'Haider svizzero

Blocher: non sono l'Haider svizzero Berna, dopo l'exploit elettorale della destra nazionalista che con 44 seggi diventa il secondo partito della Confederazione dopo i socialisti Blocher: non sono l'Haider svizzero Da Gerusalemme un invito agli ebrei: restate vigili BERNA All'indomani del colpo di scena nelle elezioni politiche in Svizzera, che hanno segnato il trionfo del leader dei popolari svizzeri (Svp) Christoph Blocher, i risultati definitivi spostano leggermente la classifica ma non il senso dei risultati. Dopo un convulso testa-a-testa, la vittoria definitiva (21,5 per cento dei voti e 51 seggi) è andata ai socialdemocratici. I nazionalisti dell'Unione Democratica di Centro sono appena sotto, con il 21,1 per cento (un balzo in avanti di quasi il dieci per cento) e 44 seggi - e nel grande balzo hanno inghiottito il Partito della Libertà, una formazione di estrema destra che ha perso tutti e sette i suoi seggi. Crescono di un seggio i Verdi (9), scendono di uno i liberali (6), ne ottengono 43 i radicali, pur con la stessa percentuale di voto dell'Udo, e salgono a 35 i democristiani. Tra gli sconfitti c'è anche il socialista ginevrino Jean Ziegler, il sociologo diventato famoso con alcuni libri corrosivi, tra i quali «La Svizzera lava più bianco». Ziegler, che per statuto non aveva più diritto a candidarsi a Ginevra, si era presentato a Zurigo, ma con scarse fortune. Durissimo il suo commento della vittoria di Blocher: «E' un Berlusconi con una dose di razzismo in più. Hanno vinto i soldi». Christoph Blocher glissa su questo raffronto ma prende pubblicamente le distanze da un altro, quello con il populista austriaco Jòrg Haider, che commentava così la sua vittoria: «Il nuovo Millennio comincia con un'impennata delle forze innovatrici e la fine dell'ascesa della socialdemocrazia». «L'unico elemento in comune tra di noi gli ha risposto ieri in un'intervista a un'agenzia di stampa francese - è l'impegno a favore di un radicale cambiamento di un sistema politico monopolizzato da un paio di partiti, che si spartiscono tra di loro poltrone e soldi». Così ha chiesto subito la sua parte, cioè una seconda poltrona ministeriale. Finora l'Udc ne aveva una sola, sulle sette disponibili: le altre spettavano, a coppie, a socialisti, democristiani e radicali. Ma adesso che si è rotta la «formula magica», il quadripartito che governa da quarant'anni, tutti convengono che se ne deve trovare una nuova, ma ancora tacciono sui segreti di cucina. L'Udc ha ufficialmente escluso un suo passaggio all'opposizione - «resteremo al governo finché non ci espelleranno» - mentre sembra che ci stiano pensando i socialisti. Hanno comunque tempo per riflettere fino al 15 dicembre, quando il nuovo Parlamento rinnoverà il governo. In passato si e spesso trattato di una pura formalità di riconferma. Ma dopo il voto di domenica, niente è più sicuro. Ago della bilancia, secondo alcuni osservatori, saranno radicali e democristiani, che dovranno scegliere tra l'Udc e i socialisti. A Gerusalemme sono sempre più inquieti per le notizie elettorali che arrivano dall'Europa. Il Ministero degli Esteri si è rifiutato di commen¬ tare ufficialmente l'esito del voto, ma il presidente della Knesset, il laburista Avraham Burg, si è scagliato contro chi sostiene che l'avanzata dell'Udc sarebbe una conseguenza della pressione ebraica sulla Svizzera per i fondi trafugati durante l'Olocausto: «E' grottesco accusare gli ambienti ebraici di fomentare l'antisemitismo». E se Tommy Lapid, sopravvissuto all'Olocausto e leader del partito laico Shinui, ancora non consiglia agli ebrei svizzeri di fare le valigie, li mette però in guardia: «Dovete rimanere vigili». [e.st.l Christoph Blocher, l'outsider di queste elezioni svizzere

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