«Con i veti non si fa l'Europa»

«Con i veti non si fa l'Europa» IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE PARLA ALLA VIGILIA DELL'INCONTRO CQNCXiNTON «Con i veti non si fa l'Europa» Prodi: l'ho imparato da premier italiano Philippe lemaiìre e Laurent Zecchini PRESIDENTE Prodi, lei incontrerà Bill Clinton domani, in vista dei negoziati Omc - l'Organizzazione mondiale del Commercio - di Seattle. Il dialogo tra le due sponde dell'Atlantico sta diventando particolarmente aspro su parecchi temi. Un disaccordo euro-americano avrebbe conseguenze gravi? «Sì, porcile bisogna cogliere l'occasiono fornitaci da Seattle per lanciare un messaggio sull'avvenire dell'economia mondiale. Stali Uniti e Europa: insieme, rappresentiamo i due terzi del commercio mondiale. Dobbiamo dare; delle garanzie ai Paesi terzi, creare condizioni commerciali in cui ci sia spazio per loro. Dobbiamo inoltre prendere in considerazione i nuovi problemi, quelli di tipo sanitario e connessi al "principio di precauzione", ma anche quelli legati alle clausole sociali. Per decidere se si tratta di divergenze reali, di incomprensioni o di questioni tattiche, occorre discutere. Ma non bisogna creare tensioni artificiali a proposito di problemi difficili come quello degli organismi geneticamente modificati (Ogni). Gii europei devono spiegare che la nostra decisione si basa sul parere espresso da un organismo simile alla "Food and Drug Agency" americana e intavolare le discussioni. A Seattle sarà molto importante indicare delle linee guida, in modo da evitare la tragedia di croniche dispute euroamericane. Non si può continuare ad avere un contenzioso al giorno sulle banane, gli Ogni, le sovvenzioni agricole, eie. E' necessario soprattutto affermare che gli interessi dei Paesi meno avanzati sono al centro delle nostre preoccupazioni. In caso contrario, prevarrà l'idea che sono gli interessi dei Paesi ricchi e delle grandi società a starci a cuore, e rischiuremmo di dar l'impressione che i negoziati sfoceranno su un probabile,incremento della disoccupazione mondiale». In seno all'Unione europea, sarà possibile andare al di là dell'odg della Conferenza intergovernativa per esaminare altre questioni prima della fine del Duemila? «Abbiamo ampiamente tempo per discutere prima della fine dell'anno prossimo, Tengo a sottolineare come la Francia (che assumerà la presidenza He nel secondo semestre 2000, ndt) ha una responsabilità particolarmente importante. D'altra parte, non saia possibile avere diverse conferenze intergovernative: si tratta di procedure assai lunghe. Senza riforma istituzionale, non ci può essere allargamento. Guanto al diritto di veto, come presidente del Consiglio italiano ho potuto misurare fino a che punto, con il veto, non si può costruire nulla, e tantomeno la democrazia». Bisogna cominciare a trasporre nei trattati un abbozzo di Difesa comune europea? «Sì. Ho ascoltato con molto interesse il discorso fatto dal presidente Chirac a Strasburgo (sulla costruzione d'una difesa europea autonoma, ndt). Un discorso forte. Ho sempre pensato che si; non operiamo una convergenza fra le nostre industrie della Difesa, la situazione politica non sarà mai pronta per la Difesa europea». E' normale che, entrando nell'Unione europea, un Paese disponga d'un commissario? «K' proprio por risolvere questioni simili chi; bisogna organizzare rapidamente la Conferenza intergovernativa e decidere che tipo di Commissione vogliamo in futuro. L'allargamento e una decisione storica, chi; divorrà operativa il giorno in cui i candidati saranno pronti a integrare l'Unione. Bisogna sin d'ora riflettore a una Commissione che possa funzionare con venticinque Paesi e forse più». Che importanza accorda alla inquietudini dei governi secondo i quali, a forza di allargarsi, l'Ue perdura efficacia e influenza? «Una grande importanza. Ecco perché ho chiesto al Parlamento europeo di lanciare un ampio dibattito sulla carta dell'Europa. Quali sono le frontiere, qua! è Paulina" dell'Europa? Quale forma dare alle cooperazioni rinforzate (che abilitano un gruppo di Paesi a varare iniziative a nome dell'Uc, ndt)? Che decisioni prendere con i nostri vicini del Mediterraneo Sud, con la Russia, l'Ucraina, la Turchia?» L'argomento dell'uancoraggio democratico» all'Ue, per ragioni strategiche, dell'ex blocco orientale non ha perso - oggi la pertinenza che aveva? «Penso più alla vocazione storica dell'Europa. L'allargamento, è in assoluto la più grande esperienza storica: riunire un ampio gruppo di Paesi preservando le loro radici culturali, far coesistere la forza delle nazioni con quella delle regioni... L' molto più difficile che se avessimo a che fare con una "pasta" omogenea. Personalmente, questa idea di minacce non mi appartiene. Ho, dell'Europa, un ideale positivo. Rifiuto con tutte le mie forze l'idea di uno scontro fra civiltà, di lotta inevitabi¬ le fra islamismo e cristianesimo. Sono delle sciocchezze! Bisogna aprire il dibattito in modo positivo, e meditare sugli eventi nell'ex Jugoslavia, in Kosovo». Titolando «Prodi smascherato: un centralizzatore più pericoloso di Delors», il Times di Londra ricordava recentemente che lei si considera volentieri il capo del «governo» europeo. Rivendica davvero questo titolo? «Ricordo ai nostri amici britannici che con l'Europa e a causa dell'Europa constatiamo sul continente intero l'affermarsi delle lingue regionali, il rafforzamento delle Regioni, il trasferimento dei poteri! Credete che sarebbe stato possibile avere un Parlamento per il Galles e la Scozia, senza l'Europa? No. Ma che cos'è la Commissione? Siamo qui por prendere decisioni legate al potere esecutivo. Se non vi piace il termine "governo", quale utilizzare? Commissione consultativa"? Parlo di governo perché prendiamo decisioni di governo. Non bisogna essere farisei! Ma vedrete, nella mia Commissione intendo decentralizzare parecchie attribuzioni». Dopo le Elezioni europee, si è detto che l'Europa soffriva di un «deficit democratico». Come porvi rimedio? «Il nuovo ruolo del Parlamento non sarà sufficiente per mettere fine al "deficit democratico", ma costituisce un primo passo. Per essere onesti, bisognerebbe rilevare che la scoperta del "deficit democratico" risale soprattutto al dopo-Europee, quando si constatò una massiccia astensione elettorale. Ma tra le cause figura anche la crisi della Commissione, che ha dato un'immagine negativa dell'Europa. Se voglia¬ mo che i popoli s'interessino un domani alle elezioni europee, bisogna dimostrare che la Commissione è trasparente e lavora per il bene dei popoli europei». Eppure, «che noia, l'Europa» è un'idea ampiamente diffusa. «Ecco perché parlo sempre delFanima" dell'Europa, della pace. Non mi avete sentito pronunciare una sola volta la parola "agricoltura", malgrado rappresenti oltre la metà del bilancio europeo. Il dibattito deve vertere sulla posta in gioco fondamentale: la pace, le frontiere, il concetto di nazioni in Euro¬ pa, la cultura degli Europei. In tal caso, sorgerà un interesse rinnovato per l'Europa». Il dibattito sulla necessità di preservare o meno lo Stato-nazione, le sembra ancora pertinente? «Ci sono voluti secoli per forgiare gli Stati-nazioni. Non spariranno, ma si trasformano. La moneta unica resterà il simbolo dei grandi cambiamenti storici dell'Europa. Vi assicuro che tutti i capi di governo, me compreso, hanno soppesato a fondo ciò che la moneta unica significava in termini di sovranità e di conseguenze sotto forma di choc asimmetrici». Alcune Regioni, come la Lombardia, la Catalogna, il BadenWùrrtemberg o quella RodanoAlpi (Savoia e Lionese, ndt) posseggono un'identità forte e una potenza economica in pieno sviluppo. E' un'evoluzione benefica per l'Europa? «Non solo benefica, ma naturale: è il risveglio delle radici dell'Europa. Chiedete alla gente, in Italia, se si sente più figlia di una regione o italiana. Risponde di sentirsi anzitutto attaccata alle sue radici locali. In Europa, l'orgoglio di ogni popolo è stato gelosamente preservato. Ecco perché i capi di governo hanno pensato che la sola soluzione a lungo termine per i Balcani è l'Europa, unico mezzo per consentire a dei popoli che si detestano di vievere insieme. Se noi comprendiamo che è questa la posta in gioco, l'Europa non sarà più "noiosa' ». Copyright Le Monde-La Stampa ti La moneta unica resterà il simbolo dei cambiamenti storici d'Europa ip tj km Noi siamo un esecutivo: se non piace il termine "governo" quale utilizzare? «L'allargamento è una decisione storica: bisogna sin d'ora riflettere su una Commissione che possa funzionare con venticinque Paesi e forse più» intervista Il presidente dellaCommissione decisione sin d'ora missione onare con forse più» Il presidente della Commissione Ue Prodi Bill Clinton e Jacques Chirac «Con i veProdi: l'ho im Il presidente della Commissione Ue Prodi Bill Clinton e Jacques Chirac

Persone citate: Bill Clinton, Chirac, Delors, Jacques Chirac, Laurent Zecchini, Prodi, Savoia