Andreotti: il suggeritore era nell'Antimafia di Maria Corbi

Andreotti: il suggeritore era nell'Antimafia Dopo l'assoluzione passa al contrattacco: ecco chi è responsabile della mia odissea giudiziaria Andreotti: il suggeritore era nell'Antimafia Su Violante e Caselli: il Signore ci salvi dai fondamentalisti Maria Corbi ROMA Giulio Andreotti non è più impassibile, intoccato dagli eventi. Quando appare in serata alla trasmissione «Porta a Porta» e parla di chi è stato protagonista del suo calvario giudiziario è arrabbiato. Non pronuncia il nome di quello che ha definito il «suggeritore» della sua odissea giudiziaria, ma individua comunque un luogo: «La commissione antimafia» e del suo presidente di allora racconta: «Mi fece chiedere se volevo essere ascoltato dalla Commissione Antimafia che lui presiedeva ed in particolare se volevo essere ascoltato prima o dopo il deposito degli atti. Io risposi che preferivo essere ascoltato dopo, per chiarire quello che c'era da chiarire: sto ancora aspettando e per me è un grande rammarico. Tutto il resto lo archivio nella memoria». Quando poi si parla del nesso tra la commissione antimafia e il processo di Perugia dice che «anche un'analfabeta se ne accorgerebbe». Comunque sui nomi di Giancarlo Caselli e Luciano Violante il senatore cerca di non sbilanciarsi, parla velatamente. Ma neanche troppo: «Quando si mettono insieme fondamentalismo cattolico e fondamentalismo comunista ci salvi il signore, viene fuori una miscela esplosiva». A tradurre ci pensa Giuliano Ferrara. Non ha bisogno di indovinelli per parlare di un altro magistrato, il giudice Almerighi che vuole portare in tribunale con l'accusa di averlo diffamato (dicendo che avrebbe impedito un provvedimento disciplinare nei confronti del giudice Carnevale), quasi trascende. «Magari mi facesse un' azione penale, mi farebbe guadagnare qualcosa in sedetivile. Ho qui i verbali. Che un magistrato dica il falso in un processo è grave. Mentre sui pentiti si può chiudere un occhio, a un magistrato non si può far passare». «Per fortuna Almerighi - spiega il senatore - ha citato due testimoni. Virginio Rognoni ha smentito, ma è uno della mia parrocchia politica e pesa meno. Qui vorrei onorare la memoria di Piero Casadei Monti, che poco prima di morire ha reso due pagine di verbale in cui ha chiarito ogni minimo dettaglio escludendo ogni mia interferenza». Andreotti è una macchina della memoria. Cita episodi e atti processuali senza esitazioni. Un milione di carte che sembra cono¬ scere una per una. E nella sua difesa ha contato molto questa sua «pignoleria burocratica», l'abitudine a segnare nell'agenda incontri, appuntamenti, viaggi. «Una volta -racconta Andreottimi hanno chiesto come mai, in un dato giorno, mi trovassi a Montecassino. Ho risposto che c'era una visita del Papa ed io, come presidente del Consiglio, ho pronunciato un discorso che si può facilmente leggere in prima pagina sull'Osservatore Romano. Un'altra volta mi si contestava che fossi a Villa Igea, a Palermo, mentre ero ad Amsterdam per impegni di governo. Mi è stato chiesto di due volte che mi trovavo a Palermo, ma anche lì la risposta l'ho trovata sulle mie agende. Andreotti parla anche di «omissioni» da parte dei procuratori di Palermo. Un esempio: nel caso di un aereo che Andreotti aveva dichiarato di aver preso «non sono neanche andati a sentire il pilota per verificare se era vero». Sulla questione «pentiti» il senatore ha parole amare. Ricorda quanto sia pagata dallo Stato gente che ha compiuto decine di omicidi, ma sottolinea anche la necessità di «non diminuire la volontà di andare contro la mafia e i mafiosi». «Non vorrei - dice che quello che è capitato a me possa scoraggiare i politici dal prendere certe iniziative contro la mafia». Ma la giornata di dichiarazioni del Presidente è stata lunga. Primo scenario la mostra filatelica «Dagli antichi Stati all'unità d'Italia», allestita presso la Sala della Lupa di Montecitorio. Collezionista di francobolli - con un esemplare timbrato il giorno di Porta Pia «dimostrazione che in quel giorno le Poste funzionavano. Forse dopo un pò meno», dirà in serata a «Porta a Porta» Andreotti ha confidato di essere stato costretto a vendere le annate delle colonie per bisogno di soldi da destinare alla difesa. Altre dichiarazioni via radio, questa volta sulla De: «E' stato un errore cambiarle nome». E ancora: «Non vedo alcuna connessione tra l'esito del mio processo e una possibile rinascita della De». Ma anche su Scalfari: «Mi crede un papa laico e a me che sono un popolano romano della sua opinione non importa un fico secco». Su De Gennaro, un ricordo gentile: «Il giorno dopo che si seppe della richiesta della procura di palermo nei miei confronti mi venne a trovare a casa, dopo che era venuto anche il capo della polizia Vincenzo Parisi». E nella testa di Andreotti la cartina che indica amici e nemici è ben chiara. «In questi giorni - ha detto caustico il senatore - ho risentito e rincontrato gente che in questi anni deve essere stata all'estero». «Ma non vorrei che quello che è successo a me possa finire per scoraggiare la lotta contro Cosa Nostra» «Non vedo nessuna connessione tra l'esito del mio processo e una possibile rinascita della Democrazia cristiana» A destra il presidente della Camera Luciano Violante A sinistra l'ex procuratore della Repubblica di Palermo Giancarlo Caselli

Luoghi citati: Amsterdam, Italia, Palermo, Perugia, Roma