DALL'AUSTRIA ALLA SVIZZERA SI RISVEGLIA L'ANTIEUROPA di Aldo Rizzo

DALL'AUSTRIA ALLA SVIZZERA SI RISVEGLIA L'ANTIEUROPA OSSERVATORIO DALL'AUSTRIA ALLA SVIZZERA SI RISVEGLIA L'ANTIEUROPA Aldo Rizzo DALL'AUSTRIA alla Svizzera. Tre settimane dopo il successo dei cosiddetti liberali di Joerg Haider, che ha stravolto il quadro politico viennese, sono i populisti di Christoph Blocher a scuotere, con la vittoria elettorale di ieri, gli equilibri di governo della Confederazione elvetica. Si diffonde il contagio di un nazionalismo xenofobo, antieuropeo, provinciale e demagogico, con ambigue parentele, anche se formalmente smentite, con i fantasmi del nazismo. Certo, la Svizzera è un caso a sé. Non è mai stata nazista o fascista, tutt'altro, anche se neppure il suo passato è senza ombre, pensando a certe vicende della seconda guerra mondiale. Piuttosto essa ha coltivato la sua antica tradizione di democrazia neutrale, di «nicchia» al riparo dalle tempeste della storia europea. E lo ha fatto con una tenacia quasi maniacale, rifiutando persino di essere membro dell'Onu. Ciò può aiutare a spiegare certe degenerazioni odierne, sia pure parziali, rispetto alla generalità degli elettori, come il rifiuto di ogni forma d'integrazione col resto dell'Europa (sancito dal referendum del 1992) e la cupa diffidenza verso un'immigrazione operaia e contadina, della quale pure ha bisogno, per sostenere la propria economia e il proprio, grande, benessere. Quanto è pericolosa per la Svizzera questa sbandala elettorale di ieri? A differenza dall'Austria, dove il successo dei «liberali» di Haider ha reso estremamente ardua una stabile possibilità di governo, il «sistema» svizzero non risente oltre misura delle variazioni di forza tra i partiti, Vige da quarantanni la cosiddetta «formula magica», che associa tutti i partiti nell'esecutivo, lasciando che le più importanti questioni concrete siano decise dai referendum popolari. Ma, naturalmente, la rappresentanza ministeriale dei vari partiti muta in base ai dati elettorali, e ora sarà ben maggiore l'influenza del parti- to di Blocher (che continua a chiamarsi «Unione democratica del centro»], a; danni di socialdemocratici, radicai-liberali e democristiani. Il che non è senza conseguenze. Quanto è pericoloso il fenomeno parallelo o addirittura congiunto degli estremismi austriaco e svizzero per l'Europa? Qui la risposta non può che essere cauta, anche tenendo conto del fatto che l'Austria fa parte dell'Unione europea mentre la Svizzera ne è fuori. Il fenomeno è certamente un sintomo allarmante di come, nel cuore dell'Europa, in Paesi di antica e grande civiltà, possano nascere o risvegliarsi tensioni e tentazioni torbide, come rifiuto e rigetto di un processo oggettivo, storico, se non d'integrazione, d'interdipendenza. E neppure si può sottovalutare il rischio che il contagio si allarghi, negli strati più opachi e ambigui di altre società. Tutto questo richiede controllo e attenzione. Di contro, bisogna aver fiducia nella forza appunto oggettiva, storica, della «globalizzazione», intesa come superamento economico, politico e tecnologico, delle visioni provinciali e reazionàrie. Se l'Austria sarà avvantaggiata in questo dalla sua, sia pur recente, appartenenza all'Unione europea, la Svizzera, come ha ammonito Ursula Koch, presidentessa socialdemocratica, dovrà prima o poi capire che non ci sono nicchie comode nel mondo d'oggi e che è più conveniente partecipare che isolarsi.

Persone citate: Blocher, Christoph Blocher, Haider, Joerg Haider, Ursula Koch