«Antimafia, stagione al capolinea» di Giovanni Bianconi

«Antimafia, stagione al capolinea» IL PM DEL CASO DELL'UTRI «COME DICEVA SCIASCIA: LO STATO NON PROCESSA SE STESSO» «Antimafia, stagione al capolinea» Ingroia: la tentazione di andarsene è forte intervista Giovanni Bianconi inviato a PALERMO STAVOLTA a citare Leonardo Sciascia è un presunto «professionista dell'antimafia». Dice Antonio Ingroia, sostituto procuratore di Palermo, pubblico ministero del processo Dell'Utri e dell'inchiesta sui cosiddetti «sistemi criminali»: «Porse aveva ragione il maestro di Racalmuto quando diceva che la mafia non sarebbe mai stata sconfitta perché uno Stato non può processare se stesso». Sciascia è morto dieci anni fa, dottor Ingroia. «Infatti, ed espresse questo suo pessimismo quando l'Italia era un altro Paese e c'era un'altra magistratura. Però a leggere i titoli e i commenti alla sentenza Andreotti sui giornali di oggi, sembra che il messaggio sia proprio questo: l'assoluzione dell'imputato era attesa per dimostrare che certi processi non si possono e non si debbono fare. E' uno dei tanti motivi dell'amarezza e dell'indignazione che provo stamane». Ma lei la prossima settimana dovrà tornare sul banco dell'accusa al processo Dell'Utri. Con quale stato d'animo? «Come magistrato ho il dovere di continuare a svolgere il mio lavoro come se niente fosse successo, perché quella che ha assolto Andreotti è solo la sentenza di un processo, contro un determinato imputato e per determinati fatti. Mi rifiuto di pensare che ci possano essere effetti sugli altri processi». E come cittadino? Per un po' pensa in silenzio, poi sorride: «Io vado in aula come magistrato, non come cittadino». Dopo l'assoluzione di Andreotti si potranno ancora fare i processi sui rapporti fra matia e politica? «Sì, se ci sono gli elementi. Però è innegabile che non tanto per l'assoluzione di sabato ma per il clima nel quale è arrivata ed è stata accolta, d'ora in avanti sarà più difficile che qualcuno sia disposto a raccontare fatti e portare elementi per mettere in piedi questo tipo di processi. C'è puro chi vorrebbe che non si facessero nemmeno quelli per i quali gli elementi sono già stati acquisiti, ma un magistrato ha il dovere di portarli avanti, anche a costo di nuovi insulti, isolamenti e assedi». Ha ragione Buscetta quando dice che aver parlato di mafia e politica è stato il più grande errore della sua vita? «Penso che oggi i collaboratori di giustizia potrebbero pensare ciò che pensò Buscetta nel 1984, quando decise di tacere su certi temi: lo Stato non ha più intenzione di fare sul serio, e quindi è meglio restare in silenzio. Ma ripeto, non per l'assoluzione di Andreotti, ma per il clima che ha accompagnato e accolto la sentenza». A che cosa si riferisce? «Ai continui tentativi di condizionare l'opinione pubblica e di influire in qualche modo sullo svolgimento e sull'esito del processo Andreotti e degli altri in cui sono imputati appartenenti alla classe dirigente del Paese o ad ambienti istituzionali. L'assoluzione di Andreotti ò il suggello di questo clima e di questa fase: viene vissuta come una sorta di liberazione da un incubo, quello di dover faro i conti con la storia di questo Paese». Può fare degli esempi del clima e dei tentativi di condizionamento? «Le continue aggressioni alla magistratura, anche quella giudicante, per esempio dopo la condanna di Bruno Contrada (pronunciata dallo stesso tribunale che ha assolto Andreotti, ndr). E ancora, le accuso dopo i suicidio del dottor Lombardini, quando noi magistrati inquirenti fummo additati come assassini; le polemiche sul caso SiinoDe Donno; le risse o gli insulti che si scatenano ogni volta che un collaboratore, in un qualsiasi processo, fa conno ai contatti con qualche uomo politicò; quelle successive, e addirittura precedenti, alla richiesta d'arresto dell'onorevole Dell'Utri». Sono tutti episodi nei quali una parte politica ha a che fare con le vostre indagini. Ma è una parte... «Si, ma dalle altre parti c'è stato il silenzio di fronte agli insulti e alle aggressioni. C'è poi chi dice di difendere la magistratura, ma contestualmente ci accusa di ossero la causa di tutti i mali perdio dovevamo lavorare meglio, evitare di fare questo o quel processo, senza conoscere lo specifico dello carte. Anche loro sono causa di amarezza e indignazione, in giornate come questa». Ma non è possibile che pure voi abbiate sbagliato qualcosa? «Certo che e possibile infatti si tanno i processi nei quali le assoluzioni, come le condanne, sono e dovrebbero restare un IttO fisiologico. Ma in questi anni la magistratura, anche con gli errori che tutti possono commettere, ha cercato di fare il proprio dovere fino in fondo, noi rispetto della legge è Iguale per tutti, in un contesto di rinnovamento del Paese. Se ce ancora chi credo in questo rinnovamento forse e beni . ih si faccia sentire, che balla un colpo». Sta dicendo che per continuare a lavorare avete bisogno del consenso popolare? «No. ma è inutile nascondersi dietro lui dito. Il clima che si respira in un Paese ha la sua importanza. Anche Falcone e Borsellino dicevano che con il consenso determinato dal maxiprocesso la strada ora in discesa Poi vennero lo smantellamento del pool e i veleni dell'89. Dopo lo stragi del '92 e del '93 si ricreò un nuovo clima, oggi siamo al capolinea di quella stagione, preparato da tempo». E i pm antimafia di Palermo che faranno? «I magistrati sono sempre gli ultimi ad abbassare la guardia, però continui a stare in prima linea, ti giri e vedi che dietro di te non c'è rimasto quasi nessu no, la tentazione di chiedere lo spostamento nelle retrovie è forte». (E i Con il clima che si è creato d'ora in avanti sarà più difficile che qualcuno sia disposto a raccontare fatti permettere in piedi i processi j ij t i L'assoluzione del senatore viene vissuta come una sorta di liberazione da un incubo: fare i conti con la storia d'Italia Ma andremo avanti lo stesso j ap o a a a . e o i i a » e di a a a ui, i i, nioti Il sostituto procuratore di Palermo Antonio Ingroia

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