Andreotti: è sbagliate accusare giudici e penti di Fabio Martini

Andreotti: è sbagliate accusare giudici e penti IL «GIORNO DOPO» DEL SENATORE A VITA TRA LA FUNZIONE IN CHIESA E L'UFFICIO Andreotti: è sbagliate accusare giudici e penti reportage Fabio Martini ROMA LA messa è finita e ora c'è un gran silenzio nella chiesa: nella penombra barocca di San Giovanni dei Fiorentini, Giulio Andreotti avanza lentamente tra lastre tombali e lapidi, sta per uscire, quando si consuma una scena da Roma papalina. Quasi un sonetto del Belli: dieci poveri questuanti - che hanno appena ricevuto la mancia dalla scorta del senatore intonano un autentico coro all'indirizzo di Andreotti: «Sia lodato Gesù Cristo, sia lodato Gesù Cristo...». E qualche minuto più tardi, un'anziana signora si ferma davanti al senatore. Fa il segno di inginocchiarsi e gli bacia la mano. Come ad un Papa. E' cominciata così, con queste «beatificazioni», la prima giornata a cuor leggero di Giulio Andreotti. Certo, negli ambienti del popolino romano e in quelli più silenziosi del Vaticano, la popolarità del «divo» Giulio non ha mai avuto cali. Ma quella di ieri, per Andreotti, è stata una giornata speciale per tanti motivi. Per l'umor leggero. Per i festeggiamenti ricevuti in casa dai figli e dai nipoti. Intendiamoci, festeggiamenti alla Andreotti, con filetto e risotto per tutta la famiglia, mica ostriche e champagne. Ma certo, una giornata a suo modo speciale. Anche per i messaggi che il senatore ha voluto lanciare. Poco dopo l'alba, Andreotti ha letto i giornali e, paradossalmente, non ha granché gradito le bordate lanciato da qualcuno verso la Procura di Pcdermo. E così, al prirqo microfono utile - quello del Tg5 - ha detto testualmente: «Ora non facciamo il processo ai giudici». Già, perché metterli sotto accusa - dice Andreotti «non aiutava nemmeno me». Come dire, ma lui non lo dirà mai: mi sono salvato, anche grazie alla sapiente gestione polìtica del processo. Era cominciato alle prime luci del giorno questo 24 ottobre 1999 per Giulio Andreotti. In verità lui si sveglia sempre molto presto la mattina e la moglie Livia non ha mai finito di rimproverarglielo da cinquantanni a questa parte. Dalla sua casa in corso Vittorio Emanuele, a un tiro di schioppo da piazza San Piqtro/Aiidreotti'è uscito che erano passato da pochi minuti le 7,30. Abitudinario come è, il senatore sa che a San Giovanni dei Fiorentini si celebra messa alle 8 ma sapendo dei cronisti in attesa, ha anticipato di qualche minuto Tuscita.-E non appena -si è aperto il grosso portone del palazzo umbertino nel quale .--.uà t. -.v Aa8COltarò il sParola di Dio. SALMO RESPGli oppress abita da tanti anni, le prime parole di Andreotti sono impastate nel sorriso: «Oggi è domenica, giorno di Dio». Ma almeno oggi sarà felice Giu¬ i . * 47) ore lio la sfinge? «I mici dicono che io non esterno mai i miei sentimenti, che sono troppo chiuso. Ma sono così da più di... 80 anni». Eppure, qualcosa traspare anche noi vecchio cinico, quando racconta di questi anni: «Non è stato un incubo vero e proprio perché le cose concentrate nel tempo danno uno choc, poi tutto si dilusice. Ma è un'esperienza che non auguro, anche perché questi anni non me li restituisce nessuno...». Quel velo dischiuso si richiude però subito e fa posto ad un' ironia un po' macabra: «C'è molta gente che muore prima dei 72-73 anni e non ha la possibilità di vivere la propria vittoria terrena...», come è capitato a lui. E la moglie? Anche stavolta la signora Livia è restata nell'ombra, nessuno l'ha vista festeggiare, fedele al suo personaggio: gran carattere, gran presenza in famiglia (in casa la chiamano «la marescialla»), ma gran discrezione in pubblico. Andreotti dice soltanto che i famigliari hanno vissuto «abbastanza tranquilli» tutta la vicenda. E' ora di andare a messa. Andreotti ci va a piedi: San Giovanni dei Fiorentini è a duecento metri da casa, è la prima chiesa di via Giulia. Sulla scalinata ci sono ad attenderlo i soliti -trenta barboni, poveri cristi che, sapendo della generosità do- manicale del senatcre, io aspettano sempre fuori daìla chiesa. E anche stavolta ricevono quel che si aspettano. Sono gli uomini della scorta a distribuire le banconote da diecimila lire nelle mani fredde dei poveretti. Andreotti è già dentro. Si va ad inginocchiare nel terzo banco. Dietro lui, sommessamente, si vanno a mettere due suorine. Alla funziono dello 8, celebrata da don Luigi, un parroco cii mezza età, assistono dodici fedeli, una trentina di questuanti, gli uomini della scorta. Con una sorpresa: dopo i riti di introduzione, Giulio Andreotti lascia il banco dei fedeli e si avvicina all'altare. Con voce bassissima ó lui che fa la prima lettura: «Così dico il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai». Finita la messa - (piasi fosso un giorno di lavoro - Andreotti va nel suo ufficio di piazza San Lorenzo in Lucina. Arrivano Giuseppe Ciarrapic.o («Abbiamo resistito» .dirà «er Ciarra» uscendo) e poi duo amici che parlano un linguaggio diversissimo da quello di Andreotti: Claudio Vitalone («Grave far finta di nulla») e Carlo Taormina («Chi ha sbagliato paghi»). Poco dopo l'ima, il ritorno a casa: lo aspettano i nipoti, i generi, i figli Marilena, Stefano, Serena. E finalmente Andreotti si ferma: aveva in programma di andare a giocare a carte da amici, ma alla fine cambia idea. E resta a casa. fi fi Non è stato un incubo vero e proprio visto che tutto si è diluito nel tempo ma è una esperienza che non auguro anche perché questi anni non me li restituisce nessuno ip j Se sono felice!'I miei dicono che non esterno i sentimenti e che sono troppo chiuso Quindi dico solo che c'è gente che muore a 70 anni e non fa in tempo a vivere la propria vittoria terrena j tj QUEL CHE HA LETTO ALIA MESSA seduiil PRETURA SeamiamoDi*\ " SÌ9n0V»rZre£3S quelli che Egli ama, Dal »^M||^S^Utterai « focosi dice il Signore, «noti " . t statì 1oreS^"!nSo«letu io maltratti, quan,a vedova olortana ^ grò „ suo do invocherà da me >3à d v, farò mo- i nre _ e i vostri figli «S^^ffitìente che sta con £^t^afS?S^ usuraio: voi Altrimenti. quu.»do° pietoso. a8COltarò il suo godo, P^^0^ a o* (Salmo 17,3-447) veri h^no iljqrodttènsore Parola di Dio. SALMO RESPONSORIM* Gli oppressi e±i lio chesenchidi.sa cinquincle po si dza perechadbrmevtasrn le.'* w Il senatore a vita Giulio Andreotti

Luoghi citati: Alia, Roma