Il Polo e Cossiga; Caselli deve dimettersi di Guido Tiberga

Il Polo e Cossiga; Caselli deve dimettersi Berlusconi: «E' la fine della rivoluzione giudiziaria». Boselli: trovi il coraggio di andarsene Il Polo e Cossiga; Caselli deve dimettersi IDs: linciaggio inaccettabile. Pentiti di nuovo nel mirino Guido Tiberga ROMA «Dimissioni, dimissioni». L'ira del Polo contro Giancarlo Caselli e le norme sui pentiti, rinvigorita dal secondo successo in un mese, tracima dai confini del centrodestra, arruolando prima un furibondo Cossiga e poi un pungente Boselli, per il quale l'uomo che dovrebbe fare le valigie è Luciano Violante. «Il linciaggio della magistratura è inaccettabile», replica sdegnato il fronte diessino, Walter Veltroni e Pietro Polena in testa, con Gavino Angius a riproporre un distinguo malizioso per le orecchie di Berlusconi: «Andreotti, a differenza di altri, ha affrontato un'accusa gravissima difendendosi, com'era suo diritto...». Ma l'assoluzione di Palermo non si limita a riaccendere lo scontro politico: corrobora l'orgoglio democristiano, e risveglia i socialisti non pentiti, da Margherita Boniver a Filippo Fiandrotti, ripiombati sulla scena per celebrare la fine del «golpe» e pretendere la riabilitazione di Craxi. Tra i due poli, le dichiarazioni anodine delle istituzioni. Massimo D'Alema fa dire al suo portavoce di non avere nulla da dire: «Il presidente del Consiglio non commenta le sentenze». Luciano Violante ne¬ ga l'ipotesi della sentenza politica («I giudici non ne fanno mai») e parla di una magistratura «garante» per tutti i cittadini, perché «capace di applicare la legge nei confronti di chiunque». Mancino si proclama «contento» anche per l'Italia, «la cui immagine esce rafforzate da questa vicenda: il Paese ha dimostrato di avere la capacità di mettere in discussione gli uomini che hanno ricoperto i maggiori incarichi pubblici, e nello stesso tempo di fare giustizia». La rabbia dell'opposizione, come già dopo l'assoluzione di Perugia, assume venature diverse: Ccd e Forza Italia sparano a raffica contro i pm che hanno «perseguitato Andreotti». Pierferdinando Casini parla di «onore politico» restituito alla Prima Repubblica, chiede «obiettività» pure per Craxi e Forlani. Ari, fin qui, non ci arriva: non ci sta: «L'eccesso di accuse - dice Maurizio Gasparri - ha fatto sì che l'assoluzione abbia stemperato anche le eventuali colpe dell'andreot- tismo, sulle quali servono altre verifiche...». Una sentenza, aggiunge Gianfranco Fini, «non si sostituisce mai a un giudizio storico». Silvio Berlusconi parla ai microfoni delle sue televisioni. Chiede l'avvio immediato del dibattito sul «giusto processo». Definisce l'assoluzione di Palermo come «l'inizio della fine della rivoluzione giudiziaria che è stata il cancro della vita politica». Invita la «magistratura sana» a ribellarsi contro chi, «come nelle assemblee di Md», dichiara «che ci si deve servire della giustizia per abbattere lo Stato borghese». Parla di «mostruosità giuridica», di «processo tutto politico», di «miliardi gettati al vento a decine», di «centinaia di criminali non perseguiti» dai magistrati impegnati contro Andreotti. «Ora che questo capitolo si chiude - dice il leader azzurro - sarà bene tornare a metter mano davvero alla lotta contro la vera delinquenza organizzata, contro la mafia, cercando di non disperdere l'eredi- tà di chi, come Falcone e Borsellino, seppero impostare la battaglia senza inseguire teoremi politici». Gli altri puntano il mirino contro Caselli: «Chieda scusa agli italiani» (Tajani), «Dovrà render conto al Paese» (Pecorella), «Per lui inizia oggi un lungo e penoso viale del tramonto» (Scajola). I vertici dei Ds replicano a muso duro. «La sentenza Andreotti conferma che la magistratura si muove sulla base delle carte, e non di presunti complotti», dice Wal- ter Veltroni. I pentiti? «Non è possibile che di volta in volta vengano utilizzati a seconda delle convenienze. Le dichiarazioni non bastano, ci vogliono le prove. Ma ciò non toglie che i pentiti abbiano contribuito ad assicurare alla giustizia molti, molti mafiosi...». La maggioranza, però, non è compatta neppure sulla sentenza. Francesco Cossiga, uno fra i primi a rendere visita a Giulio Andreotti, non risparmia nulla e nessuno: il segretario popolare Castagnetti? «Una faccia di tolla». Folena? «Un indossatore rubato alla moda». I leader del nuovo Ulivo? «Correranno a esprimere solidarietà alla Procura di Palermo». Caselli? «Spero clie abbia il coraggio di dimettersi dall'incarico che attualmente ricopre». Enrico Boselli, il leader dello Sdi, punta l'indice contro Luciano Violante, autore della relazione approvato dalla Camera a larghissima maggioranza nel '93: «Sull'eventuale responsabilità politica del senatore Andreotti - scriveva Violante - dovrà pronunciarsi il Parlamento...». «Chi si è particolarmente impegnato su questo fronte carico di strumentalità politica dice ora Boselli - dovrebbe trame le conseguenze in termini critici e autocritici. Dimissioni? Non fatela dire a me, quella parola...». L'EX CAPO DELLO STATO «Castagnetti (Ppi) è una faccia di tolla; Folena (Ds) è un indossatore rubato alla moda e il nuovo Ulivo farà omaggio alla Procura di Palermo» WALTER VELTRONI «Qualcuno usa i collaboratori come gli conviene Ma questi hanno contribuito ad assicurare alla Giustizia tantissimi mafiosi» ssa

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