Storie di Città
Storie di Città Storie di Città Hi 0 pranzato con quattro centenari. Sono andato al convegno per il lancio dell'iniziativa «Abitare Insieme» e Andrea Imeroni, che l'ha organizzato, mi ha gentilmente invitato a fare colazione con loro. Per la prima volta in vita mia ho avuto qualche titubanza a mettere le gambe sotto il tavolo. Pensavo vigbaccamente che avrei dovuto fare onore a puree, a pappe insapori, a mele cotte e bere acqua naturale e temperatura ambiente. Uno non può mica disossare a morsi costine di maiale sotto gb occhi dei vecchietti costretti a trangugiare quegh orrendi frullati da clinica della salute. I miei timori sono svaniti quando ho visto come i componenti del quartetto Primavera (405 anni in quattro!) si informavano del menù e lo approvavano con un nobile cenno del capo. Bisognava fumarli mentre, con metodo e con la sapiente lentezza del montanaro che affronta la salita, spazzolavano via tutto quello che avevano nel piatto. Secondo Roffinella, nato a Montafia d'Asti il 3 maggio 1898, ha anche bissato gb agnolotti. Le due bottigbe di acqua minerale sono rimaste piene, diversa sorte è toccata a quelle di dolcetto. Come ha raccontato Luisella Re nel suo resoconto, le due centenarie presenti sono sorelle, Amelia e Maruska Buscarmi; una terza sorella, che si chiama Altavilla e compirà cento anni il mese prossimo, era rimasta a casa, nell'alloggio di via San Donato, perché raffreddata. Come dice Maruska, «Altavilla e la piccolina, la più viziata» e Amelia rincara la dose: «E' capricciosa», dice. Amelia (nata il 4 settembre 1896) è la leader. Racconta che a 16 anni si era innamorata del sindaco di Camerino, la città dell'Umbria dove vivevano, e voleva sposarlo ma sua madre e sua nonna si opposero per la differenza d'età. Il padre, prefetto a Sassari, era morto quando lei aveva dieci anni. Amelia non ha più voluto sposarsi e quando la famiglia le impose un marito, alla vigilia del matrimonio scappò di casa con una valigia. Le tre sorelle haimo vissuto 22 anni a Parigi, lavorando come ricamatrici e lingeriste molto apprezzate dalle signore; oltre all'itabano, parlano il francese e l'inglese. Secondo Roffinella vive ancora nel paese natale, Montafia, e abita da solo. Ogni giorno ritira il pranzo e la cena dalla Casa di riposo ma mangia nella sua cucina. Poi governa, lava i piatti e pulisce per terra. Fabbro e soprattutto maniscalco, ancora adesso aziona il mantice e picchia sull'incudine. Alpino, ha combattuto nelle due guerre mondiali e le rievoca come se fossero terminate ieri. Al termine del pranzo si guarda attorno con l'aria di uno che si chiede: tutto qui? Il quarto centenario è Sergio Gazzillo, nato il 19 aprile 1899 a Ortanuova, in provincia di Foggia e residente da pochi anni a Torino in casa di una figlia. A proposito di figli, ne ha avuti quindici e nove sono viventi. Tutti parrucchieri, come lui che l'ha fatto per 43 anni. Per dimostrare la mano ferma tiene in equilibrio sul dito indice il bastone da passeggio. Sua madre, quando lo sentì raccontare della prima volta che aveva visto un treno, lo tenne per tre giorni senza pane poiché pensava che avesse mentito; la stessa cosa successe per la prima bicicletta. Interrogato sul servizio militare, snocciola le date del suo ruolino, racconta la presa di Gorizia (9 agosto 1916) nei dettagli e canta dab'inizio alla fine «Il Piave mormorò, non passa lo straniero». Poi tira fuori da una tasca la croce di cavaliere di Vittorio Veneto, legata insieme a un crocifisso e a un cornetto di corallo. Seigio Gazzillo ricorda ancora, con incredibile precisione, i prezzi delle derrate ahmentari, pane, baccalà, olio, maccheroni, segno che la fame ha inciso profondamente nella sua memoria: «La mezza pagnotta costava un centesimo e mezzo, ma era vuota dentro. Mezzo maiale costava 50 lire, quando un impiegato guadagnava 60 lire al mese». Ricorda la sugna con la quale si ungevano le scarpe che avevano i chiodi sotto per non consumare la suola. Ma queste me le ricordo anch'io, che al confronto sono un bambino. Ricordo che anche allora i pochi che raggiungevano cento anni venivano festeggiati e nell'intervista, per radio o sulla «Domenica del Corriere», non mancava mai la domanda sul segreto di tanta longevità. Noi ci siamo astenuti dal farla, ma qualcosa dai loro racconti si può dedurre. Intanto la curiosità che non viene mai meno: ci siamo visti puntare addosso sguardi che avevano attraversato tutto il Novecento e non erano ancora stufi di vedere cose nuove; l'esatto contrario del vecchio che si rinchiude nel suo bozzolo interno e rifiuta le novità. Poi la memoria, coltivata, accarezzata, blandita, che ritorna sempre al passato e lo mantiene in vita. Per tutti e quattro il ricordo più vivo e presente è l'arrivo in casa della luce elettrica, un evento epocale. Amelia aveva cinque o sei anni quando si è accesa la luce per la prima volta in una casa dove bisognava tutti i giorni pulire sei becchi a olio e riempirli per la sera. Perciò, se vogliamo veramente aiutare gli anziani, dobbiamo farli parlare interrogandoli sui loro ricordi. Infine una dolorosa verità: questi non hanno mai smesso di lavorare. Amelia Buscarmi fa un'affermazione che è degna epigrafe di ima vita straordinaria: «Tutto passa, non bisogna fermarsi, i minuti sono contati, le ore corrono». Le sue ore corrono da 103 anni e non accennano a fermarsi. r
Persone citate: Altavilla, Andrea Imeroni, Gazzillo, Luisella Re, Montafia, Primavera, Secondo Roffinella, Sergio Gazzillo
Luoghi citati: Città Hi, Gorizia, Montafia D'asti, Parigi, Sassari, Torino, Umbria, Vittorio Veneto
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