In biblioteca l'autore scende dallo scaffale

In biblioteca l'autore scende dallo scaffale In biblioteca l'autore scende dallo scaffale INTERVISTA Mirella Serri SI accendono i riflettori: signori, silenzio, il martedì si legge anzi s'impara a leggere. In contemporanea da Gorizia a Cagliari, da Potenza a Torino, in venti biblioteche statali dello Stivale brillano le luci oltre i tradizionali orari di chiusura. E' iniziato da duo settimane il ciclo degli incontri scrittori-pubblico nelle biblioteche, organizzato dal ministero dei Beni culturali, che terminerà il 2 dicembre. Un esperimento avviato per strappare alla morte la lettura, nato in seguito all'appello lanciato dal ministro peri Boni culturali, Giovanna Melandri, per la salvezza del libro. Pero dopo l'entusiastico avvio, borbottìi e mugugni non si fanno attendere. L'iniziativa negli scrittori convocati solleva perplessità e qualche malumore. Ministro, come valuta l'avvio dell'esperienza? «Niente d'improvvisato! E' vero, ho voluto forzare i tempi, ma per un motivo molto preciso: basta con le lamentele sulla scomparsa dei lettori, basta con i de profundis per il libro. Meglio individuare, anche se in via sperimentale, delle strategie concrete. All'appello pubblico per salvare la lettura ho avuto l'adesione di ben 240 autori per quest'anno e di altri 100 per il prossimo. Tirarmi indietro? Sarebbe stato un tremendo onore di fronte a tanta solidarietà del mondo della cultura, avremmo fatto come i dottori di Pinocchio che, riuniti al capezzale del moribondo, dichiarano la propria impotenza». Le biblioteche, luoghi di silenzio o di studio, le sembrano il INTERMirSe VISTA la ri posto più adatto alle letture pubbliche all'anglosassone? E il personale bibliotecario che dovrebbe fare da Virgilio nel Paradiso della lettura ha le competenze adatte? «Lo biblioteche in Italia non sono viste come luoghi gradevoli in cui si passano due o tre ore piacevoli. Dove si arriva, magari prima di cena, si prende un libro, lo si sfoglia e lo si porta a casa. Spesso suggeriscono un senso di noia, di pesantezza. L'ambizione è spalancarne le porto per farle diventare come i musei, dei luoghi aperti. E, allora, a renderle più ospitali saranno lo pre¬ senzo di autori come Eco o Ceronetti, Patrizia Cavalli o Roberto Calasso. Quanto agli operatori delle biblioteche, si tratta ovviamente di un personale molto diversificato. Farli partecipare a queste iniziative è anche una sfida alla loro formazione». Ma non era opportuno stabilire contatti con le università e con le scuole? «Ilo scritto per questo a Ortensio Zecchino o Luigi Berlinguer e a multi provveditori. Ripeto, sono tanti i collegamenti ma se avessi aspettato non si sarebbe iniziato nulla. E poi molti provveditori hanno già risposto. Comunque lo critiche non mi spaventano. La scuola di lettura è fatta con pochi quattrini, 2-300 milioni, spero il prossimo anno di poter passare da 20 a 40 biblioteche, e di coinvolgere le strutture comunali. E' stata poi approvata al Senato una proposta di stanziamento di 30 miliardi aggiuntivi da spendere in due anni proprio per le biblioteche, a cui si possono sommare i fondi del lotto. Non voglio azzardarli previsioni: i dati li daremo alla fino dell'esperimento, però se la media dell'affluenza si mantiene come quella di adesso, cioè di 80-100 persone per biblioteca, saremo riusciti ad avere duemila persone a settimana che parlano di libri. Non ci si può certo lamentare. Poi, quando avremo fatto il bilancio dell'esperienza, vedremo so si potrà pagare anche il biglietto per entrare». Qualche obiezione investe anche il titolo «Scuole di lettura», un'indicazione piuttosto vaga e difficile al tempo stesso. Come si fa ad insegnare a leggere?«E' un approccio simbolico. Gli autori non sono certo obbligati a leggere i propri testi. Anzi, possono indicare quali sono i libri che li hanno avvicinati alla lettura, che più li hanno coinvolti e appassionati. L'obiettivo è di mettere faccia a faccia gli scrittori con i lettori e di avviare un rapporto che poi conduce al libro. La spia di una domanda di un contatto dirotto con chi scrivo sono i festival di letteratura e il loro successo. Nel¬ la cultura anglosassone la tradizione esiste. E sono Paesi dove non solo si partecipa ai public readings, ma anche si legge molto». Le statistiche parlano chiaro: si legge di più al Nord e si frequentano di più le biblioteche di quanto avvenga nel Mezzogiorno. Il divario e veramente ampio. Ha pensato a un piano di emergenza? «Non in maniera particolare, anche se abbiamo ovviamente coinvolto molte biblioteche del Sud. Il ministero ha il dovere di costruire una dorsale delle biblioteche attive, disponibili in tutta Italia, ma lo sforzo per acquistare lettori non si può alimentare, è ovvio, solo di questo, ò necessario il concorso delle case editrici, del servizio radiotelevisivo pubblico, della scuola». E lei, che si sta impegnando tanto per la lettura altrui, è una lettrice? «Lo sono sempre stata. Il mio autore preferito? Shakespeare. Un altro libro fondamentale - ma come si fa a scegliere è di Musil, "L'uomo senza qualità": la sua "azione parallela" dice molte cose a chi fa politica. E poi ho anche molte amato Don DeLillo. Oppure, ancor più recente, "Il codice dell'anima" di Hillman. Ho letto una montagna di libri: per anni mi ero data l'ordine tassativo di avanzare di almeno 30 pagine al giorno. Mi portavo dei volumi da leggere alla Camera. Solo adesso che sono ministro sono passata ai libri di poesia. Walt Whit.man, negli ultimi tempi. La lirica è più veloce. Il tempo guadagnato lo dedico anche ad avviare questa sperimentazione che mi auguro possa diventare una consuetudine». IL MINISTRO MELANDRI SPIEGA L'ESPERIMENTO AVVIATO IN VENTI CITTA' PER RILANCIARE LA LETTURA: 240 GLI SCRITTORI CHE HANNO ADERITO «Sono luoghi che spesso suggeriscono un senso di noia, di pesantezza. L'ambizione è spalancarne le porte per farle diventare come i musei, dei luoghi aperti. E, allora, a renderle più ospitali saranno le presenze di nomi come Eco o Ceronetti, Patrizia Cavalli o Roberto Calasso»

Luoghi citati: Cagliari, Gorizia, Italia, Potenza, Torino