Regimi che passano, spie che restano di Oreste Del Buono

Regimi che passano, spie che restano LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it) Regimi che passano, spie che restano Le promesse fatte all'ex questore Leto, uomo di fiducia del Duce, perché celasse i segreti politici e finanziari della sezione esteri dell'Ovra ARCHIVIO, archivio delle mie brame/chi e il più losco del reame?»: sono sempre più ricorrenti, nelle patrie vicende, i raids attraverso giacimenti archivistici. Questi cartacei territori vengono attraversati con trafelata noncuranza e i dossier utilizzati - come ha detto con l'innocenza degli inconsapevoli un cronista del Tgl sventolando sotto gli occhi dei telespettatori le centinaia di pagine del dossier Mitrokhin - ancora «caldi rli fotocopia;), il tutto perché dall'interno del Palazzo si stabilisca con impellente urgenza - magari in diretta tiwu - la graduatoria dei peggiori, e per conseguenza dei migliori, che hanno calcato, o calcano, la scena della vita pubblica, Storia dunque che anziché essere maestra di vita è, più sempliceniente, maestrina di sopravvivenza. Ad uso dei surfisti del potere. E infatti, chiamata all'ordine la classi; un po' turbolenta, sventolata qualcuna delle liste die popolano da sempre il nostro vivere collettivo (listi; di spie e spiati, di enueloandi e esfiltratori, di sitanti e di ovristi), questo fare memoria procede inevitabilmente ad assegnare i vi,li e a distribuire pagelle. Spregiudicato bric-à-brac dei ricordi, questo agire si serve della i ii ostruzione del [lassato come di un rudimentale grimaldello per assemblare nuove e approssimative identità politiche, per ammanettare reprobi a pecche trascorse, per offrire incenso e mirra a padri della repubblica, O a fragili padroni del vapore momentaneamente in auge. Da noi i cento anni che si stanno chiudendo - più che far pai tedi quel «'secolo breve» percorso da Eric .J. ilobsbawni nella sua meditata ricostruzione - sembrano piuttosto comporre l'immagine di un ■ ..'.colo svelto». Secolo svelto i! disinvolto nel razziare alla rinfusa e svendere al miglior offerente gioie !.- bigiotterie dei comuni trascorsi. E, al tempo stesso, secolo (lave i decenni sono scanditi con gelida immobilità e dóve un'infera comunità nazionale, la nostra, è finita in ostaggio di un passato che - quante volte lo si é detto? - «non passa» mai. E se l'italica attitudine alla sveltezza è rappresentata dai telecronisti che distribuiscono «fotocopie calde» come piadine sulla spiaggia di lumini, l'immobilità ha pure la sua significativa illustrazione. E' una foto riportata nel libro fondamentale con cui lo storico Mimmo Pranzinoli! ha fatto i conti con l'Ovra. Vale a dire la polizia segre t.a ma, anche, la «memoria segreta» del regime fascista. Lavoro tanto più prezioso - quello dello storico bresciano - di questi tempi, quando non è certo facile vedere all'opera tanto rigore metodologi- co e paziento ricerca nel «fare memoria». La fotografia è stata scattata a Roma, in un corridoio del ministero dell'Interno, nel 1946. Mostra un agente della pubblica sicurezza che con tanto di fucile a tracolla e baionetta innestata monta la guardia davanti alla porta di un ufficio: è la stanza 125 dove sono state accumulate le carte (o almeno quelle sopravvissute a molte scremature, effettuate da chissà quante mani) dell'Ovra. Le carte sono contenute in 107 casso giunte a Honia nei mesi precedenti, dopo l'arrosto dell'ex questore Leto, già capo della Divisione politica della polizia segreta fascista. Quella sentinella messa di guardia, con tanto di armi, ai presunti segreti di un ventennio rappresenta un classico e italico modo di procedere: «Chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi». Anzi, dopo che i buoi sono stati rubati. Poiché, come emerge da un rapporto alleato citato nel libro di Franzinelli, l'ex questore Leto (destinato poi a proseguire la sua brillante carriera) appena arrivato nel settembre del 1945 nel carcere romano di Regina Coeli riceve alcune visite importanti. Il 27 settembre «il dottor Spallone, medico carcerario, condusse Leto fuori dal carcere e alle ore 18,30 lo accompagnò nella sua abitazione in via Appia, dove s'incontrò con Togliatti capo del Parti¬ to comunista e ministro della Giustizia. L'incontro durò tre ore e quindici minuti e Leto fu poi portato a cena e dopo di che ricondotto in prigione». Due giorni dopo altro interessante incontro per Leto: a prelevarlo da Regina Coeli è un funzionario di polizia, «certo Guida», scrivono i controspioni alleati. Si tratta di Marcello Guida che grazie a questi servigi compirà una brillante carriera: sino a diventare questore di Milano. E' infatti a capo della questura milanese quando, da una finestra di un ufficio del quarto piano, precipita - per un salto mortale causato forse, come scrisse un magistrato, da un «malore attivo» - l'anarchico Giuseppe Pinelli. Nel 1945, l'allora giovane vice-commissario di polizia Guida è uomo di fiducia dei socialisti visto che gli viene affidato il compito di portare Leto a casa di Nonni, il leader del Psi, «dove Leto rimase per un'ora e mezzo». Il giorno successivo Leto incontra uno dei giovani e fidati collaboratori di Parri, l'esponente del Partito d'Azione che regge la presidenza del Consiglio. Anche in questo caso colloquio fitto di «oltre un'ora». Mentre le guardie di pubblica sicurezza si succedevano nel vigilare sulle 167 casse di carte depositate presso la stanza 125 del Vimi¬ nale, «le indagini - rileva il memoriale del controspionaggio alleato hanno rivelato che si fecero a Leto promesse e proposte di celare i segreti politici e finanziari della sezione esteri dell'Ovra». Negli stessi mesi altri professionisti dello spionaggio fascista passano - armi e bagagli - al servizio dei vincitori: un nome per tutti è quello del generale Giuseppe Pièche, già uomo di fiducia di Mussolini nel controllare gli apparati di sicurezza e comandante dell'Arma, che si ritrova sino ai primi Anni Cinquanta come stretto collaboratore del ministro democristiano Sceiba. Questi, pur utilizzandolo per le schedatine anticomuniste, gli offre - forse con qualche guizzo di ironia - una copertura adeguata: quella di dirigente del Servizio Centrale Antincendi. Incendi sovversivi, ovviamente. Dunque tra spie e uomini di potere il collegamento non s'interrompe mai e, non solo da oggi, le carte segrete transitano, dagli uni agli altri, con regolare procedere. Vanno, vengono, emergono, dispaiono. Qualche volta queste carte capitano - almeno in parte - sotto gli occhi di storici scrupolosi. Quelli che per mestiere dovrebbero raccontare, senza rancori e senza sveltezze, le memorie passate del nostro Paese. DA LEGGERE fi. J. Hobsbawm Il secolo breve Rizzoli, Milano 1995 M. Franzinelli I tentacoli dell'Ovra. Agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista BollatiBoringhieri, Torino 1999 G.Leto Ovra, fascismo-antifascismo Cappelli, Rocca San Casciano 1952 P^'wf< Arturo Bocchini (quinto da destra) riceve nel 1938 un alto funzionario della polizia giapponese. Guido Leto, capo dell'Ovra, è il terzo da destra

Luoghi citati: Milano, Rocca San Casciano, Roma, Torino