Harry Potter di Liliana Madeo

Harry Potter Harry Potter yccmagJoannRong trasforma la fantasia in milioni Euri giorno ì milioni presero a cadérle addosso. La sua vita cambiò, come in una favola. Si trovò al centro di interviste, premi letterari, inviti, concorrenza fra editori e produttori cinematografici. Incominciò a dirsi: «Sono una scrittrice. Faccio quello che ho sempre desiderato. Non ho più problemi economici. La mattina non devo chiedermi se tmel giorno avrò un po' di tempo per me». Sembra ancora incredula di entello che le è successo, Joanne Rowling, 31 anni, nata nel Galles, vissuta fra Londra, Parigi e Oporto, insegnante di francese nei periodi più fortunati della sua vita, addestrata poi anche alla miseria più nera. La bacchetta magica che l'ha trasportata nel regno degli autori di 'best sellers' se l'è costruita da sola. Scrivendo un romanzo per bambini che adesso va a ruba anche fra gli adulti - diventato nel '97 un evento editoriale in Inghilterra (così da superare le vendite di John Grisham), rieditato un'infinità di volte, venduto in 9 paesi, presentato dal 'iHmes Literary supplement come un capolavoro, pubblicato in Italia dalla Salani l'anno scorso e intitolato Harry Potter e la pietra filosofale. Ora esce Harry Potter e la camera dei segreti (pp. 307, L. 26.000, l'incipit in anteprima INTERLiliMa VISTA na eo qui sopra n.d.r,) in cui il piccolo eroe deve vedersela con un brutto incantesimo che minaccia i suoi compagni di scuola. Harry Potter per scioglierlo, attraverso innumerevoli avventure, deve trovare la spaventosa Camera dei segreti. «L'ho scritto non per i bambini ma per me, per divertirmi, per curare la mia tristezza e danni la forza di non impazzire. Era morta mia madre. Avevo una bambina di pochi mesi. Mi ero lasciata alle spalle un matrimonio con un giornalista portoghese durato tre anni. Non avevo i soldi per pagarmi una casa decente e mandare mia figlia in un asilo. Andai a stare vicino a mia sorella a Edimburgo, una città che neppure conoscevo. Ero sola. Niente amicizie. Niente contatti col mondo esterno. La quotidianità era solo pensieri e dolore, banalità e silenzio. Il regno della magìa si ingrandiva ogni giorno di più, nel mio immaginario e sulla pagina scritta. Ci calavo il piccolo Harry, figlio di maghi e destinato lui stesso a compiere prodigi, passare attraverso situazioni mirabolanti. La fantasia diventava il rifugio e la speranza. Affidavo al piccolo mago i miei desideri, anzitutto quello di avere vicino persone care, di essere amata» racconta la scrittrice, una bella ragazza dai capelli lunghi t; rossi come le fate - o le streghe? - della sua terra, con le unghie lunghe e spesso spezzate (per effetto delle imprese rischiose in cui si è cimentata?), vestita tutta di velluto verde, verde e lucente come la pelle di un ramarro. Ci ha messo cinque anni e mezzo a scrivere il libro. Non aveva mai pubblicato niente, ma questa era la sua vocazione fin da quando era bambina. Intorno alla storia del piccolo Harry aveva cominciato a lavorare quando era in Portogallo. Ci tornò sopra nel momento del massimo sconforto. «Era anche un modo per continuare il filo che mi legava al passato. Vivevo in una monocamera schifosa. Stavo tutto il giorno con la mia bambina. Solo nel pomeriggio, quando si addormentava, per due ore, potevo correre con lei in un caffè. E allora scrive¬ vo. A mano naturalmente. Nessuno sapeva quello che facevo. Non certo le altre mamme. Per loro ero una un po' strana, una che scompariva quando c'era la possibilità di incontrarci. In realtà non osavo dire, per timidezza, che coltivavo un'ambizione così grande. Sempre a mano ricopiai il romanzo. Non avevo neppure i soldi per pagarmi la fotocopiatrice. Tre editori mi rimandarono indietro il manoscritto, perchè - secondo loro - era 'troppo lungo'. Poi trovai un agente letterario che contattò la Bloomsbury. Mi risposero dopo una settimana. Pensavo che fosse anche quella una lettera di rifiuto. Invece è stata la più bella della mia vita. L'ho letta otto volte. Conteneva un contratto e un assegno di 100 mila sterline». La Warner Bros ha comprato i diritti per la riduzione cinema- tografica. Il suo editore le ha fatto un contratto per altri sei volumi, due dei quali sono già usciti. Nel settimo Harry avrà 17 anni. Nel quarto scopre la presenza femminile nel inondo; si invaghisce di una ragazzina come lui. La Bowling fa crescere lentamente il piccolo mago. Guasi si difende da lui. dagli effetti dei suoi sortilegi. Assicura: «Conservo le mie abitudini. Sto molto con la bambina, che oggi ha 5 anni. La mando in una buona scuola. Abbiamo una bella casa. Non ini interesso più di politica. Per anni ho lavorato per il partito laburista. Ma questo governo non mi fa impazzire; neanche lui aiuta una single con figli. Quando ero povera, non potevo andare a lavorare perchè non potevo pagare chi si prendesse cura della mia bimba. Mi sentivo in trappola». NON era la prima volta che scoppiava un litigio durante la colazione, al numero 4 di Privet Drive. Il signor Vernon Dursley era stto svegliato all'alba da un fischio acutissimo proveniente dalla camera di suo nipote Harry. «Tre volte in una settimana!» tuonò dall'altra parte del tavolo. «Se non riesce a tenere a bada quella civetta, dovrà andarsene!». Ancora una volta, Harry provò a spiegare. «Si annoia - disse - Edvige è abituata a volare all'aperto. Se solo potessi lasciarla libera di notte...». «Ma mi hai preso per scemo?» ringhiò zio Vernon con un pezzetto di uovo fritto impigliato nei baffoni. «So bene cosa succederebbe a lasciar libero quell'animale». E scambiò un'occhiata cupa con la moglie Petunia. Harry tentò di replicare, ma le sue parole furono sommerse da un rutto lungo e sonoro di suo cugino Dudley. «Voglio ancora Bacon». «Ce n'è tanto nella padella, tesoruccio» disse zia Petunia, posando uno sguardo tenero sul suo grasso figliolo. «Devi magiare, finché sei a casa... La mensa di quella scuola non mi convince affatto...». «Sciocchezze Petunia, lo non ho mai avuto fame, quando ero a Snobkin» disse zio Vernon accalorandosi. «Dudley mangia abbastanza; non è vero, figliolo?». Dudley, così grasso che il sederone gli debordava da entrambi i lati della sedia, si voltò con un ghigno verso Harry. «Passami la padella». «Hai dimenticato la parola magica» !o rimbeccò Harry. Quelle parole ebbero un effetto incredibile sul resto della famiglia; Dudley boccheggiò e cadde dalla sedia con un tonfo che fece tremare tutta la cucina; la signora Dursley lanciò un gridolino e si mise le mani sulla bocca; il signor Dursley balzò in piedi con le vene delle tempie che gli pulsavano. «Intendevo 'per favore'!» rispose Harry precipitosamente. «Non volevo dire...». «COSA TI AVEVO DETTO?» tuonò suo zio spruzzando saliva su tutta la tavola. «IN QUESTA CASA LA PAROLA M... NON LA VOGLIO SENTIRE!». «Maio...». «E come osi minacciare Dudley!» ruggì zio Vernon nello stesso tonobattendo il pugno sul tavolo, «lo volevo solo...». «Ti ho avvertito! Non tollero che si nomini la tua normalità sotto questo tetto!». Lo sguardo di Harry passò dal volto della zia, che cercava di aiutare Dudley a rimettersi in piedi. «D'accordo» disse Harry, «d'ac cordo...». Joanne Rowtini o dello zio a quello pallido a zia, che cercava di aiutare Duda rimettersi in piedi. «D'accordo» disse Harry, «d'ac do...». Joanne Rowtini INTERVISTA Liliana Madeo

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