La strage di Grozny imbarrazza la Russia
La strage di Grozny imbarrazza la Russia Mentre il primo niinistro Putin discute a Helsinki con i leader Ue la situazione in Cecenia La strage di Grozny imbarrazza la Russia I morti salgono a 167, oltre260 i feriti Mosca: colpiti solo trafficanti d'armi Giulietta Chiesa dal nostro inviato a MOSCA Sarebbero 167 i morti e oltre 260 i feriti a Grozny, dopo i bombardamenti che hanno colpito il mercato centrale, il reparto pediatrico dell'ospedale e altre zone della capitale cecena. Chi ha deciso l'offensiva aerea su Grozny? Chi tira le fila di questa guerra? Colpisce il fatto che il massacro di Grozny sia stato scatenato proprio mentre il premier Putin si trovava a Helsinki, per incontrare la delegazione dell'Unione Europea e per discutere, tra l'altro, proprio della guerra cecena. Qualcuno pensa a una pugnalata alla schiena del premier russo, ad esempio il capo della commissione difesa della Duma, il comunista Viktor Iliukhin, che ieri ha parlato di «provocazione» organizzata da qualcuno per «screditare l'esercito russo». Ma Iliukhin aggiunge che l'attacco contro «i terroristi» ceceni non dev'essere fermato e che si tratta solo di questioni «tattiche», il cui scopo è di «evitare con la massima cura perdite di soldati russi». Insomma i bombardamenti vanno bene, purché non siano troppo imprecisi. E questa è - si fa per dire - l'opposizione. La confusione attorno al Cremlino e al governo è comunque al massimo. Boris Eltsin, tramite il suo portavoce, ha fatto sapere di «essere al corrente» e d'accordo con le dichiarazioni di Putin. Che non potrebbero essere più ambigue. Putin, a Helsinki, ha ammesso infatti che c'è stata una «operazione speciale», ma che essa non era diretta contro il mercato, e non era un bombardamento. In ciò seguendo solo in parte le tracce del portavoce dell'esercito russo in Cecenia, Aleksei Velkic, il quale dichiarava ieri essersi trattato di un'operazione «non effettuata da unità militari», che ha distrutto il «mercato delle armi e i trafficanti che si si trovavano». Si è trattato di un gruppo di teste di cuoio? Le fonti oculari di Grozny, tra cui l'inviato dell'agenzia France Presse, raccontano di cinque missili ca¬ duti nel centro di Grozny, tutto attorno al palazzo del presidente Maskhadov. Il quale l'ha scampata ma potrebbe essere stato il bersaglio dell'attacco. Molti indizi fanno pensare che l'attacco sia una delle conseguenze di uno scontro interno alla leadership russa, tra quelli che vogliono andare all'assalto finale e occupare tutta la Cecenia (il capo di stato maggiore Kvashnin, il capo dell'Amministrazione presidenziale Voloscin), e quelli (pare che Putin e il ministro degli esteri Ivanov siano di questo secondo avviso) che vogliono «solo» fare terra bruciata «attorno ai terroristi», poi si vedrà. Certe è che, anche occupando Grozny, i russi non farebbero un passo verso una qualsiasi vittoria. Se provano a andare sulle montagne dovranno contare centinaia di cadaveri. Ieri lo strano guerrigliero arabo che porta il nome di Khattab, e che funge da luogotenente di Shamil Bassaev, ha dichiarato a una tv degli emirati che «la guerra non è ancora cominciata». Aspettano i russi sui monti. E, mentre i russi radono al suolo i villaggi, uccidono i civili, cresce l'onda dei profughi. Che ieri hanno raggiunto quota 184 mila, invadendo letteralmente la vicina Ingushetia e l'Ossetia del Nord. Nelle due repubbliche vicine la situazione è già insostenibile. Vladimir Putin, a Helsinki - e il ministro degli esteri Ivanov a Madrid - hanno entrambi ribadito che Mosca non intende «trattare con i terroristi». Insomma prima bisogna vincere, poi si tratta. Ma con chi? «Con coloro che accettano la costituzione nassa» e solo con loro. Vedremo se riescono a trovarne ancora qualcuno. L'imbarazzo dell'Unione Europea è ora evidente. Prodi e Solana hanno esortato Putin alla moderazione e a evitare perdite tra la popolazione civile, ma è certo difficile ora, dopo la Jugoslavia, fare la predica al Cremlino. E, del resto, sull'altra faccia della medaglia, è complicato spiegare alle opinioni pubbliche europee perchè nella guerra del 1994-1996, inscenata dal Cremlino, l'Europa sostanzialmente tacque di fronte al massacro di 100 mila persone. Resta la «costernazione» del ministro degli esteri tedesco, il «verde» Joshka Fisher, e la sua richiesta di un «arresto immediato» dei bombardamenti su Grozny. Mentre il premier finlandese, che guida la delegazione europea a Heksinki, ha spiegato di avere chiesto «negoziati immediati», poiché l'Europa «non accetta una soluzione militare». E lord Russel-Johnston, presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, ha lanciato un appello per fermare le azioni militari che colpiscono la popolazione civile. Pochi sembrano rendersi conto che, forse, questa sporchissima guerra «serve» a scopi che non hanno poco a che vedere con quelli enunciati. Cioè a non fare le elezioni di dicembre.
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