Africa, gli dei se ne vanno di Claudio Gorlier
Africa, gli dei se ne vanno Con la scomparsa di Nyerere è uscito di scena l'ultimo leader carismatico Africa, gli dei se ne vanno Claudio Gorlier E, proprio il caso di dire che gli dèi se ne vanno, e mi riferisco ai grandi personaggi carismatici dell'Africa postcoloniale, mancati ai vivi come, la scorsa settimana, il tanzaniano Julius Nyerere, o usciti dalla scena politica come Kenneth Kaunda in Zambia o Nelson Mandela in Sud Africa. Non è la loro statura politica che qui mi interessa, ma la loro figura intellettuale. Il più anziano, e forse il più leggendario, fu Jomo Kenyatta, combattente e statista, incarnazione del Kenya indipendente. Nato l'orse nel 1890, morto nel 1978, Kenyatta aveva studialo alla London School of Economics, allievo di uno dei maggiori antropologi del nostro tempo, Bronislaw Malinowski. Il suo fondamentale Faring Mount Kenya del '38, di cui manca una seria edizione italiana, non è soltanto un testo chiave di ciò che si chiama «nazionalismo culturali!», ma un solido, raffinato studio di antropologia. Kaunda, che è nato nel '24 ed è uno dei più prestigiosi capi panafricani, sta vivendo un'amara vecchiaia, messo da parte e per un breve periodo persino incarcerato da faziosi e invidiosi successori. Ma nessuno può cancellare l'importanza cruciale di volumi come Letter to My Children e soprattutto di Humanism in Africa, del '67, un libro indispensabile per comprendere le coordinate ancestrali della cultura africana nella loro ricca complessità. A Kaunda è intitolata una Fondazione a Lusaka, capitale dello Zambia, un tempo assai vivace (ne ho esperienza personale) e oggi puramente istituzionalizzata. L'Autobiografia di Mandela (pubblicata in Italia da Feltrinelli) è a sua volta un libro appassionato ed elegante, lucido anche nelle sue □stute reticenze verso le frange radicali, visto che egli rimane un liberale di stampo britannico, e comunque a sua volta un maitre-àpenser. Nyerere, chiamato in swahili «Mwalimu», il maestro, e grazie al quale la Tanzania ha raggiunto uno dei livelli più alti di alfabetizzazione in Africa, anch'egli, negli ultimi anni, lasciato politicamente ai margini, era un intellettuale di considerevole originalità e finezza. Nel tempo libero trovò il modo, oltre che di scrivere di politica e di memorialistica, di occuparsi di Shakespeare, e tradusse in swahili, divenuto lingua nazionale della Tanzania, il Giulio Cesare Uuliai Kaizari) e 11 mercante di Venezia (Mabepari wa Venisi), con rigorose introduzioni e commenti. Purtroppo, questa grande stagione volge al termine. Se l'intellettualità africana (Soyinka) continua a occuparsi di politica, la classe politica, nelle sue varie sfaccettature, sembra aver perso la disponibilità, la vocazione all'esercizio e alla pratica schiettamente intellettuale. Ma in Occidente non è molto diverso: dove sono i Churchill e i De Gaulle? I politici scrivono libri all'impronta o se li fanno scrivere. Nyerere si intrattiene con il pubblico al termine di una conferenza panafricana delle donne negli Anni 70
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