«Sorella Mega» numero 2 dell' Indonesia di Giuseppe Zaccaria

«Sorella Mega» numero 2 dell' Indonesia Una notte di terrore a Bali, l'isola dei turisti: migliaia di dimostranti incendiano e saccheggiano «Sorella Mega» numero 2 dell' Indonesia La figlia di Sukarno vicepresidente Giuseppe Zaccaria inviato a GIAKARTA «O Mega o rivoluzione», gridavano l'altra sera decine di migliaia di dimostranti in tutte le città d'Indonesia. Stasera, quella stessa gente organizza cortei di auto e festeggia: la donna-sirnbolo dei laicismo e dell'orgoglio nazionalista di questo Paese, sconfitta nella corsa alla Presidenza, è stata appena nominata vicepresidente e teorico successore di Abduramman Wahid, potente ma molto ammalato. Nel secondo giorno di votazioni aU'Assemblea dei Consigli del popolo, i candidati si sono ritirati uno dopo l'altro. Prima il generale Wiranto «nell'interesse del Paese e dell'ordine pubblico», poi l'ex capo del Golkar, il partito di governo, Akbar Tandjung. La figlia del fondatore dell'Indonesia moderna ha battuto senza patemi (396 voti contro 284) un concorrente di facciata, Hamzah Maz, del Partito islamico dello Sviluppo. Adesso si dice pronta a impegnare tutta sé stessa «nella pacificazione e nello sviluppo del Paese». Le prime elezioni democratiche in oltre 45 anni hanno messo alla guida dell'Indonesia una coppia perfettamente bilanciata. Alla nomina hanno collaborato in molti: lo stesso Golkar, il partito della Megawati, i militari inseriti di diritto nel Parlamento, gli islamici moderati. Tutto per risolvere un'emergenza e accingersi ad affrontarne un'altra. La prima, quella dell'ordine pubblico, sembra già in parte disinnescata. L'altra notte, dopo la nomina a Presidente dell'islamico «Gus Dur», i sostenitori di «Mega» si erano scatenati a Giakarta, nell'isola di Giava ma soprattutto a Bali. Il paradiso dei turisti ha vissuto una notte terribile, con migliaia di persone nelle strade della capitale Denpasar, edifici del governo e case di funzionari incendiate. Lo stesso è accaduto nell'isola di Giava, a Solo e Medan, e a Sulawesi. Qui a protestare erano i sostenitori di Habibie, il presidente deposto. A Jiungpa- dang, luogo d'origine dell'ex delfino di Suharto, centinaia di dimostranti hanno gridato al tradimento e all'indipendenza. Non tutte le tensioni sono placate, certo: dal resto dell'arcipelago, anzi, si odono voci di protesta per il fatto che Wahid e Megawati siano nati entrambi nell'isola di Giava (che peraltro, con 120 milioni di abitanti, è la più popolosa). A simili strappi però un Paese come l'Indonesia è abituato a far fronte da sempre. Piuttosto, le prime reazioni alla nomina di «Mega» sono più che positive e danno adito a qualche speranza rispetto al secondo problema, in ordine d'urgenza: quello della rinnascita economica. Il mercato borsistico in questi giorni è chiuso, ma quello delle valute ha fatto segnare un'immediata ripresa della rupia, già in grave crisi dopo la nomina di «Gus Dur». Il chierico e la laica, il politico e la donna-simbolo, l'accorto mediatore e l'incarnazione dell'orgoglio indonesiano possono costituire una coppia eccellente (sicuramemte, la migliore possibile) che sembra dividersi naturalmente influenze e compiti. Il presidente Wahid è il leader di una base sterminata; Megawati Sukarnoputri la donna che rappresenta 1'«élite» non economica ma intellettuale. Il primo è stato eletto dal Parlamento, come peraltro vuole la Costituzione, la seconda è espressione del popolo, o almeno di quei ceti urbani che il 7 giugno l'avevano portata a vincere le elezioni politiche. Il presidente islamico incarna le speranze di milioni di diseredati, la vicepresidente laica la fiducia degli investitori stranieri. Entrambi mostrano di convergere su scelte importanti: un nazionalismo orgoglioso, un'idea riformi sta che in «Mega» è accentuata e in «Gus Dur» più mediatoria, una lotta dura alla corruzione, l'impegno a trascinare l'Indonesia fuori dal dramma economico prima che il Paese perda altri pezzi. L'uno chiama l'altra «sorella», cniasi a sottolineare una unità d'intenti che neanche la frantumazione del Parlamento riuscirà a incrinare. L'altra ringrazia e si allinea, riconoscendo una «naivité» politica che l'esperienza del saggio «Gus Dur» riuscirà a mitigare. L'entusiasmo con cui l'Indonesia sta celebrando la nascita della coppia, i commenti soddisfatti che giungono dagli Stati Uniti come dall'Australia sembrano dimostrare che del primo esperimento di democrazia il Parlamento indonesiano abbia fatto buon uso. Resta sullo sfondo la grande incognita dei militari. Wiranto, capo assoluto delle forze armate, ancora una volta ha compiuto il «beau geste» scegliendo di collocarsi nel ruolo di osservatore e garante. Ma una democrazia che voglia davvero articolarsi come tale dovrà anche sbarazzarsi della opprimente tutela dei militari. L'esercito indonesiano negli ultimi 45 anni ha svolto un ruolo decisivo negli equilibri del Paese e ancora continua a farlo, sia pure attraverso la figura di un generale e ministro che ostenta rispetto per le istituzioni. In Parlamento, gli osservatori più acuti già immaginano per i prossimi mesi un disegno di riforma dell'armata che potrebbe scatenare reazioni pericolose. Assieme alla pacificazione e alla ripresa economica, è questa forse la sfida più ardua che «Gus Dur» e la «sorella Mega» si apprestano ad affrontare. II nuovo capo dello Stato, l'islamico moderato Wahid sarà affiancato dalla leader laica della opposizione, che ha vinto le elezioni parlamentari di giugno Incendi nel capoluogo dell'isola di Bali, Denpasar, dove sostenitori di Megawati Sukarnoputri (nella foto piccola) hanno manifestato la loro rabbia per tutta la notte, prima dell'elezione della loro leader alla vicepresidenza dell'Indonesia Ieri è tornata la calma