Veltroni: un orrore il partito unico

Veltroni: un orrore il partito unico Dopo lo «strappo» sull'incompatibilità tra comunismo e libertà: «Ho sempre considerato i sovietici come degli avversari» Veltroni: un orrore il partito unico «Mai creduto nella dittatura delproletariato» ROMA «La dittatura del proletariato? Io non ci ho mai creduto...». Dopo lo "strappo" di qualche giorno fa, il segretario della Quercia, Walter Veltroni, torna a parlari; della sinistra italiana e dei rapporti fra Pei e Ds. Lo fa in un'intervista all'Espresso, in edicola oggi, nella (piale riaffronta la questione deH'«incompatibilità tra comunismo e libertà», che tanto clamore ha suscitato, soprattutto nel mondo del la sinistra. Sull'Espresso, però, Veltroni parla anche dell'Ulivo e delle ultime vicende politiche che investono il Paese. E, fra l'altro, denuncia «l'errore del '96», commesso cpiando il leader delle Botteghe Oscure era Massimo D'Alema: «Se devo guardare indietro, osservo che l'errore vero fu compiuto nel maggio 1996. Dovevamo (lire agli italiani: abbiamo portato il Paese in Europa, abbiamo raggiunto questo grande traguardo. Ma, adesso, per andare avanti dobbiamo dare all'Ulivo una forza ancora maggiore». Dovevate andare alle elezioni?, ò stato chiesto a questo punto al segretario della Quercia. «Sì, dovevamo andare alle elezioni. Allora il Polo era in ginocchio». Chi si oppose? «Tutti i parliti, compreso il mio», è stata la risposta. Poi Walter Veltroni racconta la storia della sua appartenenza al Pei e spiega: «Il Pei della metà degli Anni Settanta era un partito nel quale si poteva stare senza essere comunisti. Era un partito del 35 per cento dei voti, che aveva dentro di sé - questa se vuole ò stata la grandezza di Berlinguer - le condizioni per le (piali il Pei potesse finire». Alla domanda "si stava nel Pei per distruggere il Pei?" Veltroni replica: «Sto cercando di spiegare che Berlinguer aveva costruito un partito che aveva tra gli iscritti, tra gli elettori e anche nel gruppo dirigente, persone che votavano per quel partito, ma per una serie di motivi molto lontana da un'appartenenza ideologica». Era il suo caso? «Certo. Io non vengo da una famiglia comunista, lo ven- go da una famiglia democratica, antifascista. Sono entrato nel Pei, anzi nella Fgci, per due motivi. Primo, perché c'era Berlinguer che strappava con l'Unione Sovietica. La seconda motivazione è la questione morale. Sarà stata anche un'identità sbagliata perché manichea, ma l'idea del Paese pulito nel Paese sporco era qualcosa che ha spinto milioni di persone a votare Pei. I funerali di Berlinguer sono stati la più grande manifestazione di popolo mai avvenuta in Italia. E non erano certo sostenitori della dittatura del proletariato». E' a questo punto dell'intervista che si parla della "dittatura del proletariato". Domanda: davvero non ci ha mai creduto? Risponde il segretario ds: 'Non è una turbata, è la verità. Nella scelta tra Stati Uniti e Unione Sovietica non ho avuto mai dubbi. Anzi, ho sempre pensato che i sovietici fossero gli avver¬ sari. Alle nazionalizzazioni non ci ho mai creduto. Il partito unico mi ha fatto sempre orrore. E come a me alla stragrande maggioranza degli elettori e di militanti nel Pei di Berlinguer». Ancora guardandosi indietro, il leader ds racconta: «Qualcuno in questi giorni ha scritto: Veltroni fa il revisionista, ma nel '73 andò al Festival mondiale della gioventù di Berlino. E' vero, avevo IH anni e con una compagnia molto variopinta, c'erano Marco Magnani, Ferdi nando Adornato, Fabrizio Barca, andai a Berlino. Ma io da allora non ho più messo piede in un Paese socialista. E la prima volta che ho messo piede a Mosca, nel '90, è stato per tenere, invitato dal partito di Gorbaciov, una relazione sul concetto di democrazia. Ricordo, ci fu uno scontro violentissimo con i sovietici; e quello che con me si mostrò più duro poi fu tra quelli arrestati per il golpe del '91». Di nuovo, poi, il segretario della Quercia ha ripetuto ciò che ha sostenuto nei giorni scorsi sulla Stampa, a proposito del Partito comunista italiano «Il Pei è stato, insieme, grandez za e tragedia. Grandezza perché quella del movimento operaio italiano è una storia di gente che è morta per ridare la libertà al Paese, è una storia di sacrifici, è una storia di schieramento dalla parte di quelli che aveva no di meno, è una storia di grandi battaglie di democrazia Ma è stata anche una storia di terribili tragedie». Il segretario ds sull'Espresso «Dopo l'ingresso nell'euro si doveva andare a votare Commettemmo un errore perché allora tutti i partiti preferirono tirarsi indietro» WBDBmmm* Walter Veltroni segretario dei Democratici di sinistra

Luoghi citati: Berlino, Europa, Italia, Mosca, Roma, Stati Uniti, Unione Sovietica