Calderón, una pistola per Gesù di Osvaldo Guerrieri

Calderón, una pistola per Gesù Tradotta per la prima volta una sorprendente pièce religiosa del grande commediografo Calderón, una pistola per Gesù ÌAntidoto per ilfrutto proibito Osvaldo Guerrieri ON un colpo di pistola Gesù coniincia a salvare l'umanità peccatrice. Se fosse invenzione di uno scrittore inutilmente bizzarro, potremmo anche aggrottare un sopracciglio. Ma siamo costretti a spianare la fronte quando scopriamo che la situazione è raccontata dal cattolicissimo Fedro Calderón de la Barca. La troviamo in II veleno e l'antidoto, un auto sacramentai che appare per la prima volta in Italia, a cura di Cesare Greppi, presso l'editrice SE: un'opera per più aspetti sorprendente, ma sulla quale non sappiamo molto. Per esempio non sappiamo quando sia stata composta. Greppi ipotizza gli anni intorno al 1630, il periodo cioè dei grandi autos sacramentales e soprattutto di La vita è sogno. All'epoca, dunque, Calderón sarebbe stato poco più che trentenne e, con le sue fioriture barocche, le fiammate poetiche, la sontuosità immaginativa, avrebbe compiuto un sensibile allontanamento dal modello intoccabile di Góngora, pur rimanendo fedele ai suoi meccanismi drammatici. Primo fra tutti, il principio che l'auto sacramentai, magari in forma stilizzata, dovesse essere destinato alla comunicazione, al colloquio con il pubblico. Calderón lo rispetta come un dogma, ma vi innesta molti elementi di novità. Il più vistoso è fornito dalla presenza di tirate liriche o morali prive di relazione con la materia trattata. Ma la sostanza resta inalterata: teatrale, divulgativa, pedagogica, "gongoriana". L'auto sacramentai è una forma di teatro religioso concepita per la rappresentazione sui sagrati durante le feste del Corpus Domini. Aveva un valore edificante, doveva mostrare al popolo, in Una storialla Genesil diavolo indi un'I a ispirata i, in scena nnamorato nfanta forma fiabesca o mitica, i racconti del Vecchio e del Nuovo Testamento. Per II veleno e l'antidoto Calderón s'ispirò alla Genesi e alle immagini neotestamentarie del traghettatore d'anime. Portò in scena un'Infanta destinata a ereditare il Regno. La giovane vive serena in un mondo lucente, accudita dall'amica Innocenza. Ma di lei s'innamora Lucifero, che la lusinga e la induce a cibarsi del frutto proibito. Nel cuore dell'Infanta scende il veleno. La malattia la intristisce, il male la rende irriconoscibile e, insieme, mette disordine nel mondo e nel tempo: gli animali diventano ostili, i fiorì si fanno opachi, le stagioni smarriscono il ritmo. Tutto sembrerebbe correre verso la Morte, se dal mare non giungesse un pellegrino con fama di medico (Cristo). Sbarcato dalla nave, il giovane offre all'ammalata l'unico antidoto capace di neutralizzare il veleno, un rimedio che ha la stessa radice del male: l'altiero (della vita) annulla l'albero (della tentazione), il boccone (dell'ostia) cancella il boccone (della mela). Lucifero è battuto, lasciato alla propria solitaria miseria dopo che il medico avrà portato via con sé, sulla propria nave (la Chiesa), l'Infanta e la sua devota corte. Questa la vicenda per sommi capi. Ma, al di là del «plot», al di là delle obbligate simbologie e dei travestimenti allegorici, il fascino innegabile di II veleno e l'antidoto risiede da tutt'altra parte, nel criterio e nei risultati compositivi. Lo scrittore ci mette dinanzi a un teatro di rapporti, fa convivere realismo e trascendenza, intreccia la poesia alta delle metafore alla poesia dello spettacolo, che noi oggi definiremmo «popolare», ma che per Calderón, secondo la formula di Lope de Vega, può essere soltanto «cluni y fàcil». Una storia ispirata alla Genesi, in scena il diavolo innamorato di un'Infanta La acciaia di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre dipinta da Michelangelo Sotto Fedro Calderón de la Barca

Persone citate: Barca, Cesare Greppi, Gesù, Greppi, Michelangelo Sotto Fedro, Vega

Luoghi citati: Italia