Un leader islamico per l'lndonesia

Un leader islamico per l'lndonesia LA PRIMA ELEZIONE DEMOCRATICA DEI CAPO DELIO STATO Un leader islamico per l'lndonesia Wahidpresidente, tra scontri e bombe nelle piazze reportage inviato a GIAKARTA IL presidente dell'Indonesia, il quarto Paese del mondo quanto a popolazione, da ieri è il leader del più numeroso movimento musulmano del pianeta. Abdullahman Wahid, 59 anni, ammalato e semicieco ma guida spirituale di quasi 40 milioni di elettori, ha battuto alla prima votazione Megawati Sukarnoputri, figlia del fondatore dell'Indonesia moderna, e adesso si appresta a domare un arcipelago squassato dai moti di piazza, insidiato dagli indipendentismi, devastato dalla crisi economica. Lo farà con polso fermo, sembra di capire. Alla firma dell'investitura il primo presidente democratico d'Indonesia è stato accompagnato da un ufficiale che ha guidato la sua mano e la sua penna fino alla pergamena. Al microfono attraverso cui si apprestava a parlare alla nazione è giunto sorretto da quattro fedelissimi. Ma a tanta fragilità nel fisico (è questa la grande incognita per il futuro) corrisponde una volontà che s'intuisce ferrea. Fin dal primo discorso il presidente Wahid (dai suoi sostenitori detto «Gus Dur», cioè «maestro del popolo») ha lasciato intendere con quale religioso senso della missione intenda guidare il Paese. Tolleranza sul piano dei diritti civili ma inflessibilità verso chi può minare «l'integrità della nazione». Soprattutto, una sorta di nuovo orgoglio nazionale nei confronti «dell'atteggiamento inaccettabile di quei Paesi che pretendono di giudicare l'Indonesia». Le prorità che si trova ad affrontare sono, per sua stessa ammissione, la riscossa economica dell'arcipelago e l'ordine pubblico, che in queste ore fa vivere a Giakarta e nelle principali città dell'arcipelago un clima da rivoluzione permanente. Ieri mattina, mentre all'Assemblea dei Consigli del Popolo si svolgeva l'elezione del Presidente, Giakarta viveva un incrocio di proteste e manifestazioni che raramente s'era miscelato in misure così esplosive. La situazione, a mezzogiorno, era più o meno la seguente: alla Borsa della capitale manifestazione di cento operatori contro la politica economica di Habibie, il presidente uscente. In piazza Indonesia, 5000 sostenitori di «Gus Dur» manifestavano per un presidente islamico, mentre una bomba nascosta in un cestino di fiori esplodeva uccidendo una persona e ferendone sette. Nel quartiere di Kamajoran, sette-ottomila sostenitori della Megawati (che negli slogan diventa «Mega») gridavano «Mega presidente oppure rivoluzione». Anche contro di loro è stata fatta esplodere una bomba nascosta in un'auto, con tre morti e altri feriti. Sull'autostrada urbana che avvolge il centro manifestavano tre diversi gruppi di studen- ti, e intanto un piccolo corteo del Coordinamento islamico chiedeva alla polizia di bloccare tutti gli altri cortei. Poco più tardi, a nomina avvenuta, cinquemila fan della figlia di Snidiamo hanno tentato di dirigersi verso il Parlamento, la polizia li ha bloccati, gli scontri a colpi di molotov, sassi, lacrimoge¬ ni e pallottole di gomma hanno infuriato per ore. Il bilancio provvisorio è di una settantina di feriti. Cortei e scontri vengono segnalati nelle maggiori città dell'arcipelago: a Sulawesi ieri in piazza c'erano 30mila persone che protestavano per l'estromissione di Habibie., Il ministero dell'Interno annuncia un decreto che vieterà qualsiasi manifestazione pubblica. Questa è l'Indonesia che Wahid eredita. Un luogo in cui soltanto ieri sul mercato dei cambi la rupia (in rialzo nell'attesa di una presidenza Sukarnoputri) ha vissuto un tonfo, passando in poche ore da un rialzo dei dodici per cento a un segno negativo. Dove la cniasi totalità delle imprese quotate in Borsa va considerata tecnicamente in bancarotta. Dove almeno due gruppi indipendentisti imbracciano le armi ad Ace, Nord Sumatra, e Iran Jaya, nella metà occidentale di Papua. Dove l'amputazione di Timor Est viene vissuta a Timor Ovest come l'inizio di una lunga guerri- glia per la riappropriazione. In un arcipelago di 17.508 isole, a non combattere o protestare per o contro qualcuno som- bra essere rimasto al massimo qualche atollo. Il presidente «Gus Dur» adesso abbraccia pubblicamente la Megawati, la ringrazia per la lealtà, la definisce «Mbak», che significa sorella, chiama tutti alla pacificazione e dice che con l'ex rivale è pronto «a scendere per le strade per fermare le rivolte». Il suo messaggio al Paese si è aperto però col rituale ringraziamento ad Allah e l'invocazione all'Altissimo perchè illumini i passi del suo umile servitore. Fino a ieri Abdurrahmman Wahid era considerato un islamico moderato, forse un po' troppo ascetico per impegnarsi in politica. Su quest'ultimo pregiudizio deve aver puntato il «Golkar», partito di Habibie, che dopo il ritiro del suo candidato ha deciso di appoggiare lo studioso islamico pur di non aprire la strada alla laica Megawati. Wahid è laureato in dottrina islamica all'Università Al-Ahzar del Cairo, specializzato in un istituto musulmano di Toronto, fino a ieri non ha mai abusato dell'enorme forza elettorale del suo partito. Gli si conoscono poche passioni al di fuori dell'impegno religioso: amala musica classica ma anche Michael Jackson, segue il calcio (soprattutto quello italiano), ha quattro figlie e nessuna tendenza verso quella selvaggia politica di appropriazione che ha segnato i suoi tie predecessori. Nello stesso tempo, però, ha subito già duo infarti e soffre di un glaucoma che nonostante numerosi interventi l'ha ridotto itila quasi cecità. Uno spirito d'acciaio in un corpo fragile: sarà questo, probabilmente, il segno dell'incertezza che è destinato a gravare a lungo sulla politica indonesiana. La Costituzione di questo Paese prevede che in caso ih impedimento del Presidente a subentrargli sia il vice. La scelta dev'essere compiuta dopodomani, e fra i teorici candidati c'è sempre il generali! Wiranto, l'uomo forte. Qualcuno già avverte che unti sua nomina «deprimerebbe ulteriormente i mercati borsi siici di tutta l'Asia». Cinquantanove anni malato e quasi cieco guida un partito moderato con 40 milioni di aderenti Abbraccia Megawati la rivale laica sconfìtta, figlia di Sukarno, e la chiama «Mbak», sorella UN GIGANTI DAI PIEDI D'ARCHI • Padang-* ingapore GIACARTA FILIPPINE BRUNEI Bandu •Bi GEOGRAFÌA: 17.509ìsoleì*V^ di cui solo 6 mila abitate POPOLAZIONE: 210 milioni (quarto Paese più popoloso J~, del mondo) divisi in 300 etnie Kupang RELIGIONE: musulmani (90%), cristiani, buddisti e hindu ( 10%). INDIPENDENZA: nel 1945. dopo 350 anni di dominio coloniale olandese. L'ERA SUKARN0: le elezioni del 1955 furono seguite da grave instabilità e il presidente Stiamo assunse il potere assoluto, che tenne per 11 anni L'ERA SUDARIO: Nel 1965 a generale Suhatto soffocò, per conto di Sukarno, un presunto tentativo di colpo di stato comunista. Balikpapan Dinanzi ai violenti disordini -„..<:i|airi contro Sukarno, l'anno dopo Suharto assunse il potere, -ssa* governando con pugno di ferro per altri 32 anni. E' stato costretto alle dimissioni nel maggio 1998 dalle proteste popolari. Gli è succeduto, fino a ieri, Habibie ECONOMIA: Primo esportatore mondiale di gas naturale. Debito estero: 170 miliardi di dollari. Feriti e soccorritori coperti di sangue tra i rottami dell'auto-bomba esplosa a Giakarta dopo l'annuncio dell'elezione di Wahid alla Presidenza