Caso Calabresi, imputati faccia a faccia
Caso Calabresi, imputati faccia a faccia Venezia, parte il procedimento di revisione. E anche il pentito-testimone adesso è sotto accusa Caso Calabresi, imputati faccia a faccia Prima udienza con Marino e Sofri per il nuovo processo Fabio Potetti invialo a VENEZIA Neanche uno sguardo, nemmeno un saluto tra i banchi, in quest'aula bunker che attraversa dieci anni di processi per la morte del commissario Calabresi. Da una parte ci sono Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi che circondano uno dei loro avvocati, Alessandro Gamberini, qui con una certezza sola: «Proveremo che quel 17 maggio del '72, Leonardo Marino non era nemmeno in via Cherubini». L'avvocato della famiglia Calabresi, Luigi Ligotti, dall'altra parte dell'aula promette battaglia: «1* prove di cui si parlerà in questo processo, non potranno far altro che rafforzare l'accusa». Mentre Gianfranco Maris, a fianco di Leonardo Marino seduto in prima fila, scuole la testa davanti a questi otto processi mai arrivati alla parole fine: «Qui, rischiano soltanto la giustizia e il buon senso». li allora si ricomincia, per un processo che tutti vorrebbero solo tecnico, per valutare quei pochi elementi alla base della richiesta di revisione presentata dagli ex dirigenti di Lotta continua. Si ricomincia con Leonardo Marino che sarà nuovamente sentito, non come testimone di un reato confessato e per questo da tempo prescritto, ma nella veste di imputato di reato connesso. «Perché sono da tutelare due interessi: quello di. accertare la verità sostanziale c per evitare contraddizioni», decide la corte presieduta da Silvio Giorgio, per evitare che si possano avere imputati assolti, quelli che han¬ no presentato revisione, e solo lui prosciolto, por via della prescrizione. Appena un cavillo, su cui si era battuto uno dei legali dell'ex militante di Le che con la sua confessione dieci anni fa ha riaperto il caso. «Non cambia nulla, Marino avrebbe sicuramente risposto alle domande», assicura Gianfranco Maris, che nel suo intervento aveva ricordato che «Marino ha commesso il delitto, un delitto che non ha avuto alcuna giustificazione storica. Un delitto che devasta la sua coscienza e non bastano tutte le ave marie di questo mondo...». «Sono improbabili i riferimenti al tormento di coscienza di Marino...», ribatte l'avvocato Gamberini, disposto a tutto pur di ribaltare quelle condanne a ventidue anni di carcere che avevano aperto le porte del carcere di Pisa agli ex dirigenti di Lotta continua. Anche a costo di aggrapparsi alle rivelazioni dell'autore di un'informativa, che già nel '73, un anno dopo l'omicidio, parlò delle indagini del commissario Calabresi su un traffico di armi. «E' un problema che pongo alla corte, non dico che ci sia la prova di un'altra verità ma quella vicenda è verosimile...», giustifica l'avvocato Gamberini. «E' una pista vecchia, si sapeva già», ribatte l'avvocato Ligotti per la famiglia del commissario. E anche su questo punto, si riapre lo scontro su cosa sia veramente nuovo e cosa sia già passato sotto la lente dei giudici in questi anni. Quanto contano le nuove ricostruzioni dell'incidente della Fiat 125 usala dagli assassini, prima dell'omicidio? Quanto contano, le rivelazioni di Luciano Gnappi, che solo due anni fa si è ricordato di quei poliziotti che pochi giorni dopo la sua testimonianza sui due colpi di pistola sparati in via Cherubini, gli mostrarono la foto di un presunto killer e non era Bompressi? E il consiglio chiesto da Marino all'avvocato Arnioni di Torino nel- l'80, sui benefici di legge ai pentiti? «In questo processo non ci sono prove nuove», taglia corto Giampaolo Schiesaro, avvocato dello Stato. «Le sentenze passate in giudicato, non bastano più, adesso tutti vogliono la revisione dei processi», dice un altro legale, Odoardo Ascari, anche lui parte civile per la famiglia Calabresi. Toccherà alla corte, decidere. Dopo che nell'udienza di domani, la difesa di Adriano Sofri e degli altri imputati ricostruirà tutte le prove da analizzare, alla base della richiesta di revisione. «Una revisione che pone problemi giuridici mai affrontati dal codice, anche se non siamo al travolgimento totale di un processo, come se non fosse mai sorto», ammette Antonio De Nicolo, il giudice a latere che in due ore e mezza ripercorre dieci anni di sentenze. Anche se poi è costretto a giustificarsi: «E' molto difficile ricostruire una vicenda avvenuta ventisette anni fa».
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