Ciampi: l'Italia avanti a piccoli passi

Ciampi: l'Italia avanti a piccoli passi IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DA OGGI IN VISITA IN FRANCIA «SONO FIDUCIOSO PER LE RIFORME DA FARE NEL MÌO PAESE» Ciampi: l'Italia avanti a piccoli passi «Ma oggi è l'Europa ad essere in ritardo sugli Stati Uniti» intervista Daniel Vernet Michel Sole-Richard SIGNOR presidente, l'Italia ha compiuto sforzi sufficienti per riformare il suo sistema economico e sociale al fine di mantenere il suo posto in Europa? «Il grande sforzo che ha fatto l'Italia è quello che ho chiamato la cultura della stabilità. Il Paese che era conosciuto per l'inflazione e la scala mobile è completamente cambiato. E' un fatto acquisito. Oggi, tutte le forze economiche e sociali hanno fatto la scelta della stabilità monetaria. Il secondo punto riguarda le finanze. Nel 1997, ci si diceva che se avessimo realizzato il miracolo di ridurre in un anno il deficit dal 7 al 3% del Pib, non sarebbe stato possibile che grazie ad artifici. Tutte le istituzioni internazionali prevedevano il conseguimento di tale obiettivo per il Duemila o il 2001. Ebbene, oggi si discute di decimali: intorno al 2% per quest'anno e all'1,5 o all' 1 % l'anno prossimo. Il che dimostra la serietà dei cambiamenti intrapresi. Nondimeno, la stabilità deve essere consolidata. Come in tutti i Paesi. Nel contempo, sono stati compiuti dei progressi nel campo della stabilità politica. Il governo Prodi è durato due anni e mezzo. La medesima maggioranza prosegue oggi nella stessa direzione. E se la Bicamerale non ò sfortunatamente riuscita a ultimare i suoi lavori sulle riforme istituzionali, speriamo di portare a termine le correzioni che garantiranno migliore stabilità governativa. E' stato già fatto a livello comunale, le Regioni si adegueranno con l'elezione diretta dei Presidenti. Infine, ho la fondata speranza che la riforma elettorale premetterà, nello scrutinio nazionale del 2001, di favorire una migliore stabilità'del governò centrale». Lei sembra più favorevole a modificazioni progressive che a una grande riforma istituzionale? «Sono favorevole alle cose che possono venire realizzate oggi. E, attualmente, non è possibile fare una grande riforma costituzionale. Preferisco essere concreto e poter contare fin d'ora su questi miglioramenti, vale a dire progressi per la stabilità governativa. Nutro fiducia, perché la necessità della stabilità è largamente avvertita dalla popolazione italiana. I partiti politici lo sanno e non possono non tenerne conto. Oltretutto, è attualmente in corso la discussione dinnanzi al Parlamento di una legge sul federalismo legata a una migliore stabilità regionale. L'elezione diretta dei sindaci ha apportato una migliore stabilità della gestio- ne comunale. E' un esempio che bisogna seguire. L'Italia ha fatto progressi che non sono di modesta portata. Delle riforme molto importanti (fiscali, scolastiche, sanitarie, commerciali e nella pubblica amministrazione) sono già state approvate. Ormai bisogna applicarle. Altre sono in coreo. Altro esempio: l'Italia ha proceduto ad un'ampia privatizzazione. Lo Stato si è ritirato dalle imprese. Nessun Paese dell'Europa continentale ha privatizzato quanto il nostro. L'Iri ha già venduto la maggior parte delle sue partecipazioni, in particolare nel settore bancario, manifatturiero e dei servizi». Che ne è della transizione verso la «seconda Repubblica?» «E' già la seconda Repubblica. Non è necessario fare dei proclami. Dal 1990 a oggi, l'Italia è profondamente cambiata, economicamente, politicamente e nelle sue istituzioni. In compenso, per quanto riguarda la competitività, l'Italia ma anche l'Europa è in ritardo sugli Stati Uniti. E' evidente. Dobbiamo affrontare insieme questo problema. La ricerca e la formazione pennanenie sono cose importanti. Occorre innovare nei due settori della produzione, nel capitale attraverso nuovi investimenti e nel lavoro migliorando la fonnazione. E' questa la ricetta». Alla vigilia della Sua visita a Parigi, come definirebbe le relazioni con la Francia? «In base alla mia esperienza, si tratta eh relazioni mollo amichevoli, e aggiungerei costruttive e concrete. Quale ministro del Tesoro, ho avuto rapporti positivi con i due governi con i quali sono stato in contatto dal 1996 al 1999. Non posso dimenticare l'eccellente collaborazione con Jean Arthuis e in seguito con Dominique StraussKahn. Un'intesa completa proprio quando l'Italia aveva deciso di accelerare gli sforzi per partecipare dall'inizio all'euro. Eravamo d'accordo per una zona euro ampia e non una moneta unica limitata a qualche nazione, salvo lasciare in seguito la possibilità ad altri Paesi di entrare nell'euro. Questa scelta, importante per l'intera Europa, costituisce un fatto storico fondamentale. E su questo punto, c'è stato un accordo completo con la Francia. Peraltro, nel novembre '96, (mando l'Italia ha deciso di rientrare nello Sme, la Francia ci ha attivamente sostenuti nella ricerca di un accordo sul tasso di cambio che l'Italia proponeva. Tutto ciò è stato importante non solo per l'Italia ma per l'Europa intera. Come sarebbe oggi- l'Europa se avessimo cominciato con una minuscola zona euro? Sarebbe stato un errore politico. Su questa base, i rapporti fra Parigi e Roma possono e debbono divenire piti intensi. 1" questa la prospettiva che ho in mente». Lei torna da Israele. E' fiducioso sul processo di pace? «Ho sottolinealo nel coreo del mio viaggio in Israele e in Palestina che l'Unione esisteva e che bisognava accordarle fiducia, che era pronta al dialogo e che poteva contribuire alia stabilità e al benessere di tutte le popolazioni che si affacciano sul bacino mediterraneo, E' chiaro che la pace tra Israele e la Palestina produna dividendi ben al di là di questa regione, nel quadro della collaborazione euro-mediterranea. Laggiù ho detto che l'Europa è già un interlocutore credibile, ma ciò suppone che Israeliani e Palestine¬ si siano capaci d'instaurare la pace. Sono sempre stato convinto che il problema principale del prossimo secolo sarà costituito dai rapporti Nord-Sud. La sfida sarà il dialogo tra l'Europa, la civiltà europea, il Medio Oriente e l'Africa. Non è facile, poiché le popolazioni sono vincolate a realtà assai diverse: demografiche, economiche, culturali e religiose». Sembra più difficile fare sacrifici di sovranità nell'ambito della diplomazia o della Difesa che per la moneta? «Se questa domanda fosse stata posta 15 anni fa, avremmo detto che l'adozione della moneta unica non poteva che arrivare per ultima, poiché la moneta per certi Paesi era un porta-bandiera fondamentale. E' stato dunque un miracolo giungerci in prima battuta. E visto ciò che è successo con la moneta, ormai può accadere di tutto nel campo dell'integrazione europea. Il prossimo obiettivo è la politica estera e la sicurezza comune. E' un'esigenza importante, perché c'è bisogno della pace in Europa. Le decisioni del Consiglio europeo di Colonia e la nomina di Solana come "signor Pese" indicano progressi verso una più forte identità europea in questo ambilo. Sono fiducioso, ed entusiasta malgrado gli anni perché ci credo. Pascal diceva: "Siamo nani, piccini rispetto ai giganti del passato ma vediamo più lontano di loro perché stiamo sulle loro spalle". Oggi, per affrontare i problemi dell'Europa, stiamo sulle spalle d'una costruzione che si chiama euro». L'obiettivo ufficiale degli occidentali era di mantenere un Kosovo autonomo in seno alla Federazione jugoslava. Adesso si ha l'impressione che ci si diriga verso l'indipendenza. Che ne pensa? «E' una questione politica precisa su cui il Capo dello Stato non ha una competenza particolare in Italia, contrariamente a quanto succede in Francia. Ma vomii fare due osservazioni. Quanto è accaduto nei Balcani ha dimostrato l'importanza dell'Europa ma egualmente la sua insufficienza. Un'Europa che fosse stata in fase d'unione più avanzata avrebbe pennesso con il suo prestigio d'evitare ciò che è accaduto. E' tuttavia sicuro che l'esistenza dell'Europa ha permesso, con l'aiuto degli Stati Uniti, d'impedire che il conflitto degenerasse. Siamo dunque particolarmente interessati al successo del patto di stabilita per i Balcani. Inoltre, sono stato sempre personalmente contrario agli Stati monoetnici. Non possiamo accettare che in Europa ogni etnia organizzi il suo Stato indi pendente. Ridefinire gli Stati secondo tali criteri è contrario alla storia, per non dire insensato». Copyright Le Monde-La Stampa fi ^Attualmente non è possibile fare una grande riforma costituzionale Preferisco essere concreto e contare fin da adesso sui miglioramenti necessari al sistema Nutro fiducia perché queste necessità sono largamente avvertite dalla popolazione italiana, e i partiti lo sanno ij ij fi ^Nessuna nazione in Europa ha privatizzato quanto noi Lo Stato si è davvero ritirato dalle imprese Siamo già nella Seconda Repubblica e ora ci aspetta il compito più importante: innovare nei settori della produzione e del lavoro ■i| fifi//7 rossimi obbiettivi? Una politica estera e la sicurezza comuni. La nomina di Solana a "signor Pese" indica progressi verso una forte identità europea y sj Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: da oggi sarà in visita in Francia A sinistra Javier Solana, mister "Pese" Qui sotto Jacques Chirac, presidente della Repubblica francese

Persone citate: Carlo Azeglio Ciampi, Ciampi, Daniel Vernet Michel, Dominique Strausskahn, Jacques Chirac, Javier Solana, Jean Arthuis, Palestine, Solana