Sandalo: non ero io, forse un sosia
Sandalo: non ero io, forse un sosia ^TERRORISTADI PRIMAUNEAORAFAU? Sandalo: non ero io, forse un sosia «La Lega non c'entra niente con la mia vita» intervista Vincenzo Tossandori UNQUE, Roberto Sandalo, la Lega ha preso le distanze e l'ha cacciata dalle Guardie Padane? «Guardi che io non ho mai fatto parte della Lega». Ma se l'hanno vista anche in tv, a Crissolo, quel giorno dedicato al dio Po. Eppoi, a qualcuno ha pure spiegato: Con loro perché lì c'è il popolo, l'anima del popolo". «Non ero io. Un sosia, forse. Di tanto in tanto mi vedo in una faccia che mi ussomiglia. Il Monviso, poi... Non ci sono mai stato: mi piacerebbe, ma è una cima impegnativa. No, è un altro bel Polo che arriva da lontano». Che razza di Polo intende? «Polo: Potere operaio e Federazione giovanile comunista. Vada a vedere Maroni di che cos'ora segretario vent'anni fa, e lui e Bossi che razza di frequentazioni ave¬ vano». Quali? «Le cerchi. Eppoi, che cosa c'entra la Lega con la mia vita?». Melo dica lei. «Niente, c'entra». Roberto Sandalo è all'estero. Vent'anni fa quando con Prima linea pensava di fare la rivoluzione e invece rovesciava sangue per le le strado, lo chiamavano «Roby il pazzo». E' lontano, ma le cose italiane le segue con attenzione. Per «vecchia abitudine». Sa che c'è stata un'operazione antiterrorismo, l'altro giorno? Qua! è la situazione, secondo lei che di certe cose è un esperto? «Questa: il clima che si sta instaurando in Italia non è dei migliori. Io vedo molto questa crisi della sinistra o ex sinistra che per forza andrò in corto circuito, soprattutto in quei settori che la stanno vivendo, questa crisi». Ma lei pensa che l'indagine sia andata in profondità? «Se posso esser sincero, per me è un'operazione! di facciata». Perché? «Si sta vivendo un clima particolare, c'è uria lobby al potere in Italia, che arriva da lontano. E non lo dico io: lo legga anche sulla stampa èstera, eppoi e la realtà». Vuole spiegare meglio? «Arriva da Lotta continua. E deve mediare interessi economici e interessi di partito, rispetto alla propria base. Io penso che operazioni come D'Antona o il riapparire di vecchie sigle, come le Brigate rosse siano fatte per ricattare o spingere o costringere a detenninate scelte chi c'è ora al governo. E' un gioco sottile, difficile da spiegare con le parole. Lo ripeto: arriva da lontano, da scuole di partito. Non è un caso che sia saltato fuori di tutto, come si è visto: schedari del Kgb, veri o falsi, comunque per tre anni in mano ai servizi segreti britannici; fotocopie non intestate e con le fotocopie fai quello che vuoi: aggiungi, metti, togli. Possono inserire me, o il pizzicagnolo di Trastevere». Me queste sue impressioni come le spiega? «Ci sentiamo fra ex compagni, gente che lavora onestamente. E da questi colloqui emerge che la crisi di identità della sinistra e dell'estrema sinistra è reale, profonda. C'è gente che si è dissociata, che aveva confessato, fatto ritrovare armi. E ora, qualcuno dice: "Ci stanno prendendo l'anima". Immaginiamo il vecclùo militante del partito comunista che a cinquant'anni si trova licenziato dalla grande fabbrica, a Milano o a Napoli: come crede che possa reagire?». Nuove brigate rosse e nuova Raf tedesca: secondo lei, ora che è caduto il Muro e la Germania Orientale con i suoi santuari non esistono più, chi le appoggia? «Questo lo ignoro, sul serio. Certo, mancano la Stasi, le polizie dell'Est. Non so chi potrebbe scegliere la via della clandestinità e della lotta armata: perché oggi, con la fine della legge premiale sulla dissociazione, quella è una strada senza ritorno». E' cominciato un nuovo processo per l'omicidio Calabresi. Che ne pensa? «Quello che pensavo anni or sono. Sono stato il primo in assoluto a dire: Calabresi è stato ucciso da Lotta continua o da ambienti vicini a Lotta continua». Si spieghi meglio. «Semplice: il dottor Fiorello, allora dùigente della Digos a Torino, quando mi interrogò, mi disse: "Guarda che io voglio sapere chi ha ammazzato Calabresi perché era un mio amico". In quei momenti ci si trova a faccia a faccia, fra uomini, e anche se io avevo 22 anni, i miei 22 anni pesavano già tanto. Gli dissi: "Chi ha sparato non lo so". Ma la direzione lo sapevamo che era quella. E ora, speculare su Marino che che non si ricorda due isolali, che ha preso un'altra via... Ma, c..., vai giù a Milano ed è tutto un casino fra sensi unici, dopo vent'anni. Magari hanno fatto una strada nuova. Anch'io, se arrivo alla Falcherà, sono sicuro che potrei sbagliarmi, eppure Torino è la mia città. Il punto è che oggi si sa molto, per non dire tutto, tutto dei fatti specifici, delle Brigate rosse, di Prima linea che si è sciolta, ma su Lotta continua è calato un muro, un velo». Parola di ex terrorista. La Guardia Padana dice di averlo espulso Lui nega: «E' un ricatto di Lotta Continua» Il leader della Lega Nord Umberto Bossi
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