Giolitti: «Walter ha ragione oggi quella storia è chiusa» di Antonio Giolitti
Giolitti: «Walter ha ragione oggi quella storia è chiusa» l'EX PARLAMENTARE SOCI AUSTA «NON SI RINNEGA NULLA E SI VA AVANTI» Giolitti: «Walter ha ragione oggi quella storia è chiusa» intervista Marco Neiratti ABBIAMO sciolto il Pei. Lo abbiamo fatto dieci anni fa. Non solo con una drammatica scissione politica, ma attraversando un percorso di dolore umano autentico, mettendo in discussione biografie individuali e collettive». Questo scriveva sulla Stampa, ieri mattina, il segretario dei Democratici di sinistra, Walter Veltroni. E quelle stesse parole rivive attraverso il passato e conferma nel presente Antonio Giolitti, 84 anni, figura di spicco del comunismo italiano della Resistenza, del dopoguerra, della nostra vita parlamentare. «Io ho conosciuto bene il Pei e ne sono uscito dopo i fatti di Ungheria. Non credo che oggi, nel partito, ci sia traccia di quel passato. Walter Veltroni dice il giusto». E' il commento del dottore in legge, specialista in studi storici, che nel 1940 a Torino entra in contatto con i clandestini, che dopo l'8 settembre organizza formazioni partigiane, che diventa commissario politico della Brigata Garibaldi, poi deputato alla Costituente, sottosegretario agli Esteri con Alcide De Gasperi. E' il '48 quando Antonio Giolitti rappresenta il partito comunista a Londra, è il '57 quando si scontra con il Pei e se Antonio Giolitti ne allontana. In un libro, «Riforma e Rivoluzione», lancia una sfida che viene considerata «indisciplina». Entra nelle file socialiste. Proprio per questa esperienza storica diretta, Antonio Giolitti condivide la tesi di Walter Veltroni, quella di un passato che - senza rinnegare, senza nascondere - è passato comunque. Dice Giolitti: «Credo di averlo conosciuto molto bene il Pei di quei tempi. L'ho vissuto e ne ho condiviso gli aneliti culturali e sociali. Mi sono allontanato nel '57 dopo i fatti di Ungheria. Non accettavo». Ma oggi si tratta di fare i conti con quel passato, con i fatti di Ungheria o con quelli di Cecoslovacchia, con i muri, tutte cose che apparivano dimenticate e tornano. «E' tutto accaduto e la Storia è lì a raccontarlo. Si tratta di decidere se negare o accettare riconoscere e andare avanti. Con divido pienamente la tesi di l'pltrcui perché non si tratta qui di estirpare radici e buttarle via, ma, come ha scritto, di guardare sofferenze e mutamenti e strappi come passato. Io non cancello il Pei degli Anni Quaranta e Cinquanta. Ma non lo vedo oggi». Secondo lei, onorevole Giolit ti, non c'è un legame, un filo che lega attraverso il tempo? «Ci sono senza dubbio derivazioni culturali, per fortuna. Mi riferisco a una certa attenzione ai problemi sociali, alle categorie e classi, al bene collettivo. Ci sono ideali che oggi sono inseriti perfettamente nel tipo di società in cui viviamo e che sono fondamentali, du non perdere di vista». Il partito di Veltroni è da .vero una cosa nuova rijp' lo al Pei che era legato a Mosca? «E' una cosa di oggi, senza sudditanze. 11 problema, come dicevo, è il coraggio di non recidere radici. E (piando Veltroni parla di biografie inesse in discussione, non parla di biografie cancellate. Qui è il inulto. Non si rinnega, non si estirpa nulla, si guarda ciò che si è». Secondo lei, dunque, onorevole Giolitti, la Quercia non sente il peso di retaggi del passato? «Direi davvero di no. La Storia esiste e rimane, quindi esiste anche un bagaglio storico, a volte molto pesante, con cui fare i conti, con il quale prendere le distanze. Non a tutti cai ita di prenderle in tempo reale sul momento. Ma la rase nuova c'è stata e Veltroni l'ha sintetizzata bene». Una storia «grande e tragica finita per sempre», allora? «Certo, la Storia è fatta di mutamenti». Antonio Giolitti
Luoghi citati: Cecoslovacchia, Londra, Mosca, Torino, Ungheria
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