Affascinati dall'oscuro di Giorgio Calcagno
Affascinati dall'oscuro Uno amava la provocazione, l'altro la sfida Affascinati dall'oscuro ALDO Trionfo e Gian Renzo Morteo in apparenza non erano fatti per capirsi. Il primo rutilante, fantasioso, amante della trasgressione dichiarata; il secondo taciturno, introverso, portato a nascondersi. In comune sembrava avessero solo la città di origine, Genova: dove Trionfo era nato da famiglia ebraica nel 1921 e Morteo da antico ceppo ligure nel 1924. A Genova il primo si mantenne fedele, pur tra esili e fughe, fino alla morte; il secondo la abbandonò presto per farsi torinese. Anche gli studi li divisero: Trionfo amava la matematica, si iscrisse a ingegneria; Morteo scelse senza esitazioni la letteratura. Poi si incontrarono, e si capirono subito. In fondo amavano, in modo diverso, le stesse cose. Non è un caso che Trionfo abbia iniziato la sua carriera teatrale in una cave di Genova, dove negli Anni 50 mise in scena, fra i primi, Ionesco: l'autore che proprio Morteo aveva scoperto e tradotto, portandolo in Italia quando nemmeno in Francia aveva ancora un pubblico. Tutti e due si sentivano attratti dal fascino dell'oscuro, rifuggivano dalle seduzioni della claque. A Trionfo piaceva la provocazione, a Morteo la sfida del linguaggio, a entrambi l'anticonformismo: che il primo esibiva in una tenuta sgargiante e il secondo dissimulava dietro un abbigliamento sciatto, la cui massima concessione all'eleganza era il basco. Il loro punto di d'arrivo sembrava essere la ribalta negata, la sperimentazione che scoraggiava l'applauso. Eppure la ribalta venne, per Trionfo: e, talvolta, perfino l'applauso, da un pubblico nuovo, meno legato agli schemi tradizionali, in grado di apprezzare le sue dissacrazioni. Morteo rimase sempre dietro le quinte. Al Teatro Stabile di Torino Trionfo passò come una stella filante, lasciando una scia di spettacoli memorabili, come il «PeerGynt» con Pani o il «Puntila» con Buazzelli. Morteo vi dedicò i vent'anni migliori della vita, dal 1957 al 1977. Cambiavano i direttori, gli artisti, perfino gli spettatori: ma lui c'era sempre, sicuro e invisibile, a garantire la qualità dei programmi. Ouesti due irregolari, per paradosso, finirono la loro carriera artistica insegnando nelle istituzioni. Trionfo come direttore dell'Accademia di arte drammatica a Roma, Morteo sulla cattedra universitaria a Torino. Era l'estremo modo per servire il teatro, che aveva ancora bisogno di loro. Furono fermati da una morte prematura, a pochi mesi di distanza l'uno dall'altro, nel 1989. Il pubblico televisivo di oggi può avere dimenticato questi personaggi, così alieni dalle basse produzioni del video. Il teatro no. Giorgio Calcagno
Persone citate: Buazzelli, Gian Renzo Morteo, Ionesco, Morteo
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