«CANDIDE» DI BERNSTEIN di Leonardo Osella

«CANDIDE» DI BERNSTEIN STAGIONERAI «CANDIDE» DI BERNSTEIN Diretto da George Pehlivanian Il violino di Kavakos per Glazunov B ERNSTEIN con Glazunov e Dvorak. Un itinerario attraverso questi tre compositori che filo seguirà mai? Forse la brillantezza, forse semplicemente la piacevolezza dei brani; o forse il filo è paradossalmente la mancanza di un filo. E comunque la serata che l'Orchestra Sinfonica della Rai ha preparato attorno a questi tre nomi nasce sotto il segno del successo. C'è un autore americano che si ispira al «Candide» del francesissimo Voltaire; co n'è poi un altro, russo che più russo non si può; ed infine ecco un boemo fino al midollo che guarda a Johannes Brahms, ma per la sua ultima sinfonia trae linfa da un soggiorno in America. Anche gli interpreti portano l'etichetta del cosmopolitismo. Il direttore George Pehlivanian (nella foto) è nato a Beiruth, in Libano, nel 1964; nel 1975 si è trasferito negli Stati Uniti; ha studiato con Boulez, Maazel e Leitner; è stato il direttore principale delle orchestre dell'Aja e Vienna Chamber. Quanto al violinista Leonidas Kavakos, dopo gli studi iniziali nella natia Atene, è passato all'Università americana dell'Indiana e ha poi inanellato premi, concerti e incisioni ed è oggi uno degli interpreti più affidabili (oltre tutto dispone del violino detto «Stradivarius Falmouth»del 1692). Ma vediamo qual è nel dettaglio questo programma, che la Rai propone all'Auditorium del Lingotto per giovedì 21 ottobre alle 20,30 e venerdì 22 alle 21. L'avvio si ha con la ouverture dell'opera «Candide» di Léonard Bernstein. E' diventata abbastanza popolare, essendo spesso adottata dai direttori come pagina d'esordio, e molti torinesi l'hanno anche ascolta- ta qualche anno fa al Teatro Regio, quando fu proposta l'intera opera. La scrittura è brillante, come si conviene al racconto ironico e corrosivo inventato da Voltaire e costituisce dunque un ottimo antipasto. Non meno gradevole è il «Concerto in la minore per violino op. 82» di Alexander Glazunov. Considerato a torto solo un epigono, Glazunov non smente il ruolo di ragazzo prodigio che ne fece uno degli allievi preferiti di Rimskij-Korsakov. Il gusto spiccato per il colore dell'orchestra, nel quale acquisì i preziosi insegnamenti del suo maestro, si rivela anche in questo Concerto, dove in più si fa ammirare il trattamento solistico del violino. Generosa cantabilità e difficoltà virtuosistiche si alternano, anche con esiti irresistibili come l'«effett.o chitarra» che compare verso la fine. Che dire ancora, che già non si sappia, della «Sinfonia "Dal Nuovo Mondo"» che chiuderà le belle serate musicali? Il pubblico torinese ha ascoltato da poco la magnifica lettura che ne ha dato Colin Davis con la London Symphony. Ognuno ha di questa pagina una propria opinione personale, dettata spesso da un singolo particolare ascolto, fatto magari tanti anni fa, e così ogni volta che la si ripropone, chi l'avrebbe voluta più lenta e chi più veloce, chi più languida e chi più risoluta. In realtà ogni opera musicale, e questa di Dvorak non fa eccezione, ha un valore in sé e l'importante è che non venga tradito lo spirito della partitura: soltanto questo deve essere verificato e controllato dai critici e dal pubblico, tutto il resto è mera chiacchiera. Leonardo Osella

Luoghi citati: Aja, America, Atene, Indiana, Libano, Stati Uniti, Vienna