PAOLINI

PAOLINI PAOLINI palcoscenico IL DRAMMA Mario Rigoni Stern ■ N quei giorni non avevo temI po di ascoltare la radio, né di I guardare la televisione, nemmeno di leggere i giornali: tutti i miei pensieri erano per la casa e volevo arrivare al tetto prima che venisse la neve. La mattina del 10 ottobre 1963 mi trovavo in ferie. Ero, lo ricordo bene, in quella parte della casa che ora è la cucina e stavo aiutando il muratore ad alzare il muro a Nord: eravamo appena un metro fuori dal suolo e la soletta in cemento per separare il piano l'avevamo gettata qualche giorno prima. Era una bella mattina. Verso mezzogiorno venne dal paese un amico che accompagnava un forestiero; questi voleva conoscere l'autore de «Il bosco degli urogalli». Dopo poche parole di convenienza l'amico mi disse: «Ma tu, non hai ascoltato la radio? Non hai sentito che è crollata la diga del Vajont...». Il Vajont! Subito pensai a Tina Merlin che un giorno era venuta a trovarmi per raccontarmi le sue vicissitudini a seguito di quegli articoli che a proposito della Diga aveva scritto sull'Unità, e del partito comunista che a un certo punto l'aveva abbandonata nella sua lotta contro i potenti della Sede. Era accaduto quanto la Tina aveva previsto. Quando a mezzogiorno ritornai a casa per mangiare con i miei, accesi la televisione. Vedevo la Diga lì nella gola: non era crollata, ma sotto non c'era più Longarone. Vedevo un ghiaione sterminato e nude pareti, e tra le ghiaie sparute squadre di alpini silenziosi che frugavano e guardavano. Poi il Piave giù verso Ponte delle Alpi, Belluno, Limana, Lentia!., fino al mare, tutto sconvolto da ghiaie e tronchi, e c'era gente che raccoglieva i morti. Da quelle parti avevo cari amici che con me erano stati sul fronte russo e nel Lager e subito pensai a loro. Uno di questi, per cercare i congiunti, all'alba del giorno dieci era partito come furia dalla Germania dove era gelataio stagionale e quella sera mi telefonò disperato di dolore e di rabbia. Quei giorni tristissimi ce li fece rivivere Marco Paolini la sera del 9 ottobre di due anni fa, quando la Rai sul canale 2 trovò il coraggio di trasmettere in diretta «L'Orazione civile Vajont 9 ottobre '63». Un'orazione che tenne immobili e attenti davanti al video per due ore quaranta minuti tre milioni e mezzo di italiani. Non saprei quale altro spet t acolo sarebbe stato capace di ('.ire altrettanto. Forse nemmeno un «Re Lear» con Laurence Olivier. Marco Paolini era stalo molto coraggioso e bravissimo a scegliere il «Teatro della Diga» in un gola profonda delle Alpi, non pensando alla fatica, alle grandi difficoltà logistiche e tecniche, alla lunga notte di tante ore di recita, agli spettatori che dovevano restare li sotto le stelle: per lo più erano paesani che quella tragedia l'avevano provata «sulla pelle viva». «E se nevica? E se piove? Si fa lo stesso», diceva Paolini. No, non era «un cine», era il racconto del Vajont in una notte come quella di trentaquattro anni prima. Con tutti i precedenti, le cause, la malafede, gli inganni, le lotte. Paolini scriveva su una lavagna, parlava e parlava, faceva pause e c'erano il silenzio della notte, il sonno dentro le case, la frana sul Monte Toc che incombeva. Raccontava sulla «scena della Diga», scriveva numeri, disegnava, portava date, esperimenti, calcoli, perizie e quanto altro era stato fatto per costruire la diga ad arco più alta del mondo. E poi? Poi il fallimento di tanta scienza e di tanta presunzione quando la grande frana del Toc cadde nel bacino del Vajont che gli uomini avevano creato senza voler dare ascolto alla voce dei montanari poveri che quelle montagne le conoscevano da secoli. <cl6>Ora, nelle edizione Einaudi Stile libero/Video-elleU (L. 32.000) viene edita una cassetta con la registrazione diretta Rai 2, unitamente al volumetto «Quaderno del Vajont» che è la storia di come è nato e il perché di questo spettacolo singolare e certamente unico nelle cronache; cento pagine dense di notizie e di riflessioni su una maratona teatrale dove tutto concorre a reggere «L'orazione civile» di Marco Paolini e Gabriele Vacis. E' da augurarsi che in tante case si trovi il tempo, la volontà e il coraggio di spegnere il televisore sulle troppe banalità e le violenze e di inserire ne! video questa «Vajont 9 ottobre '63». Esce a giorni in videocassetta l'orazione civile che rievoca la tragedia del Vajont, il 9 ottobre del 1963: «Vedevo la Diga lì nella gola, non era crollata, ma sotto non c'era più Longarone... tutto sconvolto da ghiaie e tronchi, e c'era gente che raccoglieva i morti». i i palcoscenico IL DRAMMA Mario Rigoni Stern ■ N quei giorni non avevo temI po di ascoltare la radio, né di I guardare la televisione, nemmeno di leggere i giornali: tutti i miei pensieri erano per la PFCon un Jovanotdel pensNON si può notti, che sole» svolgsmo e del puna ragazza che dAlex Britti, quellaza il cane e nonpurtuttavia gli piassomiglia molto, è piuttosto una tedel contestualismteo-e basta: quessfiora lo spirito dilui tranquillo le dilui se ne va Lorenzo ripo' coRortlipPAOLINI