«P2 al servizio anche del Kgb?» di Giovanni Bianconi

«P2 al servizio anche del Kgb?» L'EX MINISTRO SOCIALISTA «I SOVIETICI POTREBBERO AVER USATO LA LOGGIA MASSONICA» «P2 al servizio anche del Kgb?» ili ' BM * Formica: un piano contro il capo di Botteghe Oscure intervista Giovanni Bianconi ROMA Si, sì, mi ricordo... Certo che in questi giorni, col senno del post-Mitrokliin, viene naturale collegare quell'anonimo al Kgb. Ma la lettera puzzava di Servizi segreti e di P2, e allora...». Rino Formica si ferma a pensare: le carte del dossier Mitrokhin raccontano che nel 1975 il Kgb preparava un piano per compromettere Enrico Berlinguer con una storia di terreni in Sardegna t! «intrighi edilizi per decine di miliardi di lire»; oggi Emanuele Macaluso racconta della lettera anonima dell'81, un altro ricatto studiato a tavolino dove si parlava di tenute agricole in Brasile ed esportazione di miliardi all'estero. Formica riprende: «Allora bisognerebbe esplorare il campo dei possibili rapporti tra la P2 e il Kgb. Oggi cade un'altra certezza, quella della P2 come organo della Cia; è più realistico pensare a una struttura cui si potevano rivolgere più Servizi, compresi quelli sovietici. Una specie di ristorante, dove chiunque può andare e ordinare quello che vuole». Era ministro delle Finanze da poche settimane, Rino Formica, nell'estate del 1981. L'allora esponente di punta del Psi craxiano aveva preso il posto di Franco Reviglio nel governo Spadolini, nato sulle ceneri dello scandalo P2 che aveva travolto il governo Forlani ma anche il vertice della Guardia di Finanza, altra protagonista di questa vicenda. «Il comandante generale era negli elenchi P2 - ricorda Formica -, e alla guida delle Fiamme gialle c'era un reggente prima che io nominassi il successore su suggerimento di Sandro Fortini». Fu proprio un finanziere addetto al suo gabinetto a rivelare all'allora ministro il piano per screditare il segretario generale del Pei. «Mi portò un appunto ricorda Formica -, allegato alla fotocopia della lettera anonima dove si diceva dell'acquisto di una azienda agricola in Brasile e dell'esportazione clandestina di valuta. Era ben congegnata, con l'accortezza di indicare vma serie di destinatari, dalla Finanza ai magistrati, dai vertici della Banca d'Italia ad alcuni giornali, in modo che ciascuno fosse spinto a muoversi, nel timore che lo facessero gli altri e potesse poi scattare l'accusa di non aver fatto niente». Nell'appunto, in effetti, c'era scritto che la Finanza aveva avviato accertamenti, in contatto la Procura di Sassari che aveva ricevuto la stessa lettera, che pure si stava muovendo. Fu questo, più che il contenuto dell'anonimo, ad allarmare Formica: «Chiamai subito l'addetto, e gli spiegai che non si poteva indagare senza l'autorizzazione del magistrato e senza che questi avesse ricevuto l'autorizzazione a procedere del Parlamento». Il verbo «spiegare», ammette lo stesso ex-ministro, è un eufemismo. «Forse io considero normale arrabbiarmi - ride -, ma m'incazzai proprio, perché insomma, al di là del personaggio, non è che si poteva aprire un'inchiesta sul primo foglio che arrivava. E poi bisognava rispettare le regole». Dopo lo stop imposto dal ministro all'indagine delle Fiamme Gialle tutto si bloccò. Anche la magistratura sarda non fece piii nulla, e il pm che probabilmente se ne occupò - «si chiamava Cossu, ce l'ho in mente perché aveva lo stesso cognome di un nostro compagno del Psi», racconta Formica - oggi nemmeno ricorda l'episodio. Giovanni Cossu, nel 1981 sostituto procuratore, oggi è presidente di sezione del tribunale di Sassari e dice: «Io non non ne ho memoria, e se davvero questa lettera fini sul mio tavolo significa che non gli detti alcun valore». Pennata l'indagine, osserva Macaluso, «di quell'anonimo non poterono far uso nemmeno i giornali del centro-destra che lo ricevettero: Il Borghese, Il Tempo, Il Secolo d'Italia, Il Popolo». A bloccare la manovra, insomma, fu proprio l'intervento di Formica sulla Finanza. «Non certo sulla magistratura - spiega l'ex-mmistro - perché non ne avevo il potere, mi sarei beccato un procedimento penale. In ogni caso mi limitai ad imporre il rispetto della legalità: quell'indagine era fuori dalla legge, non solo delle regole del buon vivere». Ma non disse niente, Formica, né pubblicamente, né in privato, a Enrico Berlinguer: «Mi vergognavo per le istituzioni, per la Guardia di Finanza e un po' anche per la magistratura. L'am¬ biente della Finanza, poi, era già molto scosso dallo scandalo P2, non mi sembro opportuno aggiungere altro olio sul fuoco». E al segretario del Pei? «Che dovevo dirgli, che s'era salvato grazie a me? No, sarebbe stata una vanteria stupida. Io feci solo il mio dovere, e vantarmi di aver messo le cose a posto non appartiene al mio stile». Diciotto anni dopo, alla luce delle rivelazioni del «dossier Mitrokhin» su un piano sovietico anti-Berlinguer, la curiosità di Rino Fòrmica diventa quella di sollevare il coperchio dei possibili rapporti tra Servizi deviati, P2 e Kgb. «Quella lettera - ripete - mi parve in perfetto stile piduista. C'era anche una chiusa qualunquistica che diceva ai destinatari, più o meno, di muoversi per guadagnarsi il pane. E' abbastanza ovvio che se qualcuno vuole fare un'opera di disinformazione utilizzi canali già di per sé depistanti; sarebbe normale che un Sei-vizio segreto dell'Est con intenti inquinatori abbia avuto intrecci con qualche "braccio" che già operava in quel senso all'interno del Paese». Quindi? «Quindi conclude Formica - anche il Kgb può aver usato la P2 o qualche nostro 007 deviato». «Così nell'estate '81 ho bloccato la manovra per screditare il leader dei comunisti italiani» PIpRUèsOrpsngrprcpeAc

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