Kgb, il Polo boccia la commissione Cossiga di Ugo Magri

Kgb, il Polo boccia la commissione Cossiga No di Fini e Berlusconi per un'indagine «troppo limitata nei suoi obiettivi e nel tempo» Kgb, il Polo boccia la commissione Cossiga L'expresidente-. «Grazie al cielo sono stato rifiutato» Ugo Magri KfJMA Massimo D'Alema non l'ammetterà neppure sotto tortura. Ma di sicuro ieri ha provato sollievo quando, durante il vertice europoo di Tempere, eli hanno dato la notizia: Pini r? Berlusconi affondano la commissione parlamentare d'inchiesta sid Kgb. La bocciano perché h ben diversa da come l'avrebbe voluta il Polo, e poi perché il centro-destra non vuole che a presiederla vada Francesco Cossiga. Il premier non ha rilasciato commenti, e i suoi collaboratori si limitano a un laconico: «Per noi non cambia nulla». Invece cambia, eccome: perché cessa, con il tramonto della commissione e soprattutto della candidatura eossighiana, la causa prima dei maldipancia esplosi nel centro-sinistra. Il "no"del Polo, insomma, ha levato le castagne dal fuoco a D'Alema. E c'è addirittura chi, tra i consiglieri di Berlusconi, aceri; dita la mossa ilei centro-destra come una ciambella lanciata al premier, in nome dell'antico feeling col Cavaliorc, Dietrologie. Ufficialmente, infatti, il primo "niet" e stato pronunciato non da Berlusconi bensì da Fini. La questione è importanti.', perché proprio il presidente di An un paio di giorni fa aveva dato via libera alla commissione e a Cossiga presidente della medesima. Ora egli stesso cambia idea. Che cos'è successo, in queste 'Ili ore? L'ambito di indagine della commissione, spiega Fini, è stato limitato dalla maggioranza al solo dossier Milrnkhin, mentre An vorrebbe che si allargasse a tutto l'arco dei rapporti UrssPci. Ma soprattutto, nella lettera inviata giovedì a Cossiga, «D'Alema offende l'opposizione quando scrive che "una tragedia viene oggi riproposta come farsa da una destra che non ha nulla da dire sul futuro dell'Italia"». Di fronte agli «insulti gratuiti e volgari del premier», attacca Fini, l'opposizione non può spiana¬ re la strada alla presidenza Cossiga, il quale è pur sempre esponente autorevolissimo di questa maggioranza. A Palazzo Chigi, questo argomento suona «assai strampalato»: per lavare l'offesa, ironizzano, Fini rinuncia alla commissione che egli stesso aveva proposto... Ma il perché della rinuncia, in fondo, conta poco. Sta di fatto che An ha scelto di unirsi a Forza Italia, contrarissima fin dapprincipio alla presidenza Cossiga, vista corno propellente ai progetti dei neo-centristi. Non a caso Berlusconi se n'è rallegrato: «Vedo con piacere», ha detto, «che l'amico Fini condivide adesso le mie perplessità. Nessuno di noi può prestarsi a un tentativo tanto scoperto da apparire maldestro». Cossiga, in serata, ha preso atto della sconfitta. L'ha fatto con eleganza («Grazie a Dio sono stalo rifiutato») e facendo intendere che a rimetterci è il Paese: «Con timore e tremore, con profonda umiltà, nell'interesse della Patria e della nazione avrei accettato uffici che mi sono stati proposti...». L'ex capo dello Sta¬ to sa benissimo che a silurare la sua candidatura non ha provveduto soltanto il Polo. C'è stata una rivolta dentro la Quercia, con i senatori diessini in prima fila. Ci sono stati i veti di Parisi e Di Pietro. E ancora ieri, sul conto di Cossiga, esprimevano forti riserve Rino Piscitello, capogruppo dei prodiani alla Camera, i socialisti di Boselli e Marco Rizzo, del partito di Cossutta (salvo poi, quest'ultimo, correggere rapidamente il tiro). Insomma: Cossiga, se vorrà vendicarsi, avrà parecchi bersagli su cui orientare la mira. L'unica cosa che non potrà fare è prendersela con D'Alema. La lettera che il premier gli ha inviato l'altro giorno era talmente affettuosa, così ricca di riconoscimenti non solo per il presento ma anche per il passato, da attirare su palazzo Chigi una bufera di polemiche. Cossiga non può certo ricambiare provocando una crisi. Ora che la commissione ha fatto naufragio, scivola in secondo piano l'altra querelle che ieri ha tenuto banco: quella su chi avrebbe dovuto nominarne il presidente. Veltroni, Castagnetti e Dini avevano sostenuto che il compito spetta ai presidenti delle due Camere. Veltroni, in particolare, l'aveva detto per togliere l'impressione che la scolta della maggioranza fosse già caduta su Cossiga. Ma tanto rispetto per le prerogative istituzionali di Violante e Mancino non erano state apprezzate fino in fondo dai due interessati. I quali lasciavano intendere che avrebbero fatto volentieri a meno dell'incombenza. Bocciando Cossiga, infatti, ne avrebbero provocato le ire. E nominandolo avrebbero irritato mezzo Parlamento, dando l'impressione di adeguarsi ai voleri di D'Alema. Sintomatica una dichiarazione di Violante: nulla da eccepire sul nome di Cossiga, «tuttavia il presidente della Camera non può essere il notaio di decisioni , prese altrove». Toni duri, destinatario Palazzo Chigi. Ma poi la questione si è risolta da sé. Qui sopra l'ex capo dello Stato Francesco Cossiga Sotto il presidente del Consiglio Massimo D'Alema

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