Dalla gola alla parola: mangia come parli di Lorenzo Mondo

Dalla gola alla parola: mangia come parli Torre Pellice celebra la ruvida cucina delle minoranze alpine Dalla gola alla parola: mangia come parli Lorenzo Mondo ARTE del mangiar bene, la cultura della buona tavola, si sa, ha trovato negli ultimi anni una gran voga: grazie a ristoratori capaci e a divulgatori intelligenti che hanno percorso la penisola alla ricerca di una cucina originale e integra. Veri e propri viaggiatori del gusto, che anche sotto questo rispetto hanno testimoniato l'esistenza di cento Italie. Hanno provocato, magari, qualche eccesso di fatuità e snobismo, qualche avida mistificazione. Ma, stessero ai fornelli o al taccuino d'appunti, i nuovi gastronomi hanno contribuito fortemente al recupero e alla salvaguardia di prodotti e ricette tradizionali: a beneficio, s'intende, del "made in Italy" ma, più generalmente, di una memoria storica insidiata e travolta dai grandi mutamenti sociali ed economici. Lungo queste linee di interesse prende oggi il via, a Torre Pollice, una serie di manifestazioni ispirate alle «Cucina di minoranza nelle vallate alpine». Ci sarà una tavola rotonda tra studiosi e, nell'arco di tre giorni, una mostra mercato di prodotti tipici, pranzi in ristoranti e rifugi della valle, un concerto al Tempio, spettacoli folcloristici, escursioni. L'idea è stata di Walter liynard, chef del ristorante «Flipot», che si è avvalso dei suggerimenti della casa editrice Vivalda e del sostegno di enti vari, pubblici e privati. Ha chiamato intorno a se tre cuochi amici di ascendenza ladina, occitana e walser (Sergio Kossi di l'asso San Pellegrino, Bartolo Bruna di Sambuco, Giorgio Patrone di Domodossola) per mettere a confronto le rispettive pratiche culinarie. Riguardano popolazioni segnate da un lungo destino di isolamento e di povertà: per la morsa di etnie più forti, come è accaduto ai ladini del Trentino, o per la ghettizzazione politico-religiosa nel caso del valdesi. Sono comuni all'incirca gli alimenti base che dipendono dal clima e dalle altitudini montane ed evidenziano di per sè una economia di sussistenza. Ma c'è un talento della povertà che riesce a condire la necessità del nutrimento con insospettabili sapori e piacevolezze, concedendosi tra l'altro il lusso di innestare sul sostrato alpino curiose particolarità locali. Appare straordinario come in terra ladina sappiano lavorare sulle zuppe a base di pane raffermo e patate, sulle farinate, gli gnocchi, le polente, con contorno di vili barbabietole, rape, crauti. Se affronti le ricette di area valdese, sei frastornato dai nomi ricorrenti di fiori, erbe e bacche: serpillo, sambuco, acacia, ortica, menta, ginepro, coriandolo...! walser, all'ombra lunga del Rosa, si sono specializzati nell'impiego di latte e formaggi. Mentre gli occitani del Cuneese si fan vanto dei «cruset», gli gnocchi di segale al sugo di pecora (che deve essere, al meglio, della varieLu «sambucana»). Per tutti la carne era riservata alle grandi occasioni e bastavano gli «scarti», come interiora, sangue, piedini di porco, per approntare piatti succulenti. Veniva in aiuto la raccolta di rane, lumache, gamberi di fiume e, dove possibile, la caccia: il cinghiale, il capriolo e l'ormai raro gallo forcello dal sapore di mirtillo. Sono cibi ruvidi ma saporiti che, inadatti ovviamente al consumo quotidiano e a una equilibrata alimentazione, sono diventati, ingentiliti, squisitezze da gourmets. Ma queste ricette rappresentano anche un prezioso deposito lessicale e linguistico, che dagli alimenti si estende agli utensili. Conducono, se vogliamo dirlo con una battuta, dalla gola alla parola, dalla cultura materiale a quella senza aggettivazion' Lo dimostra, a prima vista, l'intreccio della cucina con le festività religiose e profane. Eynard è persuaso che tutto si tiene, cucina, storia, patois. Occhi serafici, barba arguta, parla con fervore della soddisfazione che dà il vivere e lavorare nei posti in cui uno è nato, il secondare con le proprie attitudini le tradizioni migliori. Salire dai piccoli contadini a provvedersi di patate bianche e rosa, indurli a ripiantare su quel greppo il grano saraceno. Cercare negli alpeggi tome desuete che rivelano, al colore delle croste, nobili stagionature. Creare, anche partendo da un semplice ristorante, un indotto che risvegli, insieme ai profumi sopiti, i tratti di un costume, la pietas di una memoria ancestrale. Occitani, valdesi ladini: nella povertà delle ricette di ogni comunità hasaputo conservare carattere storia, lingua e cultura materiale

Persone citate: Bartolo Bruna, Eynard, Giorgio Patrone, Sergio Kossi, Vivalda

Luoghi citati: Domodossola, Sambuco, Torre Pellice, Torre Pollice, Trentino