SHALOM il preside s'è battezzato di Giampaolo Pansa

SHALOM il preside s'è battezzato Ebrei e fascismo nel nuovo romanzo di Giampaolo Pansa «Il bambino che guardava le donne» SHALOM il preside s'è battezzato Giampaolo Pansa IL quinto arresto si rivelò subito un caso speciale. Si trattava di un personaggio molto noto in città; il professor Raffaele Jaffe, 66 anni compiuti in ottobre, nato ad Asti, ma vissuto quasi sempre a Casale. Di statura media, tendente al piccolo, un fisico asciutto, i baffi ben curati e gli occhiali stringinaso, era un tipo scattante, dal passo veloce, sempre in moto. Chi l'ha conosciuto a scuola o nella vita di tutti i giorni, lo ricorda come un uomo buono, gentile, affabile, dalla voce piana e rassicurante, che non metteva in apprensione neppure il più timido degli studenti. Jaffe si era laureato in scienze naturali e in chimica. Nel 1904, a 27 anni, aveva scelto il trasferimento a Casale per insegnare alla Scuola normale municipale, della quale, nel 1922, era diventato direttore o preside, si direbbe oggi. Quando la riforma Gentile soppresse questo tipo di scuole, fu Jaffe a occuparsi del nuovo Istituto tecnico di via Leardi, dove insegnò per anni, contribuendo a formare centinaia di bravissimi ragionieri. Verso la fine della carriera, ora poi diventato preside dell'Istituto magistrale della città, il «Giovanni Lanza», situato in via Oliviero Capello, al numero 8. Ma questo simpatico e dinamico signore ebreo era notissimo anche per i suoi meriti sportivi, in quanto fondatore della squadra di calcio del Casale. Correva l'anno 1909, raccontò Vitta, e verso la fine di gennaio il professor Jaffe radunò in una sala al pianterreno della Scuola normale gli allievi delle ultime classi. Qui spiegò che, con un gruppo di amici, aveva deciso di dar vita a una società di football, anche per contrastare quei satanassi della Pro Vercelli, in attività da più di dieci anni e vincitori dello scudetto di campioni d'Italia nell'ultima annata, quella del 1907-1908.. La leggenda vuole che Jaffe abbia chiesto ai suoi allievi: «Proprio noi di Casale dobbiamo restare indietro rispetto a quelli di Vercelli?». «No, professore!» urlarono i giovanotti. «E allora avremo anche noi la nostra squadra di football», annunciò Jaffe. Poi domandò ancora: «Che maglia ha la Pro Vercelli?». «Bianca, professore!». «Ebbene, noi l'avremo nera. Però con una stella bianca». Si trattava dello stellone d'Italia. All'inizio fu un distintivo di metallo appuntato sulla maglia, per poi diventare più grande e di stoffa, applicato sul lato sinistro della casacca. La stella ideata da Jaffe portò fortu- na alla nuova squadra. Il Casale cominciò a giocare con regolarità dall'ottobre del 1909, nel campionato di terza categoria, in Piemonte. E appena cinque anni dopo, una volta entrato in quella che oggi chiameremmo la serie A, vinse il titolo di campione d'Italia. Segnando ben ottantuno reti, il primato nell'anteguerra, e battendo la Lazio in entrambe le partite della finalissima, con uno straripante 7 a 1 sul proprio campo e per 2 a 0 nella trasferta di Roma. Era il luglio 1914, e Jaffe e i suoi ragazzi divennero gli eroi della città. La squadra creata dal professore ebreo aveva un gioco simile a quello dei vercellesi : irruento senza riguardi, sempre proiettato all'ai- tacco. Anni dopo, il più grande narratore del calcio italiano, Gianni Brera, avrebbe descritto i nerostellati come mastini che si gettavano sull'avversario e gli azzannavano il coppino, senza mollarlo più. Il capitano dello scudetto era un allievo di Jaffe, di appena 18 anni; Luigi Barbesino, centromediano, un magrone malmostoso, la faccia lunga e decisa sotto una gran testa di capelli neri. Sarebbe poi morto a 46 anni, come maggiore pilota, a bordo di un aereo abbattuto dagli inglesi su Malta, il 15 giugno 1942. Senza poter immaginare che anche il suo vecchio preside, di lì a non molto, avrebbe perso la vita nella stessa guerra, ma in circostanze ben più orrende. Tanti anni dopo, Giuseppe avrebbe letto in un giornale della propria città, «La Vita casalese», un bell'articolo su Jaffe, scritto da Gigi Busto. Il professore ebreo veniva descritto così: «L'anima di quel Casale Football Club era lui: presidente, segretario, tesoriere, uomo tuttofare in campo e fuori, ricercatore di talenti calcistici, soprattutto infaticabile propagandista nel portare al calcio tanti amici sportivi. Era sempre con i suoi ragazzi in campo, con giacca e cravatta, la coppola in testa. Visse l'epopea della sua creatura, che più avanti si arricchì di un grande talento: Umberto Caligaris, che era un ragioniere, allievo del professore. Nel mondo sportivo, Jaffe fu certamente un pioniere. E trasferì la sua passione anche nella scuola, avvertendo che lo sport era un veicolo di crescita fisica e spirituale». Nel 1927, all'età non più verdissima di cinqunt'anni, da scapolone che era, tutto dedito all'insegnamento e al calcio, Jaffe si decise al gran passo: sposò una ragazza cattolica, molto più giovane di lui, Luigia Cerutti, msegnante di musica e di canto. Chi l'ha conosciuta, la ricorda come una donna alta, fine, bella, elegante e riservata, amatissima da Jaf- le, che nei suoi confronti mostrava anche un grande senso di protezione, quasi paterno. I due sposi andarono ad abitare in una strada della zona nuova di Casale, che partiva da piazza Dante: corso Acqui, che durante la guerra sarebbe stato intitolato al maggiore Ottavio Frailich, il pilota casalese dell'aereo di Italo Balbo, uno dei capi del fascismo, morto con lui sul trimotore abbattuto per un abbaglio della contraerea italiana il 27 giugno 1940, in Cirenaica. Nella casa di via Frailich, al numero 7, gli sposi ebbero dui' figli: Leone, destinalo a morire per difterite nel marzo 1943 quando non aveva ancora quindici anni, e Clotilde, che nel dopoguerra sarebbe diventata insegnante di lettere e poi preside a Crema. E sempre in ([nella casa maturò la derisione del professore di abbracciare la religione cattolica. Su questa conversione, spiegò Vitta, non ho voluto indagare: si trattava di una scelta privata, che bisogna accogliere con rispetto. Sta di fatto che il 19 gennaio 1937, quindi ben prima delle leggi razziali, Jaffe, vicino alla soglia dei 60 anni, ricevette il batte situo, pare nel Duomo, la cattedrale della città. Fu per questo battesimo che, quan do cominciò la caccia agli cibrei, Jaffe si illuse di essere al riparo della persecuzione. Qualche testi mone ricorda che anche la moglie ne era convinta. La signora Luigia ripeteva : Raffaele é diventato cattolico, e por di piti ha sposato me, che non sono ebrea, dunque i tedeschi non lo prenderanno. E invece, il pomerìggio di quel mercoledì di febbraio, i poliziotti di Priocco, arrivati in via Frailich, balzarono fuori dalla Balilla nera e bussarono anche alla porta di Jaffe. Alla moglie spiegarono: vostro marito deve venire con noi per dei chiarimenti, state tranquilla che lo rimanderemo subito a casa. Ma a casa il professori! non tornò più. Anche se il suo cammino verso la morte si sarebbe rivelato più lungo e tortuoso di quello degli altri ebrei arrestati a Casale. Raffaele faffe professore mite: fondò il Casale si fece cristiano e finì nel lager Il Casale Football Club fondato nel 1909 da Raffaele Jaffe con un gruppo di amici per contrastare la Pro Vercelli vincitrice dello scudetto nel 1908