« Trasmettere l'Aids è omicidio »

« Trasmettere l'Aids è omicidio » Cremona: non disse alla moglie che era malato, condannato a 14 anni « Trasmettere l'Aids è omicidio » Il giudice lo ha considerato atto volontario e cosciente L'uomo era fuggito in Messico prima che lei morisse Stelano Mancini CREMONA Se l'Aids uccide, trasmettere l'Aids è omicidio. Così un giudice ha condannato l'«untore» e posto fine a una storia triste: quella di Maurizio Lucini e di Etnei Corbani, marito e moglie, sei anni di matrimonio felice e 40 giorni di inferno, gli ultimi. Lui ama lei e le nasconde un terribile segreto per paura di essere lasciato. Forse è convinto di morire presto e di non dover rispondere del suo comportamento né alla coscienza né a un tribunale. Lei ama lui, lo sposa e si ammala. Morirà poco dopo la diagnosi di Aids conclamato, sola in un letto d'ospedale, perché l'uomo in cui credeva la tradisce fino in fondo e fugge con tutti i risparmi, via dalle responsabilità e dal rischio di una denuncia. Omicidio volontario, ha sentenziato ieri un giudice. Ventun anni di carcere, ridotti a 14 perché il processo si è svolto con il rito abbreviato. Maurizio, litolare di un'attività artigianale a Castelleone, vicino a Cremona, sapeva di aver contratto il virus Hiv nel 1986, durante uno dei suoi frequenti viaggi in Sud America. Etnei, estetista, non sospettava che il 6 aprile del 1991, con il «sì» all'altare, firmava la sua condanna a morte. La verità la scoprirà soltanto nella primavera del '97: febbre persistente, condizioni fisiche generali che si aggravano di giorno in giorno, il medico che ordina il ricovero all'Ospedale Maggiore di Cremona. Ad aprile la diagnosi di Aids conclamato. L'I 1 maggio '97 la giovane muore a 26 anni. Il virus ha attaccato il suo organismo con maggiore violenza rispetto al partner, che oggi vive nella comunità il Pellicano, a Castiraga Vidardo. Due settimane prima del decesso, suo marito aveva azzerato i conti in banca ed era fuggito all'estero. Durante il ricovero, la donna sfoga su un diario il dolore per essere stata tradita e abbandonata dall'uomo che amava e confida la speranza di riaverlo almeno accanto a sé prima di morire. Lui, invece, si nasconde a Cancun, in Messico, come stabiliscono nel marzo '98 gli agenti dell'Interpol, che rintracciano la sua auto alla Malpensa, da dove era partito con un biglietto di sola andata. Scappa perché i familiari della moglie lo vogliono denunciare. Ma l'indagine scatta lo stesso. L'ipotesi di reato è omicidio volontà rio. L'uomo nel frattempo si ammala di Aids conclamato e si fa ricoverare in un ospedale di Jalapa, in Messico. Torna spontaneamente in Italia il 23 marzo '98 per curarsi nell'ospedale Sacco di Milano e poi finisce in comunità. Lo scorso febbraio si presenta di fronte al giudice dell'udienza preliminare e si proclama innocente. «Ho amato quella donna, non volevo ucciderla ma non avevo il coraggio di dirle la verità - spiega -. Sono fuggito perché non riuscivo ad affrontare la situazione». La perizia medico-legale stabilisce il nesso causale tra la malattia di Lucini, che oggi ha 34 anni, e la morte di Ethel. Il legale dell'imputato sostiene la tesi dell'omicidio colposo e, dopo la condanna per omicidio volontario, si dice pronto a combattere in appello. Perplesso per la sentenza è anche l'onorevole Giuliano Pisapia, ex presidente della commissione Giustizia della Camera. «Con le conoscenze scientifiche attuali - dice Pisapia non è possibile essere certi della persona che ha contagiato, e quindi mancherebbe il nesso tra la persona che avrebbe trasmesso l'Aids e chi è rimasto contagiato». «Per quanto riguarda invece l'aspetto giuridico - continua il parlamentare - ancora un volta è indicato come aggravante il dolo eventuale, che non esiste nel nostro codice. Per come si sono svolti i fatti, sarebbe stato più aderente una responsabilità per colpa, per l'imprudenza di aver avuto rapporti non protetti». I commenti delle associazioni per la lotta contro l'Aids sono divisi. L'immunologo Ferdinando Aiuti parla di «sentenza importante» perché «l'Anlaids fin dal 1986 sostiene che sieropositivi e malati di Aids hanno doveri, oltre che diritti. Il primo dovere è quello di informare il partner». Diverso il parere del presidente della Lila Vittorio Agnoletto: «Non comunicare la propria sieropositività e non usare il profilattico ò grave, ma la responsabilità di non diffondere il virus non può ricadere esclusivamente sulle persone sieropositive». Maurizio Lucini e Ethel Corbani il giorno delle nozze. Lui è stato condannato a 14 anni di carcere per omicidio volontario in quanto ha trasmesso l'Aids alla moglie, morta due anni fa a Cremona

Persone citate: Corbani, Ethel Corbani, Ferdinando Aiuti, Giuliano Pisapia, Lila Vittorio Agnoletto, Lucini, Mancini, Maurizio Lucini, Pisapia