Anglo-Boeri, orizzonti d'infamia di Mimmo Candito

Anglo-Boeri, orizzonti d'infamia Lager, deportazioni, giornalisti intimiditi: cent'anni dopo, la verità sui misfatti dell'Impero britannico Anglo-Boeri, orizzonti d'infamia Oro e diamanti dietro la «guerra giusta» Mimmo Candito invialo a CAPETOWN NEI negozietti di rigattiere che Long Street alterna ai bar più puzzolenti d'Africa, il ciarpame della me I moria espone soprattutto residui marziali del British Empire, mescolando confusamente elmetti coloniali ammuffiti e moschetti Enfield ancora in buon ordine, mappe di fine secolo, bandiere tarlate, qualche sciabola arrugginita. Londra è lontana ormai quanto un intero mondo, ma in questi polverosi archivi, a prezzo di saldo, il suo tempo resta ancora quello della conquista, la guerra anglo-boera che proprio in questi giorni celebra i suoi cento anni. Le guerre, che ammazzano sempre la verità, campano sui miti. O quanto meno, la loro memoria campa sul mito; e liberarsene è una faccenda complicata perchè orgogli severi montano la guardia al bidone. Eppure, anche al di là delle vetrine di Long Street, una qualche eccezione si va manifestando per questa guerra d'Africa. Il secolo che è passato ha cambiato i suoi protagonisti, Londra non vale più un impero, l'epopea Afrikans non ha resistito alla fine dell'apartheid; e si va comunque spazzando via la polvere che il tempo aveva accumulato sull'epopea del British Empire. La guerra cominciò con un attacco dei Boeri, tra l'I 1 e il 12 ottobre d'un secolo fa. In realtà era cominciata assai prima, forse già con l'arrivo qui delle truppe inglesi nel 1795, quando landra s'era presa questa lontana colonia olandese dopo le sue battaglie con !a Francia repubblicana. I Boeri (la parola significa contadini), fieri, rigidi, intransigenti nel loro calvinismo pionieristico, coltivavano l'orgoglio di essere gl'israeliti d'Africa, anch'essi «il popolo scelto da Dio», e nelle fattorie usavano gl'indigeni come schiavi sentendosene autorizzati aa quel loro destino di eletti del Signore; le leggi della nuova autorità britannica non soltanto urtavano lo spirito indipendente dei Boeri, ma minavano anche la struttura economica di quella società coloniale (liberare gli schiavi significava mettere in crisi i conti delle fattorie) e le sue stesse radici ideologiche (l'emancipazione dei neri comportava la sconfessione dell'identità religiosa della comunità olandese). La prima reazione fu la loro «Lunga marcia», il Grand Trek che nel 1835 li aveva portati ad abbandonare la colonia del Capo e, superate montagne e foreste, a fondare due repubbliche indipendenti negli aspri territori dell'interno, l'Orange Free State e il Transvaal. Ora i Boeri avevano di nuovo la loro Terra Promessa. Ma quando, nell'84, dalle parti di Johannesburg (ancora se ne vedono le montagne forate come una gigantesca gniviera color mattone) qualcuno trovò una pepita d'oro, non fu difficile al governo della regina Vittoria trovare una scusa per acchiapparsi il controllo di quel ricco forziere naturale. Sempre alle guerre si danno motivazioni nobili, e fra l'84 e il '99 ci fu tempo per fabbricarsi il mito del dovere di sottrarre ì neri di quell'ultimo mondo selvaggio (dove lo stesso Lmvingstone diventava messaggero cristiano) a violenze e sorprusi. C'era, in più, che da queste parti avevano cominciato ad affacciarsi le cannoniere di Bismarck, con le quali la Germania imperia- le non soltanto aveva provveduto a fondare le prime basi commerciali nella Namibia d'oggi ma anche aveva portato inquietanti offerte di aiuto al governo boero del presidente Kruger: è vero che nella Conferenza di Berlino era stata appena disegnata la mappa delle spartizioni coloniali del continente, ma le ambizioni britanniche d'una ferrovia - di un controllo politico, in realtà - dal Capo al Cairo, e lo sfruttamento delle risorse di oro e diamanti dell'Africa subsahariana, rischiavano di trovare ora nuovi ficcanaso. Bisognava rimettere un ordine, e - bandiere al vento - a Southampton le cannoniere issarono l'Union Jack. 5 I Boeri, ma ancora i libri di scuola del tempo dell'apàrtheid, raccontavano questa come la «Seconda guerra d'indipendenza»; fu soltanto una guerra coloniale, che mistificò con ì doveri dell'Impero, e con la retorica della civiltà, una conquista territoriale di buon valore economico e strategico. E non fu nemmeno quello che le cronache del tempo vollero fare credere: una campagna eroica, combattuta con sagacia tattica, contro uomini feroci e malvagi. I 450.000 soldati della regina erano cinque volte più numerosi dei loro nemici, eppure rischiarono ripetutamente di essere battuti se la tattica attendista dei Boeri non avesse fatto fallire gli assedi di Ladysmith e Mafeking. Lo storico Raymond Sibbad ora spazza via tutta quella retorica. «Altro che eroi, il comando inglese commise tali errori che fu sostituito. E a Mafeking, BadenPoweU lasciò morire cu, fame i nativi riservando il cibo soltanto ai bianchi». A raccontare quella guerra - per la quale il governo di Londra era riuscito ad accendere gli entusiasmi popolari - furono inviati in Africa i migliori corrispondenti, Hamilton per il Times, Parslow per il Daily Chronicle, Baillie per il Morning Post, ma anche Kipling, che lavorò per il Friend, e anche Churchill, che ebbe un ricco contratto dal Morning Post. I giornalisti (per primo lo stesso Churchill, che pensava soprattutto a farsi pubblicità a colpi di menzogne ed esagerazioni) fecero un pessimo lavoro, incapaci di opporsi a quanto gli chiedevano da Londra i lord tiirciiuri: per vendere giornali bisognava gonfiare la campagna, creare eroi, raccontare battaglie epiche; e anche se la guerra era fatta, invece, di lunghe operazioni tattiche, di assedi infiniti, di noiose giornate senza scontri, i dispacci inviati da quaggiù raccontavano glorie inesistenti, battaglie estreme, sacrifici, eroismi. Gli errori e l'impreparazione dell'esercito di Sua Maestà sono denunciati da una sola cifra: dei 22.000 soldati morti in queste terre, più di 14.000 furono vittime di malanni; ma i corrispondenti non lo raccontarono mai. Anche se la storia che se ne : tramandò fu così una epopea gloriosa e d'intensa partecipazione popolare, in realtà la guerra angloboera segnò l'inizio della fine dell'idea imperiale, con il suggello simbolico dato dalla morte della regina Vittoria proprio in quegli anni. La guerra era partita come una operazione di tempi brevi (all'inizio, la guarnigione britannica era soltanto di 14.550 uomini) e invece si chiuse soltanto nel 1902, quando il nuovo comandante, il generale Lord Kitchener, divise il territorio con lunghe barriere di filo spinato e ordinò la deportazione delle famiglie boere in campi di concentramento, dove la mortalità raggiunse anche un picco del 35% tra gli adulti e fu più del 60% tra i bimbi (in tutto, si contarono 26.000 morti). Il generale tolse l'acqua al «pesce», però impose condizioni che ora Jan Morris chiama esplicitamente «una primitiva anticipazione dell'Auschwitz nazista e del gulag staliniano». Ma intanto era scoppiata la rivolta dei Boxer in Cina, e la passione dell'opinione pubblica si era spostata altrove. La lunga "bttUciglui ui Liiuyu tjcOTge ijti i rati- tuire una verità a questa «guerra di civiltà» era diventata ormai inutile. Quello che allora non si riuscì a portare alla luce si sta però chiarendo oggi; e soprattutto comincia a scoprirsi come «i poveri nativi» per i quali s'era mosso l'esercito britannico furono poi anch'essi vittime disgraziate del conflitto. Quella anglo-boera fu certamente una guerra combattuta soltanto tra bianchi, ma i neri patirono violenze, la fame di Mafeking, le deportazioni boere (20.000 sarebbero morti nei campi di concentramento). Oggi, il museo di Bloemfontein - sacrario, un tempo, del nazionalismo boero - si va adattando alla nuova storia del Sud Africa; il «War Trail» offerto ai turisti ripercorre un itinerario di memorie che nessuna guida chiama ancora «i sentieri della gloria». In Sud Africa si comincia a riscrìvere la storia-, la crudeltà inglese anticipò Auschwitz e igulag Non fu una campagna eroica, combattuta contro gli eredi schiavisti dei contadini olandesi: i cronisti, compreso Churchill, nascosero gli enori e l'impreparazione dell'esercito La Guerra dei Boeri (dall'olandese «boer», contadino) iniziò nell'ottobre del 1899, quando il presidente del Transvaal Kriiger dichiarò guerra all'Impero inglese, già dalla fine del 700 impegnato in un'aggressiva politica coloniale nell'Africa del Sud. Il conflitto impegnò quasi mezzo milione di soldati inglesi: la battaglia decisiva avvenne a Paaderberg, nel febbraio del 1900, e durò dieci giorni. I boeri firmarono la pace il 31 maggio 1902, dopo mesi di guerriglia. La guerra costò all'Impero della regina Vittoria circa 22 mila morti, dei quali oltre 14 mila vittime di malattie. Si calcola che 26 mila boeri siano morti nei campi di concentramento inglesi. Nell'immagine, soldati neri durante l'assedio di Mafeking.