I fondi esteri all'attacco della nuova Telecom di Roberto Ippolito

I fondi esteri all'attacco della nuova Telecom Oggi il cda decide sulle minoranze. «I governi non si occupino di gestione delle imprese». Alleato cercasi per Tim I fondi esteri all'attacco della nuova Telecom Colaninno replica: nessun problema, rispettiamo la legge Roberto Ippolito inviato a GINEVRA Attaccato ma anche attaccante. Un po' per combinazione e un po' per scelta, Roberto Colaninno, presidente, amministratore delegato e soprattutto principale azionista della Telecom Italia, diventa protagonista della mostra quadriennale Telecom di Ginevra, una panoramica sugli affascinanti progressi delle telecomunicazioni. Intorno alle 14.30, mentre lui parla a un convegno sulle regole del mercato, si diffonde la notizia della dichiarazione di guerra di nove fondi esteri che hanno investito nella Telecom Italia, fra i quali Morgan Stanley Dean Witter. I nove gestori internazionali hanno scritto al ministro del tesoro Giuliano Amato e ai consiglieri di amministrazione indipendenti della società giudicando «gravemente lesivo dei diritti degli azionisti di minoranza» il progettò di trasferire il controllo della Tini dalla Telecom Italia al suo azionista di maggioranza, la Tecnost. I fondi chiedono un incontro ad Amato è sollecitano un esiline ilei riassetto nell'as¬ semblea degli azionisti di risparmio (privi di diritti di voto in quella ordinaria). Prima ancora di reagire, Colaninno parte all'offensiva su altri temi: durante il convegno critica l'Autorità di garanzia delle comunicazioni guidata da Enzo Cheli per le scelte sulle tariffe, invocando prezzi liberi. E più in generale parla dei vincoli posti dalle istituzioni: «Più i governi stanno fuori dal mercato, meglio è» dice. La frase fa scalpore: Colaninno rinfaccia interferenze al governo di Massimo D'Alema, preoccupato per gli effetti del riassetto? Nulla autorizza a dirlo. Certo Colaninno deve vedersela con la borsa diffidente per i suoi progetti e con i fondi inquieti, contesta l'Authority e scruta le mosse del governo. Difende semplicemente le sue posizioni? O rivela di essere solo contro tutti? Sceso dal palco del convegno di Ginevra, fa alcune precisazioni ai giornalisti. Si mostra sicuro dei suoi passi, rivendicando la correttezza dell'operazione TimTecnost: «Io rispetto la legge. Che la rispettino pure gli altri». Il numero uno della Telecom sembra ricordare che gli azionisti di risparmio non hanno diritto di pronunciarsi sulla riorganizzazione societaria. E non si dice turbato per il fatto che i fondi vogliono incontrare Amato: «Lo facciano, hanno il diritto di farlo». La parola passa al consiglio di amministrazione che oggi discute la nomina di un comitato indipendente che deve salvaguardare i diritti delle minoranze: «Quello che decide il consiglio sarà fatto». Colaninno non si sottrae poi alla richiesta di chiarire la frase sul governo. Attacca quello in carica? Lui garantisce di aver esposto un ragionamento di carattere generale senza allusioni all'attualità: «Sono per un sistema in cui il governo fa il governo e gli imprenditori fanno gli imprenditori. Non ho detto niente di diverso». 11 chiarimento c'è, ma quando ci sono tensioni una considerazione ovvia può far pensare all'apertura di un nuovo fronte di polemica. Polemica che investe invece direttamente l'Authority. Colaninno l'accusa di non aver affrontato «in modo adeguato e tempestivo» la revisione delle tariffe e il meccanismo del price cap (il tetto agli aumenti). Questo accade mentre «il passaggio da un regime di tariffe al regime dei prezzi è condizione fondamentale» per lo sviluppo della concorrenza. Colaninno, che tra lunedì e ieri ha incontrato i vertici di Bt, AtfH, Concert, Oracle e Cisco, nega poi di aver definito alleanze, ma dichiara di studiarle per la telefonia mobile (cioè Tim). A Ginevra ha visto anche Marco Tronchetti Provera, presidente della Pirelli: assicura di non aver concluso la vendita della Sirti. Roberto Colaninno, amministratore delegato e presidente di Telecom Italia

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