Scintilla nella polveriera atomica di Claudio Gallo

Scintilla nella polveriera atomica Scintilla nella polveriera atomica Un golpe che aggrava il confronto con l'India Claudio Gallo Dal punto di vista asettico della storia non c'è nulla di cui stupirsi. Nei 52 anni di vita del Pakistan i militari hanno spesso e volentieri preso il potere con le armi e lo hanno tenuto più a lungo di qualsiasi governo più o meno democraticamente eletto. A rendere la cosa preoccupante da un punto di vista umano è il fatto che questo golpe viene all'indomani di una sanguinosa guerra (non dichiarata) con l'India e segue il ping pong di test nucleari che i due Paesi nati sulle ceneri del Raj britannico hanno condotto nel maggio di quest'anno: cinque esplosioni sotterranee per Delhi, sette per Islamabad. Nawaz Sharif, pur avendo governato più da sultano che da primo ministro, era stato sensibile agli appelli dell'alleato americano, riuscendo a convincere i generali a ritirarsi dai picchi del Kashmir dove l'estate scorsa era scoppiata una strana guerra con l'India che rischiava di degenerare in conflitto totale. Una guerra strana perché ufficialmente si trattava dell'incursione di qualche centinaio di mujaheddin, ma in realtà era una operazione pianificata a cui insie- me ai guerriglieri, per lo più afghani, partecipavano in incognito truppe scelte pakistane. L'India fu presa alla sprovvista ma poi riuscì a riguadagnare quasi tutte le posizione perdute, al prezzo di migliaia di morti. Allora, a pochi mesi dai test nucleari paralleli, le voci nazionali¬ ste più accanite dei due Paesi invocavano l'uso dell'atomica. Sulle alture di Kargil i pakistani erano ormai in rotta, Wahsington premeva per la sospensione delle ostilità. Fu allora che Sharif prese la decisione che ha meso in moto la catena di eventi culminata nel put- sch di ieri. Chiese a Parvez Musharraf, capo dell'esercito che proprio lui aveva nominato, scavalcando ufficiali più anziani e accreditali, di fare rientrare gli ultimi mujaheddin. Un grande scacco per i militari, il cui sacro ideale è la riconquista del Kashmir, reso più bruciante dal fatto che un'operazione così complessa difficilmente poteva essere preparata senza l'assenso, magari ambiguo, di Sharif Vinsero le ragioni della politica e fu la pace, ma si ruppe allora il rapporto di lealtà di Musharraf con il suo protettore. Nei giorni successivi il premier si sforzò di arginare l'invadenza dei guppi annali islamici arrivando ad ammonire i Talehan per un massacro di attivisti della minoranza sciita. Un gesto senza precedenti se si tiene conto che i Talehan, al potere in Afhganislan, sono una milizia creata dai servi segreti pachistani non senza l'assenso degli Stati Uniti. La mossa finale è stata la destituzione del non più fidato Musharraf con il capo dei servizi segreti. A questo punto i generali devono aver pensato che la politica doveva rimettersi la divisa e sono scesi in piazza. Dall'India neppure un commento, solo la notizia che l'esercito è in allerta. I gen. Musharraf, a destra, con il vicecapo dell'esercito indiano, gen. Shekhar

Persone citate: Musharraf, Nawaz Sharif, Parvez Musharraf, Sharif Vinsero

Luoghi citati: India, Islamabad, Pakistan, Stati Uniti