Andreotti, ultima difesa prima della verità

Andreotti, ultima difesa prima della verità «Spero di avere una proroga di vita altrettanto lunga». All'uscita dall'aula rifiuta il bacio di un amico Andreotti, ultima difesa prima della verità Igiudici in camera di consiglio per un processo durato 4 anni Antonio Ravidà corrispondente da PALERMO Dalle 11,15 di ieri i giudici della quinta sezione del tribunale di Palermo sono in camera di consiglio per decidere se Giulio Andreotti sia mafioso o uno statista che al contrario ha combattuto Cosa Nostra. La sentenza sarà probabilmente emessa tra martedì e giovedì della prossima settimana. I tre giudici torneranno con il verdetto nell'aula bunker del nuovo carcere palermitano in contrada «Pagliarelli», intitolata a Vittorio Bachelet.I pm, che hanno chiesto la condannata del senatore a vita, hanno prodotto una documentazione di oltre 20 mila pagine. Andreotti e l'unico imputato nel processo cominciato il 25 settembre 1995 dopo l'istruttoria aperta sette anni fa, culminata il 27 marzo 1993 con il rinvio a giudizio. Il sette volte presidente del Consiglio e 21 volte ministro ha assistito alle principali delle 250 udienze, prendendo fitti appunti su quaderni con la sua calligrafia minuta. Ieri, dopo l'intervento finale dell'avvocato Gioacchino Sbacchi, presidente della camera penale di Palermo e uno dei suoi quattro difensori, Andreotti ha parlato in aula per trentasei minuti rendendo quel¬ le che in gergo giudiziario son chiamate «dichiarazioni spontanee». Altre ne aveva fatte in precedenza e in cinque udienze, proponendo anche una ministory della de. Quand'è uscito dall'aula, mentre superscortati i giudici raggiungevano la camera di consiglio, Andreotti è stato accolto da un applauso e un fan, l'ex sindaco ed ex senatore de Paolo Bevilacqua, gli si è avvicinato per baciarlo. «No, il bacio no», ha esclamato il senatore a vita rosso in volto, ritraendosi e sfoderando un sorriso carico di ironia, con sottintesa allusione al bacio con Totò Riina, uno dei perni dell'accusa e, secondo lui, invece, se fosse stato vero, roba da farlo finire in clinica psichiatrica e non in carcere. Un giornalista gli ha domandato quanto questo processo gli sia costato umanamente. E lui: «Parecchio. Adesso spero di avere una proroga di vita altrettan¬ to lunga». E su cosa provasse nel lasciare per l'ultima volta l'aula ha risposto: «Molto piacere, per la verità». Approfittando di un'altra domanda sull'ailora de palermitana, Andreotti è ritornato sul fatto che Amintore Fanfani («Dio mi guardi, non è che voglio chiamarlo in causa!) non sia mai stato interrogato anche se Salvo Lima era stato nella sua corrente. «Mi sembra un minimo di istruttoria che andava fatto», ha con¬ cluso ribadendo la tesi che con il processo si è voluto ordire un complotto ai suoi danni. Il presidente del tribunale è Francesco Ingargiola, trapanese, 64 anni (pretore a Corleone nel 1970 condannò per la prima volta Luciano Liggio). Ha condannato per mafia a 7 anni Vito Ciancimino e a 10 anni il questore ed ex numero tre del Sisde Bruno Contrada (tra breve ci sarà il processo d'appello). Giudici a latere sono Antonio Balsamo e Salvatore Barresi, che avevano già ricoperto lo stesso ruolo nel maxiprocessobis alle cosche di Palermo. Pm sono il procuratore aggiunto Guido Lo Forte (già primo collaboratore di Gian Carlo Caselli per cinque anni nella Direzione Antimafia di Palermol e Roberto Scarpinato, ex segretario del Csm. 11 terzo pm, Gioacchino Natoli, l'altr'anno ha dovuto abbandonare il processo dopo essere stato eletto noi Csm. GIULIO ANDREOTTI, 80 anni, è accusato di associazione mafiosa. Per lui i pm di Palermo hanno chiesto 15 anni di carcere. Secondo i magistrati, Andreotti sarebbe stato il garante di un ininterrotto rapporto di coabitazione tra poteri mafiosi ai più alti livelli e pezzi della politica e delle istituzioni di cui era tramite Salvo Lima, l'eurodeputato assassinato nel marzo del '92. In caso di condanna, all'imputato potrebbe essere inflitta una pena che va da un minimo di 6 anni (con le attenuanti generiche) ad un massimo di 15 ► IL COLLEGIO DEI GIUDICI. E' presieduto da Francesco Ingargiola, 64 anni. A latere Salvatore Barresi e Antonio Balsamo. La camera di consiglio è situata nell'aula bunker del nuovo carcere di Pagliarelli, inaugurata tre anni fa. Qui i tre magistrati alloggiano in comode stanze, e ai loro pasti pensano gli agenti di polizia penitenziaria. Il dispositivo di sentenza verrà letto nell'aula B2 «Vittorio Bachelet» ▼

Luoghi citati: Corleone, Palermo