Trionfa il regno di «Disinformazia» di Filippo Ceccarelli

Trionfa il regno di «Disinformazia» Il termine coniato proprio dai sovietici significa «confondere le idee e creare ansia» Trionfa il regno di «Disinformazia» Filippo Ceccarelli FUORI le «carte mancanti» del dossier Mitrokhin! Fuori «i veri nomi» degli spioni sovietici! Attenzione: l'appello che avete appena letto, con tanto di punti esclamativi, è un classico esempio di «disinformazia». Salvo sorprese, naturalmente, non dovrebbero esserci «carte mancanti»; e i nomi, si spera, a parte quelli non identificati, sono quelli usciti ieri. Asserire il contrario confonde le idee, solleva polvere, intorbida le acque e crea ansia. Ma proprio a questo serve la «disinformazia». La parola è russa. Nel giugno del 1991, in una cortese, ma polemica lettera all'Unità (c'entrava il generale De Lorenzo), Talloni presidente della Repubblica Cossiga si peritò di scriverla e farla pubblicare in caratteri cirillici. «Il termine che utilizzo - spiegò è senza alcuna malizia russo perché sono i sovietici del Kgb che lo "inventarono", mutuandolo peraltro da tecniche già ampiamente usate dalla pratica prima del Comintern e poi del Cominform». L'invenzione, o meglio la certificazione lessicale risale in effetti al 1957, quando venne creato il Dipartimento «D», sotto la guida del baffuto generale Ivan Ivanovic Agayants. Di «disinformazia» le carte Mitrokhin offrono la più straordinaria varietà di applicazioni, il Kgb fa nascere il comitato Italia-Spagna, che formalmente chiede il ritorno dei partiti e l'amnistia per i prigionieri del regime franchista; e organizza (tramite un giornaletto di Catania) una velenosa operazione contro la moglie del dissidente Sacharov, presentata come donna avida e crudele, «responsabile di molti assassini». C'è una scheda, in particolare, che espone le varie attività, anche minute, organizzate in Italia dal Kgb come una specie di lista della spesa: 48 articoli, 10 «conversazioni di influenza», 4 appelli, 4 operazioni «in spedizione postale», 2 lettere anonime, 6 interpellanze parlamentari, 1 conferenza stampa, 4 documenti verbali «disseminati», 1 delegazione «riunita e mandata fuori», 2 volantinaggi. Questo per il 1975. L'anno seguente più o meno lo stesso, oltre a «un libretto distribuito" e una tavola rotonda; mentre il 1977 si distingue per "2 apparizioni televisive" e una mostra. E tuttavia, prima di entrare nel merito di tante altre «campa¬ gne», e ferma restando la specializzazione eminentemente sovietica della fabbrica del discredito, vale giusto la pena di segnalare che la pratica disinformatrice è usata anche dai servizi occidentali, essendo in realtà molto, ma molto antica. Con qualche ragionevolezza, e con buona pace del generale Agayants, la si può addirittura far risalire all'idea stessa del demonio, principe di ogni menzogna. E in ogni caso, «le origini della disinformazione - ha scritto Dario Fertilio in un bel libro intitolato Ia> notizie del diavolo (Spirali, 1994)-si confondono con quelle dell'arte guerresca». Vedi la guerra psicologica culminata nel cavallo di Troia, tipico esempio di «disinformazia» degli Achei ai danni dei Danai; o certi terribili precetti sulle spie divulgati in Cina da Sun Tzu circa 2.500 anni orsono. Certo, a scorrere le carte Mitrokhin, il contesto storico dei blocchi è dominante, e la «disinformazia» appare come il proseguimento della guerra fredda con i mezzi della comunicazione. Gli agenti del Kgb devono dimostrare a Mosca di avere «influenza» (su politici, giornalisti, organi di informazioni) e di poter così condizionare gli eventi nel senso richiestogli. A questo scopo agganciano gente. Talvolta, nelle schede che parlano di questi contatti, anche inconsapevoli, il linguaggio si fa brutale. Alcuni giornali sono «usati». Un illustre politico è «gestito», neanche fosse un bimbo. A volte gli spioni riescono a raggiungere i loro scopi; a volte ò umano - fanno finta di esserci riusciti - anche perché sul piano dei risultati le verifiche sono difficili. E restare in Occidente è per loro una pacchia. Comunque ci provano. Quel che più interessa sono i metodi. Nel 1968 la «residentuni» pensa di poter «distrarre l'opinione pubblica» dall'invasione della Cecoslovacchia facendo saltare un oleodotto in Alto Adige e dando poi la colpa ai nazionalisti italiani che avrebbero reagito agli attentati del terroristi tirolesi. Complicato, ma è così. Ma non se ne fa nulla. Qualche anno dopo organizzano una insitliosa triangolazione mollando ai servizi ungheresi documenti fasulli sull'Armata rossa, affinché giungano agli italiani. La falsificazione é, com'è ovvio, la figlia prediletta della «disinformazia». Nel I960 si tengono veri e propri corsi, 96 ore per specializzarsi su «timbri e sigilli di gomma», più 12 ore di «discussioni teoriche». Un emiliano è arruolato per la riproduzione di foto, calchi, coni e inchiostri. E a occhio non è per gli auguri di Natale. Quella della disinformazione si presenta infatti come una scienza assai complessa. Tanto che Fertilio ne classifica in maniera convincente le varie articolazióni tecniche: «automanipolazione», propaganda «bianca», «grigia» t! «nera», «imagologia», «oneway fìow)> (informazione a senso unico), tfunctional /loiv» e così via. Ma il vero campo di applicazione, il più violento, resta quello del discredito. Con espedienti perfino letterari (un ex amante russo, girovago), si inventano storie sulla Sacharova; si assembleano dicerie sulle speculazioni edilizie di Berlinguer; si raccolgono notizie intime su Macaluso. E con qualche eccesso di pomposità si battezzano alcune operazioni. Alcune nate su iniziativa della «residentura», altre che il Kgb cerca di fare proprie: «Bonza» per «screditare il maoismo come tendenza anti-socialista»; «Shpora» per enfatizzare i sospetti dei de su un possibili; ruolo americano nel caso Moro; «Kreshchendo» per «compromettere la politica di Carter sui diritti umani»; «Piatati» contro le ingerenze della Cia. Per il resto si trattava di far credere che i sottomarini nucleari in Sardegna rovinavano l'ambiente; e che occorreva opporsi alla bomba al neutrone, Facciamo un bel comitato su questo, pensava allora il K);l). Salvo poi accorgerei che lo «orientavano» altri. Con il che lasciando lievitare la speranza - ed è un bel modo per chiudere - che ugni diabolica «disinformazia» abbia al proprio interno il \w divino contrario. Alla pratica del discredito in realtà fanno ricorso anche i servizi segreti occidentali E' una scienza complessa Un ramo è l'«imagologia» un altro la «manipolazione» Il Cavallo di Troia Sopra: il presidente Usa Carter. Sotto: Mao Tse Tung

Luoghi citati: Catania, Cecoslovacchia, Cina, Italia, Mosca, Sardegna, Spagna, Usa Carter