MOSCA E PALERMO STESSA ITALIA di Luigi La Spina

MOSCA E PALERMO STESSA ITALIA MOSCA E PALERMO STESSA ITALIA Luigi La Spina IN una terra di confine, come è stata l'Italia per cinquant'anni, non ci sono stati mai, invece, veri confini tra la politica, la giustizia e neanche la storia. L'Italia, non solo per nostra fortuna, non è più terra di confine, ma la confusione, purtroppo, è rimasta e inquina gravemente sia la nostra politica, sia la nostra giustizia e sia la nostra storia. Per una coincidenza temporale curiosa, nel nostro Paese si stanno accavallando in questi giorni due vicende, diversissime e imparagonabili fra loro, che però si prestano a utili riflessioni parallele su questa grande e irrisolta confusone italiana. Da una parte le cosiddette «rivelazioni» del dossier Mitrokhin che riaprono il processo politico sulle responsabilità de. la sinistra, pure quella non comunista, nei confronti dell'Unione Sovietica. Dall'altra il processo, questa voita in un'aula di giustizia, contro Andreotti, pretesto per una sentenza anche contro la De e, in generale, contro i gruppi dirigenti italiani nel dopoguerra per i rapporti con la mafia. Entrambe le questioni, come si è detto, vanno a infilarsi in quella nube di confusione, d. ambiguità, viltà e strumentalizzazioni reciproche che inchiodano la vita pubblica italiana a una condanna sicura: non arrivare mai ad individuare precise responsabilità e colpevoli certi e, nello stesso tempo, riuscire a continuare all'infinito nel gioco delle accuse incrociate Con il risultato di poter aprire o chiudere il rubinetto della storia secondo le personali convenienze La sentenza non arriva mai, in maniera da evitare sempre l'archiviazione. La destra, in preda a una sindrome comparativa or sessinnante, guarda costantemente indietro. Non riesce a capacitarsi di quella che considera una usurpazione intollerabile: gli eredi dello sconfitto comunismo sono al potere. Così, cercando di rigirare il film della storia all'indietro, spera in una rivincita che capovolga il sorprendente finale. La sinistra preferisce ignorare un passato imbarazzante, illudendosi che si possa ancora vincere, in futuro, senza una identità e senza una storia, anche se controversa e discusse. La confusione fra politica, giustizia e storia fa comodo a tutti: se Andreotti sarà assolto in un'aula di tribunale lo sarà anche per il tribunale della politica e della storia. Se sarà condannato, trascinerà nsl fango cinquant'anni di classe dirigente italiana. Se nel dossier Mitrokhin possono comparire filosovietici conclamati e irriducibili anticomunisti, tutti siamo un po' colpevoli e quindi siamo tutti assolti. Così, anche per questa volta, siamo tutti vincitori. Come al solito siamo tutti, al momento opportuno, fascisti della prima ora, antifascisti da sempre, liberali in eterno. Per uscire dalla minorità politica di questo Paese l'unica ricetta è quella, faticosa ma inevitabile, di distinguere. Tra chi coltivava un ideale, anche se sicuramente sbagliato, e chi era a libro paga di una potenza nemica. Tra chi combatteva una battaglia anticomunista sulle piazze, a viso aperto, e chi utilizzava alleanze piti o meno dirette con la malavita organizzata. La storia non accetta assoluzioni collettive, la giustizia persegue responsabilità individuali sulla base di prove certe, la politica giudica, solo col voto, i comportamenti della sua classe dirigente. Clausewitz diceva che la guerra è la prosecuzione di Ila politica con altri mezzi. In Italia, la guerra, quella fredda, è fini'.a. Ma la politica, quella senza aggettivi, non ha ancora preso il suo posto.

Persone citate: Andreotti, Clausewitz, Mitrokhin

Luoghi citati: Italia, Mosca, Palermo, Unione Sovietica