Petra, le origini della terra nella magia della Città Rosa

Petra, le origini della terra nella magia della Città Rosa RIMASTA NELL'OBLIO PER SEI SECOLI, RISCOPERTA DA UN ESPLORATORE SVIZZERO MASCHERATO DA ARABO Petra, le origini della terra nella magia della Città Rosa • REPORTAGE Fiorella Minervino' POCHE emozioni sono profonde e perturbanti come la vista di Petra la prima volta che si ha in sorte di ammirarla. Federico Zeri sosteneva che non era possibile scomparire dalla terra senza aver conosciuto la Città Rosa, l'incredibile monumento originato dalla natura, poi dall'uomo, che riconduce alle origini della terra: il suo destino è di scomparire in un futuro imprecisato. La via più semplice per arrivarci è atterrare ad Ammali, salire su un pulmann e percorrere la «Desert Road» o la più antica «King's Road» (300 chilometri fra rocce, strapiombi, montagne) il più possibile di buonora. La luce del mattino accende dei colori e sfumature più incredibili le colossali strutture rupestri, cos'i come il tramonto muta il rosa nel colore dell'oro. E' preferibile l'alba perchè via via il numero dei visitatori cresce come un incubo. Raggiunto il villaggio moderno di Wadi Musa, si scende in un parcheggio vicino al Visitors' Center (aperto dalla 7 alle 17 in estate, fino alla 16 in inverno) e si noleggiano cavalli o dromedari per raggiungere la città, risparminado 30 minuti di camminata. Talvol ta con un po' di freddo e una nebbia bassa (Petra si trova a 1000 metri di altezza, non lontano dal Mar Morto) si percorre la strada sterrata: poco a poco, da dietro le nuvole il sole comincia a imporsi, le rocce paiono affiorare come d'incanto e divenire più rosate, ed ecco un primo miracolo: il Sik, una mirabolante strettoia, la gola generata da sommovimenti, e scolpita dal sole, dall'acqua, dal vento per secoli e secoli. E'ia via d'accesso alla città, con rocce alte da 70 a cento metri, architetture geologiche dalle mille venature e screziature con forme arrotondate o scarnificate, ora modellate o a strapiombo, talora con blocchi sulla cima che paiono sul punto di cadere. Le guide faticano a spiegare che un tempo, prima del periodo Noelitico (dal 9000 a.C. risultano insediate comunità come svelano reperti archeologici) qui c'era il mare. A mano a mano che ci si addentra nella valle ad anfiteatro, si perde la nozione del tempo. Ci si sente come microbi di fronte a tali sommità e meraviglie; l'occhio si perde fra rocce levigate, minusco- li altari per le divinità Dushara e Al Uzza, fra tombe o abitazioni incastonate ovunque. A Petra, secondo la Bibbia verso il 1500 A.C, si insediò in grotte e montagne il popolo degli Oriti, cacciato poi dagli Edomiti, che si dicevano discendenti di Esaù, dunque di Mose, e verso il XII secolo a. C. occuparono le terre fino ad Aqaba. Secondo la Bibbia essi però impedirono a Mose di attraversare il loro territorio per raggiungere la terra promessa. Nel frattempo avanzava un popolo nomade, di ceppo linguistico aramaico, dalla Penisola Arabica. I Nabatei, nomadi sospinti dall'espansione dell'Impero di Babilonia, sono citati nel IV secolo a.C, ma la loro infiltrazione è precedente. Sono loro i costruttori di Petra, abitanti del deserto che praticavano la pastorizia e ignoravano l'agricoltura, forti, determintati, scavarono cisterne e affrontarono problemi idraulici inauditi, intrappresero le magnifiche architetture. Subirono invasioni, attacchi nemici. Privi di una propria tradizione figurativa, seppero ispirarsi ai greci, ai romani, come prima ai babilonesi ed egiziani, e dall'Occidente in generale, per dare vita a forme, sculture, architetture che abitano la valle. I Nabatei vantarono sovrani importanti, comprese le donne come la regina Shaquilat, che fecero di Petra un centro di commerci, una città dalla posizione difendibile con 30.000 abitanti, secondo Diodoro Siculo, Strabone, Plinio il Vecchio. Si cammina e si superano tomi», minuscoli monumenti, figure accennate o cancellate da pioggia e vento, enormi dadi monolitici a forma di cubo, finché si raggiunge la magnifica Tomba degli Obelischi. Sormontata da 4 piramidi scolpite nella roccia della facciata, con sotto il Triclinium, una camera centrale con loculi e un triclinio in pietra, pare un'unico monumento, mentre sono due e ben distinti, seppur danneggiati. D'improvviso, impotenti e senza fiato, ci si trova davanti il Khasné Farum (Tesoro del faraone), il più famoso monumento di Petra, ben conservato grazie alla posizione al riparo. Incassato in una parete verticale, vanta una facciata alta circa 40 metri e larga 28, divisa in due piani. Sotto, un portico a frontone con sei colonne corinzie, mentre all'esterno due gruppi equestri rappresentano forse i Dioscuri. La parte superiore è divisa in tre elementi: al centro un tempietto rotondo, una tholos, con tetto sormontato da un'urna: da cali nasce il nome di Tesoro, i beduini pensavano che un faraone vi avesse nascosto ricchezze favolose. A fianco appaiono due semifrontoni sorretti da colonne enintre due nicchie sono in secondo piano. Figure femminili adornano l'insieme, forse Amazzoni. L'ampio vestibolo costituisce l'interno dell'edificio. Per la stupefacente architettura, gli artefici costruirono nell'arenaria cominciando dall'alto in basso perchè non crollasse. L'eleganza e la lievità fanno pensare che a crearlo, fra la metà del I secolo a. C. e il successivo d.C, furono maestranze venute da lontano, forse alessandrine, che lavorarono con scalpellini locali. Si incontra, poi, il teatro romano, a gradinate semicircolari, scavato nella roccia con 33 file di gradini tali da ospitare 3000 spettatori, assai deteriorato, è il punto dove i ragazzini del luogo vendono riproduzioni di oggetti nabatei e pezzi di "rocce" in arenaria. Per la tomba di Uneishu del 1 secolo d.c. con frontone greco ornato di motivi originati dall'Arabia Saudita, bisogna inerpicarsi su per una scalinata che pare imboccare il cielo. Vale la pena, di nuovo ci si peide in una visione metafisica: la quinta scenografica che è la vallata delle Tombe Reali, con la via colonnata, dalla pavimentazione in pietra che rinvia all'Imperatore Traiano che conquistò Petra e volle abbellirla. Fra le Tombe non c'è che da scegliere, quella dell'Urna è la più appariscente, con faccciata arretrata e quattro colonne ad architrave. Seguono la Tomba della Seta, quella Corinzia, quella del Palazzo e così via Ciascuna con varianti, mescolanze di stilt, grandiosità che inducono a pensare che i sovrani Nabatei,(erano forse destinate a loro) avessero un solenne gusto della monumenta lità. A questo punto, i visitatori hanno perso ogni cognizione di temilo o spazio, rinchiusi fra queste meraviglie che all'epoca delle crociate, dopo il 1189 e la conquista di Saladino vennero dimenticate dall'Occidente, cancellate dalla memoria come taluni monumenti di sabbia. Solo rari eruditi rammentavano la città scavata nella roccia, descritta da autori latini, greci, bizantini, arabi con avarizia di dettagli. Per sei secoli rimase nell'oblio tinche il giovane esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt, nel 1812, mascherato da arabo, scopri la magica città tenuta segreta dai beduini. A 1000 metri, non lontano dal Mar Morto, si percorre la strada sterrata: in breve, da dietro le nuvole, il sole si accende, le rocce affiorano come d'incanto ed ecco un primo miracolo: il Sik, mirabolante gola scolpita dal vento e dai terremoti MENTRE CI SI ADDENTRA NELLA VALLE AD ANFITEATRO SI PERDE LA NOZIONE DEL TEMPO E CI SI SENTE COME MICROBI DI FRONTE A TALI SOMMITÀ E MERAVIGLIE ; <:. v Le meraviglio"L se dei suoi templi: la Città Rosa, tenuta DUE GUIDE ■ Fabio Bourbon, «Petra, guida archeologia alla città scolpita nella roccia», distribuito dal Tourìng Club, pP. 144, numerose illustrazioni a colorì, L. 50.000 ■ «Giordania: Amman, Jarash, Petra, Aqaba, Il Mar Morto, i castelli del deserto», guide del mondo, ed. Tourìng Club, pagine 146, L 40.000

Luoghi citati: Amman, Aqaba, Arabia Saudita, Babilonia, Giordania