Com'è triste Venezia per la Fratti di Sergio Trombetta

Com'è triste Venezia per la Fratti Biennale Danza Com'è triste Venezia per la Fratti Sergio Trombetta inviato a venezia Il colpaccio non è riuscito. Non che fosse brutto l'assolo «Il tempo dell'acqua» coreografato da Carolyn Carlson per Carla Fracci che domenica ha chiuso una delle serate più attese della Biennale Danza. Ma decisamente inferiore alle aspettative. Questa accoppiata Carlson-Fracci era annunciata come l'incontro di fine millennio fra l'impalpabile eterea icona romantica e la coreografa modernissima e iconoclasta. E adesso che l'evento non c'è stato? Pazienza. Perché la rassegna, che porta troppo fortemente impresso il marchio della commissaria alla danza, Carlson, comunque allinea per un mese al Teatro Goldoni una sorprendente serie di assoli femminili ed ha come tema costante la donna e l'acqua. Con un gran bel vestito di Ferré, chiffon nero incrostato di paillette argentate, la Fracci si presenta in apertura dell'assolo in un palco di proscenio. Dall'espressione del viso, improntata a una marmorea fissità, dalla musica di John Adams che rielabora la «Lugubre gondola» di Franz Liszt, si capisce subito che ci sarà poco da ridere: le due signore l'han presa molto sul serio. Dalla platea «Madame» sale in palcoscenico e l'assolo si dipana dunque attraverso tutte le variazioni del tragico, con brandelli di personaggi che hanno fatto grande la nostra ballerina (Giulietta, Giselle), ma virati al funebre. E la musica, dalla vibrante pomposità wagneriana, dà la sua mano. Veniva in mente, per contrasto, «Pergolesi» lo splendido assolo che Twyla Tharp ha realizzato anni fa per Baryshnikov. Anche li era un ripercorrere le tappe di una carriera (quella di ballerino classico) ormai conclusa. Ma con una cosa in più: il gusto di prendersi in giro, l'ironia. Qui invece un tristissimo senso di congedo dal mondo (della danza) permeava il brano. Per quelli che considerano felicemente conclusa la parabola artistica di Nostra Signora della Danza, la cosa aveva i suoi risvolti positivi. Che la serata non fosse improntata e giocose lievità mozartiane lo si era capito sin dall'inizio quando la giovane finlandese Nina Hyvarinen, nel brano «Il freddo dell'acqua», si è presentata su un palcoscenico disseminato di sculture realizzate con pani di ghiaccio accostati in verticale e ha incominciato ad attaccarli con un grande gancio, a graffiarli con le unghie, lapparli, tentare di sedurli. «Ballerà fino a quando s'è sciolto tutto il ghiaccio?» è stata la domanda allarmata in sala. Per fortuna no. Per il proprio assolo («Il vuoto dell'acqua», musica di Luigi Nono) la Carlson si è presentata in calzamaglia verde e sigillata in un'enorme busta di plastica trasparente, per dare il via a evoluzioni varie ora più seduttive ora più agitate. L'effetto era quello di un gatto finito per sbaglio nel sacchetto del supermercato: anche nella danza contemporanea fra il sublime e il ridicolo c'è solo un passo. Ma quando il pubblico incominciava a temere problemi respiratori, la poverina ha estratto il capo, è sgusciata fuori dalla busta e, quatta quatta è uscita di scena. Meno male che c'era anche Sabine Kuplèrberg. E' poco nota da noi. E' la moglie di Jiri Kylian e il grande coreografo le ha regalato, anni fa, questo gioiello di assolo, «Silent cries». E' danzato su «L'aprés midi d'un Faune» di Debussy dietro una lastra di vetro impiastricciata di gesso bianco. Detta cosi sembra una banalità, invece è molto bello, pieno di poesia e reso dalla danzatrice con forte presenza scenica e l'autorità di una grande artista.

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