Una «insalatona» Anni Settanta di Filippo Ceccarelli

Una «insalatona» Anni Settanta Una «insalatona» Anni Settanta Nomi errati e strane trame: una P2 rovesciata analisi Filippo Ceccarelli ROMA TRA emozioni, delusioni, scetticismo e antichi ricordi, è una bella spremuta degli anni Sessanta e ancora di più Settanta, quella che viene offerta - a tarda sera, con gli errori, le omonimie e le dimenticanze del caso - dalle carte Mitrokhin. Cartacce, anche, eppure a loro modo plausibili e comunque rappresentative di tutta un'epoca di cui solo oggi si riescono a comprendere le asprezze e le paranoie. I nomi sono quelli che sono. Gli errori di stampa sono tantissimi e anche spassosi. Ma non solo per questo i nomi vanno presi con il più classico beneficio d'inventario. Si va dal vicepresidente del consiglio dei governi del secondo centrosinistra, Francesco De Martino, ci segretario di Enrico Manca; da una figura storica del movimento operaio come Lelio Basso a misteriosi funzionari dell'apparato centrale di piazza del Gesù; da Cossutta a Macaluso, che pure negli scorsi anni si erano scontrati, e proprio sulla questione del Kgb (Macaluso aveva sostenuto che i servizi sovietici avevano addirittura cercato di ammazzare Berlinguer), in maniera durissima. E via, via passando per Salvatore Cacciapuoti, il capo del Pei stalinista di Napoli, presente a Mosca al XX congresso del Pcus e comparsa inquietante nel Mistero napole tano di Ermanno Rea, si arriva a Franco Galluppi, un trotzkista romano che uscì dal Psdi di Tanassi per dar vita, alla metà degli anni Settanta, dopo un pestaggio da parte dei fascisti, ad un gruppetto di socialdemocratici di sinistra dall'impronunciabile sigla, Ursd. A che titolo tutti questi personaggi, e tanti altri ancora, siano stati coinvolti nelle trame del Kgb è quanto di meno chiaro, al momento, si possa immaginare servendosi con qualche nausea all'interno del mare magnum o se si vuole nell'immensa insalatona piccante di Mitrokhin. In compenso, si distinguono gli snodi politici attorno a cui ruota l'incessante attività dello spionaggio sovietico nei palazzi politici italiani. Dai pericoli di golpe allo «strappo» berlingueriano, dal pacifismo rosso agli sviluppi del terrorismo il Kgb mostra di essere stato molto presente. Più difficile è dire quanto abbia condizionato. Valigie di pelle, comunque, e dollari falsi, ricetrasmittenti e affari spregiudicati. A occhio, si direbbe una specie di P2 alla rovescia. Vacanze in Russia e associazioni di amicizia fra i popoli al posto di viaggi in Argentina e incontri conviviali a sfondo massonico. In fondo, lo spionaggio si assomiglia e l'Italia, dopo tutto, era terra di frontiera. Proprio là dove i due imperi si fronteggiano, c'è il controllo occhiuto del Pei, partito considerato a Mosca molto più figlio che fratello. Si capisce benissimo che i russi hanno degli uomini di loro strettissima fiducia. Molti fanno i primi della classe con i compagni dell'ambasciata. Uno dei vecchi è Paolo Robotti, il cognato di Togliatti. Uno dei «giovani» - allora - è Armando Cossutta. La continuità garantisce agganci là dove si prendono le decisioni, anche perché i sovietici tendono a mettere bocca su tutto, in primis sulla successione di Longo. Di Berlinguer si fidano assai poco. Il vecchio leader, oltretutto malato, cerca allora di convincerli. Ciò nonostante il Kgb prepara - non si sa mai - un risibile «crostino» al nuovo segretario: provano cioè a screditarlo, forse con la storia che la famiglia possiede un pezzo dell'isola Piana, in Sardegna. A loro modo i sovietici intuiscono anche con qualche anticipo rispetto al lancio dell'eurocomunismo, che il leader sardo può arrivare allo «strappo». S'informano sugli uomini che Berlinguer si porta in segreteria - e ci fosse un cognome scritto in modo corretto. Di qui comunque il massiccio aiuto finanziario a Cossutta, ormai fatto fuori dalla nomenklatura Pei, per quello che verrà poi definito a Botteghe Oscure il «lavorio». Eppure, quel che colpisce di più è un altro «lavorio», quello svolto sul corpaccione indifeso del vecchio partito socialista pre-craxiano. Sotto questo aspetto acquistano un rilievo particolare i continui e insistiti racconti più o meno giovanili di Bettino sull'influenza sovietica sul Psi. Pino a ieri li si poteva etichettare come eccessivi. Oggi il giudizio potrebbe essere senz'altro rivisto. Quando la corrente autonomista vince lo scontro con i «carristi» e si va al centrosinistra, l'Urss si fa un «suo» partito socialista, il Psiup. Il Psiup, soprattutto in politica estera, serve moltissimo ai russi. Basso è tra i fondatori, insieme agli altri «carristi». Anche questo si sapeva, ma non così bene. Qualcosa di sovietico resta appiccicato anche al Psi. In questo conlesto esce fuori la vicenda di De Martino, segretario dal 1972 al giugno del 197(5, quando fu detronizzato all'hotel Midas dai quarantenni, tra cui quel Manca, suo braccio destro, che nel dossier viene chiamato «Manco». Già nel giugno del 1992 si parlò di finanziamenti del Pcus al Psi demartiniano, con tanto di smentite del «professore» e dell'amministratore Di? l'ascalis. Certo Craxi, che pure come si è detto era diffidente e sensibile alle trame dogli spioni, non usò mai questo argomento per contrastare la linea di Manca, che poi gli divenne fedele, e anche quella di De Martino. Socialista, ma di una correo lina oltranzista di sinistra, per giunta slegata dalla sinistra classica di Riccardo Lombardi e poi di Signorile, era Michele Achilli, un urbanista lombardo che si occupava anche di esteri, e che nelle carte Mitrokhin è indicalo come un agente ungherese. Anche qui: vai a sapere. Forse il punto è che lo spionaggio politico, per suo istinto e vocazione, tende inesorabilmente a ravanare intorno alle cornimi e correntine di minoranza. Anche Falco Accame, ex contrammiraglio e grande esperto militare e di strategia, iniziò la sua carriera politica nel Psi, per conto del quale divenne presidente della Commissione Difesa. A suo tempo fine anni settanta - preparò un'analisi a Bettino Craxi sui rischi di golpismo in Italia. C'era stata la Grecia, il putch militare, e il clima era quello. Socialdemocratico e a un certo punto anche sottosegretario era invece Giuseppe Amadei (che le carte si ostinano a chiamare Amedei). Del Psdi deve essere stato anche tesoriere. Durante una delle fasi di turbolenza chi; si sviluppavano nel Psdi, nella vecchia sede di Santa Maria in Via si apri un armadio, ma non vennero fuori prove di spionaggio, ma solide radici clientelari: quintali di lettere di raccomandazione. Sul terrorismo, snodo politico fondamentale dell'Italia di allora, c'è poco. Talmente poco da suscitare qualche dubbio sulla completezza del malloppone. Possibile che il Kj;b non s'interessasse di piazza Fontana, dell'Italicus, di Brescia, delle bombe dei Nap o dei rapimenti delle Br? C'è solo qualche accenno (di qui il ruolo di Cacciapuoti) a proposito dei cecoslovacchi. Su Moro si scopre che i sovietici stavano con gli occhi addosso ai sospetti di alcuni de su un possibile ruolo americano nella vicenda, e che leggevano con interesse Panorama. Sempre lì, comunque, avrebbero potuto scoprire che qualche sospettuccio riguardava pure loro. Sul terrorismo c'è così poco che sorge qualche dubbio in più su questo «malloppone» Quanto sarà attendibile? 9CE rd""TB' ~:M i ■ -J4Ì l Qui accanto: un*immagine del colpo di stato militare in Grecia A sinistra: Lelio Basso uno dei leader storici della sinistra italiana