E Mitrokhin adesso è sparito nel nulla di Fabio Galvano

E Mitrokhin adesso è sparito nel nulla DA MOSCA A LONDRA, L'AVVENTUROSO VIAGGIO DEI DOCUMENTI SCOTTANTI E Mitrokhin adesso è sparito nel nulla «Gli ex agenti del Kgb vogliono uccidermi, li ho beffati» retroscena Fabio Galvano corrispondente da LONDRA EJf l'«uomo misterioso» che, ** come una volpe nel pollaio, sta seminando il panico nel mondo oscuro dei servizi segreti e persino - in Italia - sulla scena politica. Vasilij Nikitich Mitrokhin, l'archivista del Kgb che riparò sette anni fa in Inghilterra con sci casse d'alluminio piene di documenti, copiati a mano con certosina pazienza fra il 1972 e il 19B4, probabilmente immaginava che quei 300 mila dossier avrebbero provocato qualche sconquasso in Occidente; ma sicuramente non supponeva - i suoi documenti sono stati abbondantemente esaminali negli anni scorsi, sulla loro base gli americani hanno condannato una spia già nel 1996 questo effetto a scoppio ritardato. Certo, questo è il momento in cui chiunque, nella sua posizione, proverebbe un moto d'orgoglio. Ma di Mitrokhin, oggi, non sappiamo neppure so si compiaccia della propria improvvisa notorietà o della fiammata polemica che in Italia - unico Paese fra quelli coinvolti nelle sue rivelazioni - sogna l'ennesimo trionfo del bisticcio fra partiti e dolla dietrologia politica. Non lo sappiamo perché Mitrokhin è scomparso. Il suo nome è vero, ina non è (niello con cui i vicini di casa, in chissà quale cittadina del reame, conoscono lui, la moglie (che nulla sapeva della sua attività) e i figli. Fa tutto parte dell'accordo raggiunto nel 1992, nell'ambasciata britannica di una delle tre repubbliche baltiche (probabilmente n Riga, in Lettonia). «Nessuno - aveva precisalo Mitrokhin agli 007 di Sua Maestà - dovrà mai essere in grado di rintracciarmi». Perché Mitrokhin, giustamente, ha paura. Anche le fotografie comparse in questi giorni vanno prese con le molle. Quelle comparse nel libro («L'archivio Mitrokhin») di Christopher Andrew, professore di storia moderna e contemporanea all'università di Cumbridfje oltre she esperto di spionaggio e autore di vari libri in quella materia, lo ritraggono giovane, mentre caccia e pesca. Oppure - oggi ha 77 anni di spalle, alla macchina da scrivere; come di spalle è comparso il 13 settembre sulla prima pagina del «Times», il giornale che aveva acquistato l'esclusiva dell'esplosivo memoriale, in occasione di un breve incontro in circostanze «segretissime» con Michael Binyon, ex corrispondente da Mosca del quotidiano inglese, che lo ha descritto come «un vecchio piccolo e gentile con lunghi capelli bianchi e occhi ardenti cne ancora bruciano quando rievoca ciò che ha trovato negli archivi del Kgb». A Binyon ha ripetuto di temere che agenti russi possano ucciderlo per il suo tradimento: «Nell'Urss c'erano tre grandi mali: il bolscevismo, la nomenklatura e il Kgb. Sono ancora lì tutti e tre. La stessa gente, le stesse organizzazioni, gli stessi obiettivi». E per questo, dopo un esame di coscienza («Credevo in tutto quanto ci dicevano, eravamo accecati dalla propaganda di partito»), la pubblicazione del libro era secondo lui una necessità: «Siumo in pericolo se entriamo nel nuovo secolo senza avere appreso da quello precedente. Nostro scopo è dire che cosa è accaduto». Neppure Andrew rivela più di tanto sul suo Virgilio. Nei giorni scorsi aveva definito «improba¬ bile» che ci fosse stato un ritardo nella trasmissione a Roma dei dati sull'Italia contenuti nell'archivio. «Posso soltanto dire aveva aggiunto - che per decifrare quegli incartamenti ci sarà voluto del tempo. Una parte era battuta a macchina, ma molto era ancora non solo in russo, ma scritto a mano, con una calligrafia piccola, disordinata, spesso illeggibile». Lui, ha spiegato, ha visto l'archivio solo alla fine del 1995: «Quando sono arrivato io l'MI5 (l'intelligence britannica; nda) aveva già letto tutto». Oggi Andrew non si fa trovare. «E' a una conferenza», risponde la moglie dalla sua casa di Cambridge». Una conferenza? Di domenica? «Sì, insomma...» Processo all'«uomo misterioso», quindi. E' lo stesso Andrew, nel librone di 995 pagine, a spiegare che Mitrokhin fece tutto perché era, in realtà, molto vicino alla dissidenza. Disgustato dal cinismo di Stalin e dalla ferocia di Beria, colpito dal silenzio imposto a Pasternak, a Solzhenitsyn, a Sakharov («Cercavo la nuova Gerusalemme e trovai il muro del pianto», ha detto a Binyon). Ma come è nato quell'archivio che, almeno in Italia, sta suscitando il finimondo e che a Mosca, oggi, definiscono «disinformatsija» ordita dai servizi occidentali? Nel modo più incredibile, e in barba a tutti. Perché Mitrokhin non era un grosso calibro nel Kgb, ma aveva accesso a tutto; o quasi tutto. Come archivista: incarico che aveva dal 1956 (dopo otto anni come agente all'estero). E' stato fra l'altro responsabile del trasferimento, a partire dal 1972, di . tutti i documenti del Primo Direttorato Principale (Esteri) dalla famigerata sede moscovita del Kgb, la Lubjanka, a Jasenevo. Così copiava. Prima su strisce di carta che nascondeva nelle scarpe; poi, quando si accorse che i controlli erano inesistenti, su fogli interi. Giorno dopo giorno, risme di carta che nascondeva sotto il materasso. Il weekend portava quei documenti nella sua dacia, a 36 chilometri da Mosca, e in parte li ricopiava a macchina. Li nascondeva prima in un bidone del latte; e quando quello fu pieno in due piccoli bauli metalli¬ ci e in due casse d'alluminio. S'infilava sotto casa sollevando le assi del pavimento; strisciava a terra, e poco male se s'imbatteva in escrementi di animali o nei grossi topi della campagna russa. Durante le vacanze estive lavorava in un'altra dacia: a Penza, 630 chilometri a Sud-Est di Mosca. Lavorava per il proprio futuro. Un futuro che venne nel 1992, nella disintegrazione del comunismo. Libero di muoversi, raggiunse una repubblica baltica e si rivolse all'ambasciata Usa. Ma la Cia, travolta a "quei tempi da schiere di russi che volevano defezionare, non gli credette. Andò allora allarporta accanto, all'ambasciata britannica. Gli andò bene: dopo 3 viaggi con altro materiale, il 7 settem bre 1992 arrivò in Inghilterra. Due mesi dopo lo raggiungeva no, per canali segreti, la famiglia e il grosso dell'archivio. Il resto è storia. Ma da allora, finita una paura, per Mitrokhin ne è comin ciata un'altra. I suoi documenti hanno portato, nel 1996, all'arre sto e alla condanna di Robert Lipka, spia nel cuore della National Security Agency americana, e a numerose indagini in vari Paesi europei (in Gran Bretagna, in Germania, in Francia, in Au stria) rimaste essenzialmente dietro le quinte dei servizi, solo raramente (come nel caso del ministro Charles Hernu in Francia e in quelli inglesi più recenti) venuti alla luce. Ora il polverone investe l'Italia. Ma quello che aveva da rivelare, Mitrokhin l'ha già detto. Resta, chissà dove, anonimo e silenzioso: prigio nicro delle sue verità. Mosca, l'ex palazzo del Kgb