Il Polo insorge, D'Alema toglie il segreto di Maria Grazia Bruzzone

Il Polo insorge, D'Alema toglie il segreto Una «calda» domenica di pressioni sul premier. Anche Verdi e Sdì: portare il dibattito in Parlamento Il Polo insorge, D'Alema toglie il segreto L'Asinelio: consemate quelle liste, bisogna rassicurare il Paese Maria Grazia Bruzzone ROMA Una giornata di pressioni concentriche, culminate con l'ultimatum dei Democratici: «Consegnate quelle liste al Parlamento». Alla fine il governo ha preso atto che ogni resistenza era inutile e ha deciso di rendere pubblici i famosi dossier del Kgb, trasmettendoli subito alla commissione Stragi presieduta dal deputato Ds Giovanni Pellegrino (che aveva già chiesto, per primo, la documentazione alla Procura). Ma il sottosegretario alla Difesa, il Ds Massimo Brutti, avvisa: «Attenti alle bufale». Massimo D'Alema insomma ha finito per mettere da parte la cautela che lo aveva spinto ad aspettare lo valutazioni della magistratura prima di rendere comunque pubbliche le carte consegnandole al Parlamento. A fargli cambiare idea è stato il timore di uno stillicidio di notizie incontrollate che avrebbero sicuramente aumentato il clamore con cui l'opposizione ha fin dall'inizio cavalcato la Kgb story. Arrivando a tirare in ballo il presidente della Commissione Ue Romano Prodi. Al quale il capogruppo dei Fi al Parlamento europeo Antonio Tajani annuncia che, in occasione del prossimo vertice dell'Ue a Tampere, chiederà ufficialmente se l'esistenza di una rete spionistica nemica in Italia abbia rappresentato una violazione al Trattato di Roma. «Così non si può andare avanti - sbottava il coordinatore nazionale dei Democratici Arturo Parisi. - Bisogna rassicurare l'opinione pubblica che non c'è stato nessun attentato alla sicurezza dello Stato e al regolare svolgimento della vita democra¬ tica». Ormai non era più solo il Polo, e non erano più nemmeno solo dei piccoli pezzi di maggioranza a premere su D'Alema perchè rendesse subito pubblici i dossier. Ai Verdi e ai socialisti dello Sdi si era unito l'Asinelio. Parisi non criticava direttamente il governo né, tanto meno, il presidente del Consiglio, ma lo invitava a riportare subito il dibattito sulla vicenda Mitrokhin «nella sede parlamentare più adatta», che indicava nel comitato di controllo dei servizi segreti, presieduto dall'azzurro Franco Frattini. Non basta. Un'esortazione ad «avere il coraggio di affrontare i problemi sul piano politico, lasciando ai magistrati solo quei casi dove si riscontrassero reati» veniva anche da Angelo Sanza, ex Udr, oggi vicino a Francesco Cossiga. Del quale Sanza condivide le affermazio¬ ni fatte in un'intervista a Repubblica in cui cui il senatore a vita criticava apertamente la scelta di D'Alema di affidare i dossier alla magistratura e chiedeva di rendere al più presto pubblici i documenti. Pur sminuendo molto il significato di dossier del genere, dove poche vere spie vengono accostate a moltitudini di «sbruffoni velleitari e chiacchieroni». E forse è a questo genere di informative, di cui pare che sia pieno il famoso dossier, che pensa Brutti quando avverte a «non farsi suggestionare dalle bufale», pur negando di conoscere quelle carte. Intanto il Polo andava sparando le sue cartucce a tutto spiano. Direttamente e indirettamente. Vincenzo Caianiello, ex presidente della Consulta vicino al centrodestra chiedeva di rendere nota la lista delle possibili spie italiane del Kgb «per poter rimuovere in via cautelare i pubblici funzionari i cui nomi vi fossero compresi». E critiche al governo arrivavano anche dal presidente emerito della Consulta Antonio Baldassarre. Mentre il coordinatore di Fi Claudio Scaloja, facendo tesoro della «gaffe» del procuratore Vecchione che aveva escluso la presenza di magistrati nei dossier, invitava addirittura il presidente della Camera Violante a «scavalcare il governo muto» e chiede direttamente al procuratore se negli elenchi figurano nomi di parlamentari. E l'An Maurizio Gasparri chiedeva a Giorgio Napolitano di dimettersi da vicepresidente della commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo, perché potrebbe essere coinvolto nella vicenda. Insomma, i sospetti dilagavano oltre misura.

Luoghi citati: Italia, Roma