Il Polo Sud si scioglie Mari più ahi di 6 metri di Marina Verna

Il Polo Sud si scioglie Mari più ahi di 6 metri Una calotta grande tre volte l'Italia potrebbe staccarsi dalla parte occidentale dell'Antartide. Un ciclo climatico indipendente dall'uomo, che si compirà in 7000 anni Il Polo Sud si scioglie Mari più ahi di 6 metri Marina Verna NEW YORK Il Polo Sud si sta sciogliendo, con un parallelo innalzamento degli oceani che potrebbe avere, nel lungo periodo, effetti disastrosi per le popolazioni costiere. Mentre B-10A, l'iceberg grande quanto la Val d'Aosta che da due mesi naviga verso il Sudamerica, si sta spezzando in blocchi sempre più piccoli a mano a mano che entra in acque più calde, i glaciologi parlano di una nuova minaccia, ben più grave: una calotta grande tre volte l'Italia potrebbe staccarsi dalla parte occidentale dell'Antartide, una zona rocciosa al di sopra del livello del mare. Se piombasse in mare di colpo, le acque salirebbero di cinque-sei metri. Ma ai ritmi di scioglimento attuali, ci vorranno settemila anni per arrivare a quel punto. Il processo appare non solo inarrestabile ma del tutto slegato dall'effetto serra, che pure contribuisce alla riduzione complessiva del manto gelato del Polo Sud. Così scrive il glaciologo Howard Conway, dell'Università di Washington, sull'ultimo numero della rivista americana «Science». Se però la temperatura media del pianeta dovesse proseguire nell'attuale tendenza al rialzo - anche per lo sconsiderato sfruttameno umano delle risorse naturali - la calotta sospesa potrebbe affondare di colpo. La progressiva riduzione dei ghiacci dell'Ovest antartico sembra cominciata circa diecimila anni fa, come mostra il progressivo regredire della cosiddetta linea di arenamento, la linea di confine tra il ghiaccio che galleggia e quello tanto denso da sprofondare fino ad appoggiarsi sul fondo dell'oceano. Rispetto all'ultima era glaciale, questa linea si è spostata di circa 1.300 chilometri. Negli ultimi 7.600 anni si è ritratta di circa 45 metri all'anno e sembra proseguire con questo ritmo. Il continuo regredire, e forse persine il totale «collasso», dei ghiacci dell'Antartico Ovest, rispecchiano l'andamento dei cicli geologici. Già 130 mila anni fa, alla fine dell'ultima glaciazione, quando la temperatura della Terra era solo leggermente più calda di oggi, la calotta antartica si era sciolta. Lo dimostrano le variazioni delle spiagge emerse, come pure i rilevamenti satellitari sui corsi che alimentano i fiumi di ghiaccio, l'esame dei depositi di guano di pingui- no (che si formano solo dove non arrivano i ghiacci) e i depositi di ceneri vulcaniche. Uno studio condotto da esperti del California Institute of Technology di Pasadena ha confermato i rilevamenti dai satelliti: la massa d'acqua quasi gelata che si riversa sulle frange estreme dell'Antartide sta effettivamente aumentando, agevolando la rottura di frammenti e la formazione di grossi iceberg. La possibilità di seguirli in giro per i mari, con le moderne strumentazioni, può dare l'impressione che siano sempre di più, e sempre più grossi. Lo scorso ottobre, il National Ice Center di Washington ne aveva segnalato uno, A-38, grande quanto la pianura padana. In realtà, la formazione di iceberg è un processo naturale e continuo, la cui portata adesso è chiara solo perché c'è la tecnologia per misurarla - o segnalare il pericolo alle navi. Ma le rotte degli iceberg raramente intersecano quelle classiche della navigazione, che sono concentrate tra il Nord America e l'Europa più che tra il Sud America e l'Antartide. Se c'è un ciclo climatico indipendente dall'uomo, c'è pe¬ rò anche un'innegabile accelerazione prodotta dalle attività umane, che hanno per effetto un aumento delle temperature medie. Conway stesso, nel suo articolo, invita a non sottovalutare il fenomeno dell'effetto serra. Oggi i mari salgono «naturalmente» di un millimetro all'anno. Tutti quelli in più potrebbero essere colpa nostra. La progressiva riduzione dei ghiacci dell'Antartide è iniziata 10.000 anni fa Oggi l'acqua sale di un millimetro l'anno, forse sorprese dall'effetto serra formazione di grossi iceberg. La possibilità di seguirli in giro per i mari, con le moderne strumentazioni, può dare l'impressione che siano sempre di più, e sempre più grossi. Lo scorso ottobre, il National Ice Center di Washington ne aveva segnalato uno, A-38, grande quanto la pianura padana. In realtà, la formazione di iceberg è un pro tl ti l i portata adesso è chiara solo perché c'è la tecnologia per misurarla - o segnalare il pericolo alle navi. Ma le rotte degli iceberg raramente intersecano quelle classiche della navigazione, che sono concentrate tra il Nord America e l'Europa più che tra il Sud America e l'Antartide. Se c'è un ciclo climatico ididt dll' 'è rò anche un'innegabile accelerazione prodotta dalle attività umane, che hanno per effetto un aumento delle temperature medie. Conway stesso, nel suo articolo, invita a non sottovalutare il fenomeno dell'effetto serra. Oggi i mari salgono «naturalmente» di un millimetro all'anno. Tutti quelli in più potrebbero essere colpa not

Persone citate: Conway, Howard Conway