TROPPE «VIE» PER WALTER

TROPPE «VIE» PER WALTER LA MOTA ROMANA TROPPE «VIE» PER WALTER Paolo Passarmi IN visita a Parigi, Walter Veltroni si è offerto come mediatore tra la «terza via» di Tony Blair e Gerhard Schroeder e la piattaforma preparata dai socialisti francesi di Lionel Jospin per la riunione dell'Internazionale socialista di inizio novembre e l'incontro di Firenze tra i progressive governments (Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Stati Uniti) di un paio di settimane dopo. Qualcuno si è lanciato a definire «Quarta via» la sintesi che Walter Veltroni si è impegnato a preparare (ma non ha ancora preparato) e questo appare improprio, in quanto «terza via» è terza tra liberalismo e socialdemocrazia, mentre «quarta» non significa niente. Più appropriatamente il segretario dei socialisti francesi Francois Hollande ha parlato di «via italiana», non nascondendo una vena di ironia, quando ha augurato «in bocca al lupo a Veltroni per la non facile impresa». In effetti, l'impresa, oltre non apparire facile, rischia di essere inutile. Tutto questo lasciando da parte il curioso paradosso storico per il quale a mediare tra due socialdemocrazie storiche si candidi l'ultimo rappresentante di un partito che, per quanto restaurato, nacque e crebbe avendo la socialdemocrazia come avversario irriducibile. NEL LABIRINTO DELLE VIE. La lettu ra dei due documenti, quello congiunto anglo-tedesco dal doppio titolo «The Third Way/ Die Neue Mitte» (La terza via, Il nuovo centro) e quello francese dal titolo «Vers un mond plus juste» (Verso un mondo più giusto), pone di fronte a testi molto diversi, ma soprattutto per il tono. Quello francese è un tradizionale documento socialdemocratico di principi fondamentali, quello anglotedesco è un testo più immediatamente politico che, sforzandosi di riconquistare alla socialdemocrazia chi se ne è allontanato per i suoi difetti (tassa e spendi, troppo Stato, troppo egualitarismo e quindi deresponsabilizzazione), cerca di definire risposte concrete. Il documento dei francesi non chiede «scuse storiche», ma quello anglo-tedesco, pur invitando la socialdemocrazia a rinnovarsi, la invita a «mantenere i suoi valori tradizionali». Messa giù semplice, la differenza è più di approccio che di sostanza. La famosa frase (da tutti in Italia attribuita a Jospin) «siamo per l'economia di mercato, non per una società di mercato» è contenuta in entrambi i documenti con le stesse identiche parole. E poi c'è il livello delle politiche concrete praticate dai due «modelli» a dispetto delle dichiarazioni di intenti: Jospin ha molto privatizzato, ridotto le tasse e autorizzato tanti contratti a termine (che hanno fatto aumentare l'occupazione); Blair ha fatto una politica molto più di sinistra verso i deboli di quanto non faccia egli stesso apparire. Ed è vero che il documento francese è critico verso la flessibilità, ma Jospin no; mentre il documento anglo-tedesco suggerisce attenzione alle «domande di flessibilità», ma mantenendo «standard sociali minimi». TESEO. Di conseguenza non è affatto facile mediare in questo intreccio di teoria e prassi, complicato da torsioni di immagine, frutto di una lunga esperienza delle socialdemocrazie al governo. E non è affatto facile capire come possa essere Veltroni (non in quanto persona, ovviamente) il soggetto in grado di produrre questa sintesi. Qual è l'approccio originale che viene offerto in dono? Veltroni ha detto ieri, per fare un esempio di facile mediazione: «Jospin dice si all'economia di mercato e no alla società di mercato; Blair dice che la lotta di classe è finita ma comincia la lotta per l'uguaglianza». Ma, come s'è visto, la prima cosa la dicono tutti e due e la seconda è stata detta al congresso laburista, ma non è nel documento della Terza Via. paopass@tin.it

Luoghi citati: Firenze, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Parigi, Stati Uniti