Se si spara per fede di Maurizio Molinari
Se si spara per fede La comunità internazionale alla prova delle guerre di religione Se si spara per fede Maurizio Molinari ROMA KOSOVO, Cecenia, Daghestan, Timor list, Sudan: le guerre di religione mettono la Comunità internazionale davanti alla sfida di trovare una risposta efficace e legittima per esorcizzare lo spettro di un conflitto permanente fra civiltà. La Fondazione Agnelli ha affrontato questo tema con una tavola rotonda moderata dal direttore di Li Mes, Lucio Caracciolo. A negare la teoria dello scontro inevitabile è slato il diplomatico Giandomenico Picco, da poco nominato rappresentante personale del Segretario Generale dell'Oliti Kofi Annan per il dialogo fra le civiltà. «La storia non uccide, la religione non stupra sono gli individui con le loro azioni che causano le guerre» ha detto Picco, prendendo ad esempio i Balcani «dove c'è qualcuno che vuole affermare la purezza del sangui! in un'Europa da mille anni teatro di imponenti migrazioni». Picco chiama in causa quei «singoli» che si sono resi protagonisti delle «tre bestemmie di fine millennio»: la pulizia etnica, il fondamentalismo religioso (uccidere in nome di Diol, l'uso degli eserciti contro le popolazioni civili. Contro queste «azioni di individui», suggerisce Picco, la strada e quella dell'applicazione del diritto penali! internazionale, come già avviente perseguendo i crimini commessi nell'ex Jugoslavia e in Ruanda. Dietro le parole di Picco c'è il messaggio lanciato da Annan: la sovranità nazionale deve coniugarsi con la sovranità indivi duale. Ovvero ogni uomo e titolare di diritti da rispettare ed ogni uomo che li viola ni! devi! rispondere, Guerriglieri cec Ma il pragmatismo di Piccosi e trovato di front'! quello altrettanto tenace di Vitalj Tret'jakov, direttore del quotidiano russo Ne/.avisi maja Gazetu, che ha portato la testimonianza di un paese alle prese con la rivolta armata dei fondamentalisti islamici in Cecenia. «Basta dare un'occhiata a ciò che sta avvenendo nel Caucaso per capire che il conflitto di civiltà è vero e che oggi la storia uccide e Sharia la religione stupra», ha esordito Tret'jakov, portando ad esempio usi e costumi dei ribelli ceceni: mani tagliate e teste mozzate in nome della Sharia (la legge islamica), abitazioni costruite con apposite camere sotterranee per gli schiavi, intimidazioni contro i sacerdoti. «È un fenomeno che va oltre la Cecenia - ha sottolineato Tret'jakov - perché in altre repubbliche russe a guida musulmana c'è chi ha già proposto di adottare la Sharia». Da qui il ruolo della Russia come zona-cuscinetto: «Siamo noi che oggi subiamo l'impatto violento dell'offensiva islamica contro l'Occidente, se dovessimo cedere il conflitto si sposterebbe nel cuore dell'Europa». Nel duello fra Picco e Tret'jakov il direttore della Fondazione Agnelli, Marcello Pacini, ha disegnato un approccio che da un lato respinge l'idea dell'«inevitabile scontro fra civiltà» ma dall'altro individua il rischio di una sempre maggiore strumentalizzazione ideologica delle religioni «in paesi non occidentali, sovente musulmani od alle .prese con difficili transizioni» mentre «la religione può essere di aiuto nel cammino verso la democrazia come è avvenuto in Europa Orientale». Se è vero che i focolai di guerra religiosa - dal Kosovo alla Cina, da Timor Est a Medio Oriente, al Sudan - si estendono lungo i confini geografici fra l'Islam e le altre civiltà, l'acini suggerisce di concentrare gli sforzi nella «ricerca di valori comuni condivisi da tutti». Ma non sarà facile: il caso-simbolo sono le minoranze arabo-cristiane nel mondo musulmano, vera cartina tornasole del rispetto dei diritti umani nell'Islam. Guerriglieri ceceni: a Grozny e in vigore la legge islamica, la Sharia
Persone citate: Annan, Diol, Giandomenico Picco, Kofi Annan, Lucio Caracciolo, Marcello Pacini, Picco
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