«Io ce l'ho fatta così»

«Io ce l'ho fatta così» Una psicologa ha cancellato i miei incubi con un'analisi «selvaggia> «Io ce l'ho fatta così» Ferdinando Camon Ci hi mi parla della paura di volare, parla di corda in casa dell'impiccato. Ero su un trimotore Tupolev, Mosca-Leningrado. Uno schiocco secco e l'aereo trema e s'imbuia, migliaia di gridolini femminili impressionanti e, più impressionanti, innumerevoli silenzi maschili, una stewardessa (questo il suo titolo) invocava la calma con una eccitazione spaventosa e due sposini di fronte a me, in viaggio di nozze, si carezzavano le guance dicendosi: «Addio cara», «Addio caro». Scrutavo tutto con calma nella penombra e mi ripetevo: «Impossibile». Come stare leggendo un giornale su ima panchina, e accorgersi che uno davanti a te ti ha sparato. Sotto c'era una città con poche luci, pensai: «Come candele in un cimitero» (il mio cimitero, luci sulla mia lapide, forse anche desiderio che qualcuno venisse a trovarmi). Tenevo una mano sulla cintura di sicurezza e mi pareva che fosse percorsa da una resistenza elettrica, perché si scaldava e trasudava acqua. (Poi un medico mi spiegò che era un disturbo del sistema nervoso, ipervagotonia). L'hostess passava con un vassoio pieno (lo giuro) di pinze e cacciavite Come per riparare una motocicletta. Tutti la fissavano nel buio, allucinati, e il loro cervello pensava quella che pensava il mio: «E' un sogno o no?». La forma dell'aereo era intollerabile: un tubo nero, con noi chiusi dentro. Chi ha paura della risonanza magnetica, ha paura di questo «essere chiuso dentro un timo». L'hostess a ogni metro pronunciava a destra e a sinistra una parolina dolce, forse: «Gnàdia». L'aereo atterrò al primo tentati • vo, in picchiata, e tutti sgattaiolarono via come se scappassero da un sequestro. «Gnàdia» è rimasta per me una parola magica, la tiro fuori nelle situazioni di pericolo: «Gnàdia-». Non so che cosa voglia dire. Tutte le formule magiche sono incomprensibili. Particolare curioso: era un viaggio premio, il mio premio Viareggio. Veramente, il premio doveva essere una crociera, ma la nave (sovietica) s'era incagliata nel giro precedente, storcendo le eliche. Per anni guardai gli aerei con terrore. Ero convinto che prima eli uscire dall'orizzonte cadevano. M'ero costruito una mappa delle distanze raggiungibili in auto. Istanbul. Lisbona. Berlino. Le visitai tutte subito, per convincermi di essere padrone del mondo. Poi, lo scacco: da Mosca mi arrivò l'invito ad assistere alla parata commemorativa della liberazione dall'assedio nazista. Mi sembrava uno scontro diretto tra me e la Wehrmacht, sognato da tanto tempo. Aspet lai a lungo, poi rifiutai con mille ragioni, tranne quella vera Si rivolsero a Parise. Era appena stato operato al cuore. Nessuno ci andò. Lo scontro fu perduto, Decisi chi; dovevo riconciliarmi con gli aerei. Una psicologa «selvaggia», in un colloquio casuale, mi assicuro che le bastava un volo breve, Venezia-Milano, quindici minuti. Il momento in cui la cintura si scaldava e trasudava era il decollo. Al decollo, la signora (elegante, snella) inclinò il sedile e alzo le gambe in aria, chiedendo ad alta voce: «Ho delle belle gambe?». Tutti si voltarono, io urlai: «Copriti, pazza!», una nuova vergogna m'invase, aver creduto a un'analista selvaggia. Eidoria tra i viaggiatori. Intanto l'aereo si metteva in orizzontale, il decollo era finito Da allora volo, da capo, su tutti i continenti. Continuo a non aver nessuna fiducia nell'analisi selvaggia, ma siccome l'Alitalia organizza voli terapeutici per i passeggeri con paura di volare, lineila signora andrebbe assunta senza concorso, Lo choc mi era venuto su un trimotore Tupolev in un viaggio-premio tra Mosca e Leningrado L'interno di un aereo di linea La paura di volate e una forma di ansia molto diffusa, ma secondo gli psichiatri nasconde altre forme di angoscia

Persone citate: Ferdinando Camon, Parise