« Quel modello non funziona» di Bruno Gianotti

« Quel modello non funziona» L'IX NUMERO UNO DELLE FERROVIE ITALIANE « Quel modello non funziona» Necci: il sistema britannico è un'esagerazione intervista Bruno Gianotti LORENZO Necci una privatizzazione come quella inglese non l'avrebbe mai fatta. «Hanno creato 83 società diverse - spiega - anche se hanno agito con estrema determinazione e impostato una programmazione lunga». L'avvocato Necci è stato il numero uno delle Ferrovie dello Stato dal '90 al '97, prima come amministratore straordinario nominato dopo il commissario Schimberni, quindi come amministratore delegato della Spa Fs nata il 15 giugno del '92 e vicepresidente della Tav, la società dell'alta velocità. Ha seguito da vicino l'evoluzione delle reti di tutto il mondo come presidente dell'Uic, l'unione internazionale delle società ferroviarie e continua ad avere dei dubbi: «Quel tipo di organizzazione non mi ha mai convinto». C'è una connessione tra quel modello e le sciagure ricorrenti in Inghilterra? «Questo non si può dire. Ogni incidente ha le sue caratteristiche. Può essere causato da un fatto meccanico, una rottura, come è avvenuto l'anno scorso in Germania, o da un fattore umano che si può collegare all'organizzazione del lavoro». E il piano della signora Thatcher ha fallito sotto questo aspetto? «E' stata una privatizzazione vera, radicale, ma con qualche eccesso. Non è gratuita per lo Stato: per i primi 7 anni il governo "ristora" il deficit dei privati e soltanto dopo un certo numero di anni vengono eliminati i costi per la collettività». Quindi costa e non funziona bene... «Per me è un modello esagerato: rompe certi punti fondamentali che sono l'unitarietà della rete e la visione strategica. Hanno fatto troppo "spezzatino" a scapito dell'efficienza. In Giappone, ad esempio, hanno privatizzato dividendo la rete in sei regioni, ognuna autonoma, con risultati ottimi». Funzionerebbe in Italia? «Qui è un'altra cosa: la sicurezza passa sempre e comunque davanti a tutto. Restano persino i due macchinisti quando tutti gli altri ne hanno uno ». Una delle tante esagerazioni di un'azienda definita dal suo presidente «tecnicamente fallita». Lei vede una via d'uscita? «Io vedo due strategie possibili: chiudere tutte le tratte non economiche, oppure rendere il treno competitivo con auto e aereo. La prima non ha senso. La seconda era già avviata ed era il primo passo verso una privatizzazione vera». Ce la rispolvera, avvocato Necci? «Cominciava dalla Tav, dall'alta velocità che oggi si chiama quadruplicamcnto o alta capacità: società a maggioranza di capitale privato, che doveva incrementare fortemente il numero di passeggeri e la quantità di merci trasportate sulle linee tradizionali liberale dai treni veloci. Inoltre le linee minori, da sempre le meno redditizie, sarebbero state regionalizzate, lasciando agli enti locali la scelta su come e quanto farle funzionare, su quali tratte scegliere l'autobus, invece di tenere entrambi i mezzi». Ma quei progetti sono ripartiti da zero, su altre strade. I costi sono saliti e la sua gestione è accusata di aver upagato» la pace sindacale... «Certo, la mia "paga" al sindaca¬ to sono stati la riduzione di 100 mila ferrovieri e la promessa, nel '94, di un premio in azioni Fs. E dal '90 al '96 i sindacati hanno risposto con pochi scioperi, gli incidenti sono stati pochissimi, i costi si sono avviati al risanamento». Ma si potranno mai privatizzare le Fs? «Ci sono mille modi. Io avevo comincialo con la Tav. L'impor- L'awocato Lorenzo Necci, dal "92 al '97 amministratore delegato della Spa Fs e vicepresidente della Tav. la società dell'alta velocità tante è creare una rete e collegare all'Europa stazioni, porti, interporti, aeroporti. Bologna-Malpensa in un'ora, non in tre: questo è il punto» Ma ora dovrà pagare tutto Io Stato... «Bisogna decidere, non andare alla morte lenta. Nel '95-96 la Milano-Bologna costava 4200 miliardi. Oggi, con tutti i cambia menti, è a 9200». E non c'è il rischio di chiudere tutto? «Schimberni voleva tenere 3 mila chilometri di rete remunerativa e chiuderne 13 mila. Io dico che chiudere costa come risanare: costringe a provvedere a 120 mila ferrovieri più un milione di passeggeri al giorno».

Persone citate: Lorenzo Necci, Necci, Schimberni, Thatcher

Luoghi citati: Bologna, Europa, Germania, Giappone, Inghilterra, Italia, Milano, Spa Fs