Di Maggio, metamorfosi di un pentito di Francesco La Licata

Di Maggio, metamorfosi di un pentito Martedì, dopo l'ultima dichiarazione del senatore, i giudici entrano in camera di consiglio Di Maggio, metamorfosi di un pentito La confessione del delitto aiuterà Andreotti? Francesco La Licata Inviato a PALERMO Mancano ormai poche battute alla conclusioni; dot processo che vede Giulio Andreotti imputato di associazione maliosa. Il dibattito - anche quello che si disputa dentro l'aula del Tribunali; tra accusa e difesa - si va restrìngendo al teina che monopolizza e monopolizzerà (qualunque sia l'esito della sentenza) l'attenzio ne generale: la credibilità dei pentiti e la loro utilizzazioni.1. Ieri il pubblico ministero, Guido Lo Porto, ha utilizzalo l'intera mattinata per puntualizzare che Tommaso Buscetta diceva il vero, a proposito di un presunto interessamento di Andreotti in direzione di un processo chi; vedeva imputato, negli Anni '70, Filippo Rimi, cognato di Gaetano Badalamenti. La difesa sostiene che si tratta di vicende del 1971 e, quindi, il senatore non può essersi incontrato - come sostiene Buscetta con Badalamenti, per il semplice fatto che all'epoca il boss stava incarceri;. Ma l.o Forte ha sostenuto, invece, che Buscetta si riferisce ad un altro processo, del 1979, e che dunque l'incontro sarebbe avvenuto tranquillamente visto che Badalamenti era libero. Ad un certo punto, però, il professor Franco Coppi ha «denunciato» che il pm nell'esposizione utilizzava verbali non contenuti nel processo Como sempre, ha dovu¬ to mediare il presidente Ingargiola, avvertendo siti l'accusa che Iti difesa che «tutto ciò che non e nel processo non potrà essere utilizzabile». Ancora una volta Ingar gioia ha speso il prestigio della sua equidistanza per sottolineare (cosa frequentissima dopo la sentenza di Perugia) che difficilmente la Corte si farà influenzare nelle scelte. Le udienze vanno a scemare in un clima certo non agevole per nessuno. Le voci d'aula sembrano perdere di tono, in qualche modo sopraffatte dai rumori esterni. E tanto rumore hanno prodotto la sentenza assolutoria di Perugia e le dichiarazioni spontanee di Balduccio Di Maggio, lanciate sul piatto della «partita più grande» dalla platea di un processo minore. Mancano quattro giorni al «conclave». Martedì prossimo il Tribunale si riunirà in camera di consiglio dopo l'ultima dichiarazione spontanea di Giulio Andreotti, che sarà fatta dall'aula bunker del carcere di Pagliarelli, meglio attrezzata per una discussione certamente non brevissima. Non sarà un discorso lungo: il senatore cercherà di dimostrare, ancora una volta, che l'accusa si sbaglia. Onesta volta a proposito della diita di uno degli incontri che l'ex presidente avrebbe avuto coi boss. I pm sostengono di aver individuato la data esatta della famosa «rimpatriata» nella riserva di caccia dei Costanzo a Catania, raccontata dai pentiti. Andreotti verrà in aula a dire che quel giorno lo riceveva il presidente Sandro Pertini. Ecco, ancora i pentiti. Il Tribunale si appresta ad entrare in camera di consiglio sotto il peso di due «eventi» abbastanza corposi: il clamore prodotto dall'assoluzione senza appello di Perugia; il clamore per il «numero» offerto da Balduccio Di Maggio. «Il processo di Palermo - hanno sostenuto i pubblici ministeri - è altra cosa. Vedrete che è pieno di "sostanza"». La tesi dei difensori, pur nella formale ammissione che ogni processo fa storia a sé, è invece che la struttura dei due dibattimenti è simile perché incentrata su teoremi scritti con il fondamentale apporto dei pentiti. Già, i pentiti. Cioè Balduccio Di Maggio, l'inventore del bacio ora ritornato nella sua prima pelle di assassino. Che ha fatto Balduccio? Sostanzialmente ha cercato di risolversi una sua questione personale (evitare una condanna a trent'anni) utilizzando le fibrillazioni che ruotano attorno al processo Andreotti. Da quel maestro del doppio e triplo gioco che è, ha «confessato» un delitto che aveva già ammesso sia in istruttoria che in altre aule di giustizia. La memoria è corta, e così - tra lo sdegno e il finto choc per una «novità» inesistente - si è riproposto il «caso Di Maggio». Eppure non passa inosservato il «problema Balduccio». Almeno a livello di opinione pubblica. Non sarà facile rimuovere la presenza ingombrante di un pentito che consegna al Paese il film di uno degli uomini più in vista delle Istituzioni che bacia un boss latitante, e poi si fa beccare con la pistola ancora calda. Una contraddizione che non può essere cancellata né dalla scoperta «sceneggiata» del doppiogiochista, né dall'affermazione, comprensibile solo con grande capacità di razionalizzazione, che la sua attendibilità era precedente alle vicende per le quali è stato già condannato a 27 anni di carcere. Lo stesso avvocato Coppi, commentando la «performance» di Di Maggio si è limitato a ricordare che «questi fatti li avevamo denunciati già nel '98». Cioè: ve lo avevamo detto che tipo era il pentito più gettonato d'Italia. F.ppure gli avete creduto. I magistrati, da parte loro, osservano che Di Maggio «è stato arrestato su nostra iniziativa. Oggi è stato condannato a 27 anni e ne abbiamo chiesti 30 per gli omicidi di cui si parla. E' un trattamento di favore?». Riuscirà, il Tribunale, a lasciar fuori dalla porta la scia di ambiguità che si porta dietro Balduccio? 11 presidente sembra inossidabile ad ogni «furbizia». Di Maggio non demorde e continua la sua tournée giudiziaria. Ieri ha concesso il bis a Firenze. Le contraddizioni di un ex mafioso che è maestro del doppio gioco I pubblici ministeri «Questo dibattimento è un'altra cosa ed è pieno di "sostanza"» ** Il senatore a vita Giulio Andreotti durante una fase del dibattimento L'avvocato Franco Coppi

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