Il professore che doma i giganti

Il professore che doma i giganti Il professore che doma i giganti All'Eurper innovazione ed alleanze MILANO Alla fine;, dopo tante emozioni, sembra prevalere negli ambienti politici la formula del «professore tranquillo», Gian Maria Gros Pietro da Torino, classe 1942, professore di Economia industrialo, appassionato cultore di distretti industriali e di tutto (pianto ha fatto grande la piccola industria di casa nostra e che il destino vuole «condannato» alla presidenza dei giganti dell'industria pubblica ed ex pubblica: prima Tiri, adesso l'Eni. Una dolco condanna per uno dei pochi economisti industriali italiani, in mezzo a tanti esperti di scienza finanziaria, che in questi anni ba continualo a coltivare le passioni di una vita: le trasformazioni dell'universo della piccola impresa, dalle macchine utensili al sistema del tessile- abbigliamento fino alle nicchio produttive più impensabili. Una sorta di rivincita, dopo l'ebbrezza dello grandi Opa, per un appassionato di industria, affamato di innovazione tecnologica, uno dei pochissimi non bolognesi che hanno fatto breccia nel cuore della scuola di Nomisma, culla degli scudieri di Romano Prodi. I fatti, del resto, parlano chiaro, a favore della formula del professore: poche chiacchiere, nessun proclama, ma risultati. Mentre cresceva la polemica attorno all'Eni, su Telecom montava l'ira degli investitori stranieri e su banche ed assicurazioni si consumava il grande strappo del capitalismo italiano, 1 Iri, in sordina, riusciva infatti a portare avanti, in alcuni casi addirittura a condurre in portò, operazioni a prima vista proibitive: l'alleanza tra Klin e Alitalia, il lento e tormentato viaggio dogli Aeroporti di Roma (Adr) verso i privati, la difficile privatizzazione dello autostrade. Ma il suo «capolavoro» è, probabilmente, quella rete di alleanze che Finmeccanica, forte della dote assicurata dal pacchetto di azioni Stmicroelectronics conferita da Amato, s'avvia a stringere con i partners europei. Certo, l'operazione non è dello più ortodosso, secondo i canoni liberisti, ma è quanto di meglio si poteva fare, rispettando il mandato di privatizzare ricevuto dal governo. E tutti, anche i critici più spietati, devono convenire che Gros-Pietro ha tenuto fede ai suoi obicttivi: ritirata dolio Stato, alla pari di quanto avviene tra i cugini europei, rispetto delle decisioni di Bruxelles. Ma, accanto alle soluzioni finanziarie, un occhio anche all'industria. «La quadratura del cerchio diceva duo anni fa a Cornobbio circondato dagli industriali tessili - non consiste tanto nel privatizzare, partita già non facile, ma nell'inviare aziende sul mercato e far sì che sopravvivano alla sfida, mortale, sul mercato». «L'importante - aggiungeva - non è tanto trovare un padrone che paghi bene. Certe offerte, anzi, mi danno il sospetto che qualcuno voglia comprare un'azienda italiana solo perché dà noia, per neutralizzarla sul mercato. Non è facile trovare imprese che diano garanzie sulla volontà di crescere o comunque di assicurare la presenza sul mercato di aziende che intendiamo far crescere...». Non erano parole banali in quell'autunno del '97 quando il Tesoro si preparava a collocare sul mercato Telecom per far cassa. Gros-Pietro ha seguilo una logica diversa, ed i risultati, anche a giudicare dai problemi accumulali sul versante delle privatizzazioni difficili por ora gli danno ragio- ne. Adesso, lo attende una sfida ancor più complicata lo attende all'Eur. Il cane a sei zampe ha perso terreno sul fronte delle alleanze strategiche; quel che è peggio, l'«empasse» ai vertici ha frenato alcune grandi intese internazionali mentre le sorti del colosso energetico italiano sembrano ormai legate al futuro del mercato del gas. In questo quadro, i mercati chiedono iniziative decise, sia sul fronte del contenimento dei costi che delle nuove strategie. Potrà riuscire il «professore tranquillo» dove altri hanno fallito? Certo, diranno i critici, il vero pregio di Gros-Pietro, a questo punto, sembra più che altro il buon carattere, la capacità di non invadere il terreno di Vittorio Mincato; cosa non da poco perché, dopo l'uscita di Renato Ruggiero, l'Eni non può permettersi altri «strappi». Ma, a suo vantaggio, Gian Maria Gros-Pietro ha altre qualità: di sicuro il «professore» scelto da Ciampi nel '94 per far decollare il progetto delle privatizzazioni non è uno che si spaventa facilmente di fronte alle imprese impossibili. Il «suo» Eni, più che alla «grandeur» guarderà di sicuro alla possibilità di offrire servizi ed energia a costi contenuti per la piccola e grande impresa italiana, tenendo conto degli azionisti, pubblici e privati senza distinzione. Una missione alla sua portata perché Gros-Pietro, amico di Prodi ma nominato nel comitato Draghi da Berlusconi e con Lamberto Dini ministro del Tesoro, ha interpretato in questi anni il suo ruolo con grande discrezione e rispetto per il mandato dei politici, ma senza alcuna sudditanza. [u.b.] Nel curriculum i successi di Finmeccanica e Adr «La prova più difficile è sopravvivere sul mercato» Perii professore torinese è un ritorno: è già stato in Consiglio Il «Cane a sei zampe» si trova ora a giocare la difficilissima partita della liberalizzazione del mercato del gas Perii professore ese è un ritorno: tato in Consiglio ane a sei zampe» ova ora a giocare fficilissima partita liberalizzazione l mercato del gas pversie dei «capitani coraggiosi» e il brusco addio di Renato Ruggiero, ha dovuto pensare ai «Prodi boys», quelli che il Professore, e prima di lui Carlo Azeglio Ciampi, avevano insediato nei gangli vitali dell'industria di Stato al momento dell'«allarme rosso». E così Palazzo Chigi, d'intesa con Giuliano Amato, ha affidato proprio a Gian Maria GrosPietro, 57 anni, torinese, la delicata missione di restituire la necessaria tranquillità al cane a sei zampe, per troppo tempo afflitto da una guida a «due teste». Ed accanto a Gian Maria Gros-Pietro i e

Luoghi citati: Adr, Bruxelles, Milano, Roma, Torino