«Una sentenza tecnica La politica non c'entra» di Giovanni Bianconi

«Una sentenza tecnica La politica non c'entra» IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE «Una sentenza tecnica La politica non c'entra» intervista Giovanni Bianconi ROMA ADESSO diranno che la giustizia italiana è lenta ed é arrivata tardi anche stavolta, ma ditemi voi quale causa civile si risolve in sette mesi, compreso il periodo feriale; io quest'estate non mi sono certo riposato») dice il giudice Paolo De Fiore, 63 anni e magistrato da 37, presidente del tribunale che ha concesso l'asilo politico ad Abdullah Ocalan. Voi avrete fatto anche presto, dottor De Fiore, ma Ocalan ormai è detenuto sull'isola di Imrali. Che senso ha, oggi, la vostra decisione? «Ce l'ha, anche se ovviamente la situazione non è più quella di quando presentò la domanda. Ma l'interesse per lui rimane, perché si può valere di questa sentenza per mitigare la propria posizione in Turchia, ad esempio. E comunque, come leader di un'organizzazione politica, veder riconosciute le proprie ragioni in una sede giudiziaria che per quanto modesta rappresenta un'entità neutra ed imparziale, può essere importante». Qual è il nucleo centrale della vostra decisione? «Abbiamo ritenuto che l'articolo 10 della Costituzione, quello che assicura l'asilo politico allo straniero nel cui Paese non siano effettivamente garantite le libertà fondamentali, è una norma precettiva e immediatamente efficace, che fissa un diritto soggettivo senza bisogno di altre leggi di attuazione. Quindi Ocalan ne aveva diritto». Come avete superato l'obiezione del governo, secondo la quale senza la presenza di Ocalan in Italia veniva meno uno dei presupposti per la concessione dell'asi- lo? «Intanto, al momento in cui ha presentato la domanda Ocalan era qui, da uomo libero, li quando ha reiterato la sua richiesta dal Kenya, attraverso uno dei suoi difensori, non erano passati i tre mesi dall'allontanamento previsti dalla Convenzione di Dublino sui rifugiati politici che pure abbiamo valutato. Dopo la cattura, il mancaio rientro in Italia non si può certo addebitare alla sua volontà. Inoltre l'articolo 10 della Costituzione non prevede che chi fa la richiesta debba essere presente al momento in cui si decide». E l'uso della violenza da parte di Ocalan e della sua organizzazione? «L'abbiamo ricompreso nei riniti politici per i (piali l'Italia non concede l'estradizione, sempre secondo la Costituzione. Noi abbiamo esteso la non estradizione alla concessione dell'asilo. In ogni caso ogni considerazione e rimasta sul piano strettamente giuridico, senza alcun carattere politico». Però avete detto chi; la Turchia non è un Paese democratico. Non è una valutazione politica? «E' la norma che impone al giudice una simile valutazione. Probabilmente ò un altro caso in cui la magistratura viene chiamata a sciogliere nodi che andrebbero affrontati in altre sedi, ma è cosi. E noi, dopo un'approfondita discussione che nelle cause civili di solito non si fa, abbiamo ritenuti) che in quel Paese non sono effe! Uvamente garantite le libertà fondamentali». Come siete arrivati a stabilirlo? «Su questo c'era un'amplissima documentazione, dalle deliberazioni della Corte europea di Strasburgo e del Parlamento europeo ai documenti di Aninesly International. C'era perfino un rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America sulle violazioni di certi diritti in Turchia». La condanna a morte contro Ocalan ha pesato sulla vostra sentenza? «No, e nemmeno il processo che ha subito. Abbiamo valutato lo scarso rispetto del diritto di difesa in generale, insieme alla non garanzia della libertà di associazione, all'uso eccessivo della violenza, alla pratica della tornirà. Anche questa valutazione del tasso di democraticità abbiamo cercalo di mantenerla su un piano solo giuridico,. e non emozionale». Intanto c'è già chi parla di ingerenza politica. Non tenie che la vostra sentenza possa rendere più difficili i rapporti tra Italia e Turchia? «Mi auguro di no. Del resto asilo e rifugio politico sono istituti di carattere umanitario che si pongono al sopra dei rapporti tra Stati. E' un concetto sancito anche dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo». «Ankara non rispetta i diritti umani: lo dicono la corte di Strasburgo il Parlamento europeo e anche gli Stati Uniti»

Persone citate: Abdullah Ocalan, De Fiore, Ocalan, Paolo De Fiore